«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana e di osservarne lealmente la Costituzione». Un sorriso, la voce emozionata; poi la firma. Il 22 ottobre Giorgia Meloni ha giurato davanti al presidente Sergio Mattarella nel Salone delle Feste del Quirinale. E prima di scattare la foto ufficiale, circondata dal gruppo dei suoi 24 ministri, ha salutato con la mano la sua piccola Ginevra (sei anni) seduta in prima fila per assistere al giuramento della mamma, accanto al papà (Andrea Giambruno, giornalista) e alla zia Arianna (sorella della mamma). E il giorno dopo, le immagini del picchetto che le ha reso gli onori quando è entrata nel cortile di Palazzo Chigi, emozionata e fiera. Ebbene, bisogna ammetterlo: abbiamo provato una certa emozione e soddisfazione. Abbiamo avuto davvero l’impressione di un cambiamento storico. L’Italia ha finalmente una donna, giovane (45 anni computi il 15 gennaio), ma fortissima e preparata, alla guida del Paese. Alcune già ricoprono l’incarico nel mondo: Meloni è la prima in Italia.
Una vittoria per le donne? È la prova che l’Italia è finalmente matura e ha abbattuto quelle barriere culturali che ci hanno legato a un atavico maschilismo patriarcale in cui, appartenere all’altra metà del cielo, significava obbligatoriamente rinunciare a coltivare i sogni più grandi? Molti ne sottolineano la portata simbolica. Altri invece sostengono che ci sia poco da festeggiare, perché la scalata in solitaria di una leader “emblema del sistema maschilista” non è segno di emancipazione. E’ bastato che Giorgia Meloni dicesse che preferiva essere chiamata “il” Presidente del Consiglio, e non “la” Presidente per scatenare polemiche in nome del linguaggio di genere. E’ dovuta intervenire l’Accademia della Crusca: “Definizione legittima. Ognuno ha il diritto di essere chiamato come vuole nell’ambito della pluralità degli usi esistenti nella lingua italiana per riferirsi a cariche ricoperte da donne”.
Grinta, determinazione e competenza. Comunque la pensiate, anche se magari non si condividono i valori di cui lei è portatrice, se ne dovrebbero riconoscere la determinazione, la disciplina, la grinta. Giorgia Meloni si è affermata negli anni con una tenacia e una forza non comuni. La lezione per tutte è di farsi avanti, che si può fare. Le donne possono diventare Presidenti del Consiglio, leader di partito. Possono addirittura fondarne uno. E potrà essere d’esempio per altre donne e spingerle a lottare per il loro percorso. E’ la testimonianza del “farsi da sè”, di aver rotto il soffitto di cristallo, affermandosi per via propria, non con meccanismi di cooptazione o vie preferenziali. Giorgia Meloni non ama la retorica delle quote rosa. «Sono per il merito: non devi andare al potere perché lo ha stabilito un uomo, ma perché sei la migliore a prescindere dal sesso», ha più volte detto. «Le donne non sono panda da proteggere, occorre che la politica dia loro i mezzi per competere ad armi pari con gli uomini».
L’aborto. Lei ha risposto, più volte in merito: il nuovo governo non toccherà la legge 194, il diritto all’aborto non verrà messo in discussione. Su questo punto Giorgia Meloni è stata molto esplicita. «Vogliamo dare alle donne anche il diritto di fare una scelta diversa . Il che significa dare spazio alla prevenzione e a strumenti alternativi : sostegni economici alla maternità e incentivi alla natalità». E il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni parte con un cambiamento linguistico nella definizione dei ministeri . L’ex ministero senza portafoglio per le Pari opportunità si chiamerà Ministero per la Famiglia, la natalità e le Pari opportunità. L’aborto avrebbe potuto essere la sua sorte. Nella sua autobiografia Giorgia Meloni racconta che sua madre stava per abortire. «Aveva 23 anni, una figlia di un anno e mezzo e la storia con papà era finita. Tutti avevano detto a mamma di non tenermi e lei era andata in clinica, digiuna, per fare le analisi prima dell’intervento. Sulla soglia ha esitato. Poi si è detta: io questa creatura la voglio. Così ha attraversato la strada, è entrata al bar, ha ordinato cappuccino e cornetto. Mi sono salvata così».
Ci auguriamo che, con senso di responsabilità, oggi il rispetto prevalga sul clima di odio. Abbiamo assistito nel corso di tutta la campagna elettorale a indegni tentativi di denigrazione della sua persona, insulti vergognosi, e odio a valanga. Inaccettabili nella logica di un Paese libero e democratico. Insulti che vanno condannati trasversalmente senza se e senza ma. Di certo Giorgia Meloni andrà giudicata per quel che farà. Senza pregiudizi, ideologici o di altro tipo. Le auguriamo buon lavoro, Presidente, per il bene di tutti i cittadini italiani.
Io sono Giorgia. Si confessa e si racconta senza filtri nella sua autobiografia Io sono Giorgia, uscita per Rizzoli nel maggio 2021. Racconta delle sue radici, della sua infanzia e del suo rapporto con la mamma Anna, la sorella Arianna, e del dolore per l’assenza del padre; della passione viscerale per la politica, che dalla “sua” Garbatella l’ha portata, prima al Governo della Nazione come ministro, poi al vertice di Fratelli d’Italia e dei Conservatori europei. Della gioia per la nascita di Ginevra (“La sua nuova vita è anche la mia. Voglio dire grazie a Dio, per questo dono che ho scoperto di aspettare il giorno del mio compleanno. Ad Andrea, perché non avrei potuto avere uomo più straordinario al mio fianco”). Nata e cresciuta nel popolare quartiere della Garbatella a Roma (il 15 gennaio 1977) Giorgia Meloni è fiera dell’appartenenza a un circolo familiare con legami femminili solidali. “Mia madre e mia sorella sono sempre state la mia famiglia. Mia mamma ha cresciuto due figlie da sola. A lei devo tutto: mi ha insegnato la caparbietà, il coraggio e la dedizione al lavoro. Il suo giudizio è uno dei pochi che temo di più. Mia sorella, invece, è stata la mia guida. Ancora oggi è l’unica persona con la quale ho fisicamente bisogno di parlare al telefono per chiacchierare, per sfogarmi, non c’è nulla di me che lei non conosca. Ti sa stare vicino come nessun altro”, scrive nel suo libro. “Ho avuto una famiglia che mi ha dato tutto l’amore di cui avevo bisogno e questo non mi ha mai fatto sentire triste, nonostante l’assenza di un padre. Quando avevo un anno, se ne è andato alle Canarie ed è svanito dal nostro orizzonte. L’ultima volta che l’ho incontrato, è stato un lontano pomeriggio del 1988, a Villa Borghese, dopo che da circa 5 anni non avevamo sue notizie. Quando ho compiuto 13 anni mi mandò un telegramma: “Buon compleanno, Franco”. Non “papà”, ma Franco. Quando è morto non sono riuscita a provare alcuna emozione: è come se fosse stato uno sconosciuto”.
Il trauma infantile è spesso stato citato da Meloni, che ha detto di averlo superato solo anni dopo: “Un padre che non c’è, che si dissolve, è un padre che non ti vuole, che ti rifiuta. È una ferita più profonda di un padre che muore. Io ho sempre sofferto del disinteresse di mio padre. Ricordo che una volta una campagna di classe mi disse che lei con quelle senza padre non ci parlava…Deve essere stato tutto quel dolore, che ho ammesso a me stessa solo dopo anni, a farmi diventare così coraggiosa e desiderosa di riscatto, combattiva e temeraria. L’abbandono di un padre ti fa sentire inadeguata. Come se dovessi conquistarti tutto con fatica”. Giorgia ha raccontato nel libro anche dei suoi problemi di peso e il bullismo: “A nove anni pesavo 65 chili. Se andavo a trovarla, mia nonna Maria, mia offriva sempre una merendina e diceva: mangià, sei troppo magra! Un giorno ero in spiaggia: alcuni ragazzi più grandi stavano giocando al pallone e ho chiesto di potermi unire a loro, ma quelli mi risposero: ‘A cicciona, tu nun poi giocà’ e mi tirarono in faccia una pallonata . La mia reazione fu allora di mettermi a dieta. I nemici servono per farti superare i tuoi limiti”. La paura più grande? «Deludere gli altri e me stessa. Per questo lavoro e studio come una pazza», ha confidato.
Gli studi. Ha un diploma linguistico conseguito presso l’Istituto tecnico professionale Amerigo Vespucci di Roma, con la votazione di 60/60 e parla inglese, francese e spagnolo. «Mi iscrissi alle superiori da sola, alla disperata ricerca di un diploma in lingue, in un tempo nel quale il linguistico era solo privato. L’unica opzione fu iscrivermi all’allora Amerigo Vespucci, che conferiva la maturità linguistica», si legge nel libro. E di questo ha parlato in uno dei suoi comizi elettorali: «Vengo presa in giro perché non mi sono laureata. In realtà, non mi sono potuta laureare. Mi mantenevo da sola: studiavo, facevo già politica, e tante altre cose», ha dichiarato dal palco. Per mantenersi agli studi e aiutare la famiglia, ha pure lavorato come barista nello storico locale Paiper e ha fatto la baby sitter: era la tata di Olivia, la figlia della compagna dello showman siciliano Fiorello, che all’epoca aveva 4 anni. Racconterà: «Giocavamo col Lego, non con le Barbie perché io le detesto. E poi guardavamo i cartoni».
La politica. Una passione iniziata a 15 anni, “spinta dalla voglia di contribuire a riscattare l’Italia e a costruire un futuro diverso per la sua nazione, all’indomani della strage di via D’Amelio in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino”, si legge nella sua biografia. Nel 1996 Meloni fonda il movimento studentesco di Alleanza Nazionale: a 21 anni diventa consigliere della provincia di Roma per Alleanza nazionale; nel 2006, a 29 anni, approda in Parlamento, eletta alla Camera nella lista di Alleanza nazionale, poi ministro per la gioventù (governo Berlusconi), a soli 31 anni. Nel dicembre 2012 lascia il Popolo della Libertà e fonda, con Guido Crosetto e Ignazio La Russa, il movimento politico “Fratelli d’Italia”, di cui diventa presidente nel marzo 2014. Ha portato FdI dal 4% delle prime elezioni e al 26% , raggiunto ora con le ultime elezioni del 25 settembre. In Europa, nel 2020, è stata eletta all’unanimità Presidente del Partito dei Conservatori e riformisti europei. All’indomani della vittoria elettorale, la leader di Fratelli di Italia ha voluto trascorrere la prima mattinata da premier allenandosi in palestra nel quartiere di Mostacciano, “per scaricare la tensione accumulata nelle ultime settimane”. Ed eliminare qualche chiletto in pù: «Sono ingrassata 4 chili e devo perderli. Dal 25 settembre, però, torno a svegliarmi alle 6 e mezza per andare in palestra». Siamo sicuri che riuscirà a mantenere gli impegni anche per la cura di sé? Considerando che l’attende un’agenda fittissima per il futuro dell’Italia.
di Cristina Tirinzoni