Tumore al seno: il vissuto delle donne, tra ottimismo e paure

«Ho perso mia madre più di trent’anni fa a causa di un tumore al seno. All’epoca le cure non erano efficaci come quelle di oggi, ma questa perdita mi ha insegnato il valore della prevenzione. Così, quando ho sentito una “pallina” sul seno non ho perso tempo: era un tumore. In accordo con lo staff della professoressa Del Mastro del Policlinico San Martino di Genova, ho fatto la mastectomia a entrambi i seni. Nel frattempo, grazie ai risultati di uno studio sostenuto da AIRC, ho potuto utilizzare una terapia che preserva le ovaie dagli effetti della chemioterapia. Questo trattamento mi ha permesso di diventare mamma di Alice: la mia gioia più grande!». Come Camilla sono sempre più numerose le donne che oggi riescono a realizzare il progetto di maternità, nonostante il tumore e la chemioterapia a cui devono essere sottoposte.

«Sono stati 30 anni di straordinari progressi per il trattamento del tumore al seno: interventi chirurgici sempre più conservativi e rispettosi del corpo della donna, trattamenti radioterapici meno tossici e più brevi, personalizzazione dei trattamenti medici. Tutto ciò ha portato a un considerevole incremento della percentuale di persone curabili a lungo termine. La ricerca deve però continuare per rendere guaribili tutti i tumori della mammella», conferma Lucia Del Mastro ricercatrice AIRC presso l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e l’Università di Genova e volto della campagna Nastro Rosa AIRC di quest’anno, che ha affiancato al suo impegno come oncologa quello di ricercatrice, con l’obiettivo di preservare nelle donne colpite da tumore al seno la possibilità di diventare madri dopo le terapie.

«Grazie a uno studio durato 12 anni, abbiamo dimostrato che il trattamento ormonale, finalizzato a mettere a riposo le ovaie durante la chemioterapia, non solo è efficace per preservare la fertilità, ma non interferisce con l’efficacia del trattamento anti-tumorale». Lucia Del Mastro è anche una delle protagoniste del podcast “TITS UP! Storie di donne e cancro al seno”, nato dalla collaborazione tra Fondazione AIRC e Storielibere.fm. La serie racconta storie di donne che hanno vissuto questa esperienza e l’hanno superata, di donne che non ce l’hanno fatta, e di donne che la stanno vivendo ora, sulla propria pelle, ma sempre con il “petto in fuori”, perché “TITS UP!” è un augurio e un’esortazione di coraggio proprio come nella celebre serie “The Marvelous Mrs. Maisel”. Protagonista dell’ultimo episodio, in uscita a ottobre, è la cantante e presentatrice Rita Forte che racconta di come ha affrontato i due tumori che l’hanno colpita a distanza di vent’anni. Ogni episodio è disponibile al link: storielibere.fm/tits-up-airc/ e sulle le principali piattaforme di ascolto.

I bisogni delle donne con tumore Her2+

Tante però sono ancora le donne che hanno grandi difficoltà ad accettare una diagnosi di tumore, soprattutto nel caso di un tipo molto aggressivo come quello HER2+, che rappresenta il 20% di tutti i tumori al seno, con circa 11 mila nuovi casi l’anno. Lo conferma l’indagine “Il vissuto delle pazienti con tumore al seno HER2+”, promossa da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, realizzata dall’Istituto di ricerca Elma Research, con il contributo non condizionato di Daiichi-Sankyo e AstraZeneca.

“Mi sento sola, non riesco a spostare questa montagna che non mi fa vedere il futuro”. “Dal momento della scoperta della malattia la vita precedente viene messa in stand-by”. “Solo il presente è pensabile: il futuro crea angoscia”. “Mi sento incatenata, vittima della malattia”. “Io mi dedicavo sempre alla famiglia e al mio lavoro, ora devo stare a casa potendo fare poco o niente e questo mi distrugge”: sono alcune testimonianze delle donne con tumore al seno HER2+ che hanno partecipato alla ricerca quali-quantitativa.

La parte qualitativa dell’indagine è stata svolta attraverso interviste con pazienti con tumore HER2+ in fase localmente avanzata e in fase metastatica, mentre la parte quantitativa ha coinvolto 122 pazienti, provenienti da tutta Italia, con età media di 53 anni, per lo più con partner stabile (74%) e figli (78%) che nell’80% dei casi erano in terapia, 2% di nuova diagnosi e 19 % nella fase di follow up. L’indagine ha fatto emergere quattro principali criticità per queste donne: la necessità di ricevere sostegno emotivo, il bisogno di maggiore informazione, il valore e l’attenzione alla prevenzione, la necessità di una migliore organizzazione del percorso diagnostico-terapeutico.

Più nel dettaglio, è risultato che per il 35% delle intervistate è necessario un supporto a livello psicologico, attraverso la presenza costante della figura dello psiconcologo durante il percorso di assistenza. Anche corsi per la gestione dello stress con tecniche rilassamento (23%) e gruppi di discussione tra pazienti (19%) possono aiutare ad affrontare meglio la malattia. Si tratta infatti di una malattia molto complessa, che comporta rinunce e cambiamenti: basti pensare che un quarto delle donne in seguito alla diagnosi smette di lavorare, il 60% rinuncia al proprio progetto di gravidanza, cambia la propria visione di sé e del proprio aspetto esteriore (75%). Pur con un grande sostegno da parte di famiglia e amici (61%) e grazie alla guida dei medici (55%), ci si sente sole, poco confortate e confuse. Il momento della diagnosi inoltre segna un punto di rottura con la vita precedente, determinando un cambiamento nella percezione del tempo: le pazienti dichiarano di dare più valore alle piccole cose (37%) e al tempo in generale (30%). Quasi la metà dichiara di avere paura per il futuro e una su 4 percepisce negativamente il tempo per la cura della malattia.

«Attraverso i dati raccolti dall’indagine è emerso come dal momento della diagnosi ci sia uno stravolgimento totale nella vita delle pazienti a livello fisico e psicologico, poiché la donna viene colpita sia nella sua femminilità sia nelle prospettive di futuro, modificandosi la vita di coppia, quella familiare e quella lavorativa», commenta Francesca Merzagora, Presidente di Fondazione Onda. «Il senso di spaesamento e confusione che accomuna i vissuti di queste donne, sottolinea la necessità di inquadrare chiaramente la patologia e il suo percorso di cura. Di fondamentale importanza anche i temi della prevenzione e dell’informazione: esiste un gap comunicativo su ciò che ruota intorno alla terapia, servizi assistenziali, stile di vita, impatto della malattia sulla vita quotidiana».

Al via la Campagna “Breast-Carcinoma del seno”.

Per affrontare al meglio il percorso di assistenza e cura di questo tumore, è importante rivolgersi alle Breast Unit presenti sull’intero territorio nazionale. Il 56% delle Unit sono coordinate da un chirurgo-senologo, il 24% da un medico oncologo e il 19% da altri professionisti sanitari. Sono alcuni dati emersi da un censimento dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) che lancia la nuova campagna nazionale Breast-carcinoma del seno”. Prevede un portale web www.breastunit.info nel quale sono contenute le principali informazioni sul carcinoma mammario (prevenzione, diagnosi precoce, screening, sintomi, terapia). Offre inoltre on line tutti i contatti delle singole Breast Unit sul territorio nazionaleL’intero progetto, reso possibile con il contributo di Novartis, è stato presentato nell’ultima giornata del Congresso Nazionale AIOM di Roma. «Vogliamo migliorare il livello d’informazione in Italia, aumentare il numero di diagnosi precoci e salvare così più vite», afferma il professor Saverio Cinieri, Presidente Nazionale AIOM. «La Breast Unit deve essere l’unico centro che segue una donna in tutto il suo percorso di cura. Solo così siamo in grado di offrire alle pazienti un’assistenza qualificata e multidisciplinare. È anche grazie al “lavoro di squadra” che sono aumentati negli ultimi anni i tassi di sopravvivenza ed è migliorata la qualità di vita delle pazienti con tumore della mammella. La donna viene presa in carico da un team di professionisti e da gruppi di lavoro che studiano il singolo caso, individuano la terapia più idonea, l’eventuale percorso chirurgico e le cure successive. Fin dal dicembre del 2014 un’intesa Stato-Regioni ha istituito i Centri di Senologia. Dopo otto anni, queste strutture sono effettivamente presenti in modo capillare sull’intero territorio nazionale. Va però migliorata l’organizzazione di alcune Unit e soprattutto è indispensabile che siano rispettati tutti i parametri previsti. Oltre il numero di casi l’anno è fondamentale che vi sia la presenza di tutti e sei i diversi professionisti: radiologo, chirurgo, patologo, oncologo, radioterapista e data manager».
«Con questa nuova campagna d’informazione intendiamo ribadire in Italia l’importanza della multidisciplinarietà – prosegue il professor Giuseppe Curigliano, Consigliere Nazionale AIOM. «Solo con il lavoro di équipe è possibile contrastare una malattia oncologica molto complessa: l’oncologo medico deve essere affiancato da altri professionisti, in primis il chirurgo che svolge un ruolo fondamentale. Sempre più importante è anche lo psico-oncologo che è presente nell’87% di tutti i reparti di oncologia. Si tratta di una figura professionale che può garantire un supporto concreto e rilevante alle oltre 800mila donne che lottano contro questa forma di cancro».
«L’oncologia ha raggiunto risultanti straordinari e la sopravvivenza al tumore più frequente in Italia è aumentata in maniera significativa», aggiungono i professori Matteo Lambertini, Consigliere nazionale AIOM e Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica dell’Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli. «Si attesta all’88% a cinque anni dalla diagnosi e le pazienti guarite desiderano tornare a una vita normale anche quando i trattamenti presentano potenziali effetti collaterali. Una delle conseguenze più temute e dolorose per le donne diagnosticate in giovane età è l’infertilità che può comunque essere garantita grazie alle tecniche di preservazione. Anche questo aspetto può essere meglio gestito con il lavoro di squadra delle Breast Unit, assieme a un migliore dialogo tra specialisti e paziente. Insieme è possibile trovare soluzioni terapeutiche che siano efficaci contro la neoplasia e, al tempo stesso, compatibili con il desiderio di maternità della donna».

Trent’anni di Nastro Rosa contro il tumore al seno

Ha raggiunto l’importante traguardo dei 30 anni la “Breast Cancer Campaign, la campagna globale contro il tumore al seno ideata da Evelyn H. Lauder, simboleggiata dal nastro rosa e promossa da The Estée Lauder Companies, di cui Fondazione AIRC è partner ufficiale in Italia. Madrina della campagna è Roberta Capua. Grazie ai progressi della ricerca per la diagnosi e la cura del cancro al seno, dal 1992 a oggi nel nostro Paese la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è cresciuta dal 78 all’88%. Un progresso che si traduce in decine di migliaia di vite salvate, perché il tumore al seno colpisce ogni anno solo in Italia 55 mila donne, una su 8 nell’arco della vita. Il 12% che ancora manca per salvare tutte le pazienti è dovuto alle forme più aggressive, come il carcinoma mammario metastatico, che riguarda circa 37mila donne (Fonte: AIOM e AIRTUM). Il simbolo scelto da AIRC per rappresentare questa sfida è un nastro rosa. Per essere colorato interamente richiede l’impegno di tutti: l’impegno delle donne, che devono sottoporsi agli screening e agli esami di controllo; l’impegno dei ricercatori, al lavoro per mettere a punto nuove terapie; e l’impegno dei partner e dei sostenitori, che hanno consentito ad AIRC di destinare, solo nel 2022, 15 milioni di euro a 161 progetti di ricerca e borse di studio in quest’ambito. Indossare la spilletta con il nastro rosa di AIRC, come hanno già fatto oltre 750mila persone, significa mostrare vicinanza e sostegno alle donne e ai ricercatori impegnati contro il tumore al seno. Sarà distribuita a fronte di una donazione minima di 2 euro grazie ai partner e ai Comitati Regionali di Fondazione AIRC, in migliaia di farmacie e punti di distribuzione su tutto il territorio indicati sul sito nastrorosa.it. Anche testimonial e ambasciatori AIRC indossano il Nastro Rosa e si fanno promotori di un’asta corale su CharityStars in programma dal 5 di ottobre per raccogliere fondi da destinare ai progetti di ricerca sul tumore al seno. Dalle proposte gourmet firmate dagli chef Andrea Berton, Daniel Canzian, Moreno Cedroni, Carlo Cracco, a cimeli unici autografati da Giulia Arena, Gigi Buffon, Caterina Caselli, Giorgio Chiellini, Justine Mattera e Gianmarco Tamberi. E ancora tante esperienze esclusive: uno speciale dietro le quinte con Antonella Clerici, il meet and greet in occasione del live di Gaudiano, la lezione di scherma con la medaglia olimpica Mara Navarria, la cena con saluto di Claudio Marchisio, la creazione da parte di una Style Therapist by Parfait di un file con look per occasioni speciali e una visita alla cantina veneta di Costa Arente.

di Paola Trombetta

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