Contro le neoplasie al polmone, il futuro della cura è nella medicina di precisione

È il terzo tumore più diffuso nelle donne (6%), dopo quello al seno e al colon, e il secondo più frequente negli uomini (15%), dopo la prostata. Il tumore del polmone è considerato il big killer tra tutte le malattie oncologiche, causando ogni anno la morte di 34 mila persone in Italia e oltre 1 milione nel mondo. In realtà non si tratta di un solo tipo di tumore, ma ne comprende diversi, tra cui il più diffuso è quello non a piccole cellule o NSCLC (Non Small Cell Lung Cancer): è il più frequente e corrisponde all’85 per cento delle neoplasie di nuova diagnosi e sembra interessare sempre più il sesso femminile, con un’incidenza maggiore sotto i 65 anni. Un terzo dei pazienti con questo tumore presenta una mutazione dell’EGFR (Epidermal Growth Factor): nel 10% di questi, la mutazione EGFR interessa una proteina (esone 20) che causa una rapida crescita delle cellule, e di conseguenza, aiuta il cancro a diffondersi.

Se ne è parlato durante il media tutorial, organizzato da Janssen Oncology in occasione del Mese di sensibilizzazione su questa neoplasia e della Giornata dedicata al Polmone (12 novembre). Due sono i tipi principali di tumore del polmone: quello a piccole cellule e non a piccole cellule, che corrispondono a oltre il 95% delle diagnosi. Quando si parla di tumore al polmone, si pensa subito al tabacco e al fumo di sigaretta: tuttavia, il 20 per cento delle persone a cui viene diagnosticato un tumore al polmone, non è un soggetto fumatore o non è stato esposto al fumo passivo. Infatti, proprio la mutazione del gene EGFR si osserva prevalentemente nei pazienti non fumatori e ancor più frequentemente nelle donne. «Il fumo di sigaretta, attivo o passivo, è sicuramente un fattore di rischio per la maggior parte delle tipologie di tumore al polmone», dichiara Antonio Passaro, Oncologo medico della Divisione di Oncologia toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. «A questo si aggiunge l’esposizione a sostanze riconosciute come cancerogene, tra cui l’amianto e sostanze inquinanti, presenti in natura, come il gas radon. In aggiunta ai fattori di rischio ambientali, al recente Congresso Europeo di Oncologia Medica (ESMO) sono stati presentati i risultati di un importante studio che ha confermato come l’inquinamento atmosferico possa influenzare lo sviluppo di un particolare sottotipo biologico di tumore polmonare (con mutazioni di EGFR) anche nei non fumatori, che presentano però mutazioni “dormienti”, riattivate dall’inquinamento e capaci quindi di passare allo stato canceroso».

Come per altre neoplasie, all’origine del processo tumorale ci sono oncogeni in grado di causare il cancro e di conseguenza, stimolare in modo incontrollato la crescita cellulare, come nel caso della mutazione di EGFR. «La biopsia del tessuto è il primo passo per effettuare una corretta diagnosi, soprattutto quando parliamo di alterazioni genomiche, come nel caso del tumore al polmone. A tal fine, si usano dei pannelli con diversi geni che vengono testati contemporaneamente», dichiara Diego Cortinovis, Oncologo medico, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Nella pratica clinica quotidiana, sono nove le mutazioni che vengono rilevate. Ovviamente, alcune di queste sono più frequenti: in particolare, la mutazione di EGFR è la seconda più frequente, dopo quella di KRAS, arrivando a coprire circa il 12-15% di tutti gli adenocarcinomi. Tuttavia, l’analisi genomica va correlata alla disponibilità di farmaci per la singola mutazione, in un’ottica terapeutica. La necessità di ricercare queste varianti risulta fondamentale, in quanto ciascuna di esse può essere associata a una terapia differente. I test genetici, soprattutto la Next-Generation Sequencing (NGS), si rivelano dunque lo strumento essenziale, non solo per una corretta diagnosi, ma anche per un approccio personalizzato alla terapia. Una diagnosi precoce può fare la differenza, tenendo conto che il NSCLC viene spesso diagnosticato a uno stadio tardivo, incidendo sulla mortalità di questo tipo di neoplasia. Infatti, il 60% dei pazienti con NSCLC alla diagnosi è già in fase metastatica. Il ritardo nel riconoscimento dei sintomi, generalmente non specifici (tosse, affaticamento, dolore al petto, dispnea, perdita di peso), porta a un conseguente ritardo nella diagnosi. Poter riconoscere con prontezza il tipo di mutazione è fondamentale per seguire il paziente con la terapia più adeguata, sin dalle prime fasi della diagnosi». È chiaro che, per offrire la terapia più efficace al paziente con tumore al polmone EGFR mutato, è necessario studiare ogni singolo caso. Parliamo quindi di una medicina di precisione, fortemente personalizzata che parte proprio dalle differenze in termini di genetica, microbioma, stile di vita e ambiente.

«Per i pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) siamo in grado di utilizzare farmaci biologici a bersaglio molecolare, chiamati inibitori tirosin-chinasici (TKI), che sono in grado di migliorare in modo significativo la sopravvivenza, in particolare dei pazienti affetti da tumori con mutazioni comuni. Recentemente, grazie alla ricerca e lo sviluppo di molecole di nuova generazione, quali amivantamab, si è aperta una grande opportunità terapeutica per i pazienti con inserzioni dell’esone 20 di EGFR, fino a poco tempo fa, orfani di specifici farmaci target», aggiunge Antonio Passaro, Oncologo medico della Divisione di Oncologia toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. «Questa molecola è un anticorpo specifico: agisce sia su EGFR che su MET, bloccando i recettori che accelerano la proliferazione del tumore e stimolando contemporaneamente il sistema immunitario», puntualizza la dottoressa Daniela Curzio, Therapeutic Area Oncology Medical Manager Janssen Italia. «A differenza della chemioterapia che colpisce indistintamente tutte le cellule, queste terapie mirate distruggono solo quelle molecole che fanno proliferare il tumore. Come azienda ci stiamo impegnando da oltre 30 anni per lo sviluppo di farmaci innovativi e personalizzati che possano migliorare la qualità di vita dei pazienti. Per offrire un servizio di assistenza ai malati, abbiamo attivato OncoVoice, una piattaforma social dove si trovano tutte le informazioni su questa malattia e le possibilità di cura. Oggi queste terapie vengono somministrate in seconda linea, dopo la chemioterapia, in pazienti che hanno questa mutazione EGFR con inserzioni dell’esone 20, che si individua con i pannelli genomici eseguiti su tessuto tumorale o biopsia liquida». «Stiamo lavorando affinché il ricorso al testing genomico rientri al più presto nella pratica clinica», conclude l’Oncologo medico Diego Cortinovis. «Nelle linee guida nazionali e internazionali vengono già inserite le opportunità di poter testare queste varianti, utilizzando le metodiche più sensibili».

di Paola Trombetta

Una nuova terapia anche per il tumore a piccole cellule

Il tumore del polmone a piccole cellule (microcitoma) colpisce ogni anno, in Italia, oltre 6000 persone, che costituiscono circa il 15% del totale delle nuove diagnosi di carcinoma polmonare. Si tratta di una delle forme più aggressive di questa neoplasia, che per trent’anni ha visto come unico standard di cura la chemioterapia. Da oggi è disponibile per i pazienti del nostro Paese una nuova arma, che consente di migliorare in modo significativo la sopravvivenza a lungo termine fino a triplicarla. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha infatti approvato la rimborsabilità di durvalumab, farmaco immunoterapico sviluppato da AstraZeneca, per il trattamento di prima linea del carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC) in stadio esteso in combinazione con la chemioterapia (etoposide associato a cisplatino o carboplatino).

«Il carcinoma del polmone a piccole cellule è una forma tumorale molto aggressiva, che tende inizialmente a rispondere positivamente alla chemioterapia, per poi andare incontro a un inevitabile e rapido peggioramento», afferma Andrea Ardizzoni, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università di Bologna e Direttore dell’Oncologia Medica dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Policlinico Sant’Orsola Malpighi. «A differenza di quanto avviene nel tumore del polmone non a piccole cellule, che include anche una percentuale di non fumatori, in quello a piccole cellule la quasi totalità dei pazienti è tabagista». A settembre 2020, la combinazione di durvalumab con la chemioterapia è stata approvata dall’Agenzia regolatoria europea (EMA) in base ai risultati dello studio internazionale di fase 3 CASPIAN, che ha coinvolto circa 800 pazienti con microcitoma del polmone in stadio esteso, arruolati in oltre 200 centri di 23 Paesi.  P.T.

Al via la campagna “L’esame più importante della tua vita”

In occasione del Mese della prevenzione del Tumore al polmone (novembre), ha preso il via la campagna “L’esame più importante della tua vita”, promossa da Amgen Italia, in collaborazione con le associazioni pazienti IPOP e WALCE Onlus, per sensibilizzare pazienti e caregiver sull’importanza di definire la “carta d’identità” della malattia, attraverso l’individuazione di possibili alterazioni genetiche che consentono di accedere a terapie mirate, stimolando un approfondimento con lo specialista sulle opzioni oggi disponibili per individuarle con precisione. Sui siti associazione-ipop.orgwomenagainstlungcancer.org e www.amgen.it sarà disponibile un questionario per approfondire la conoscenza della patologia: rispondendo online e in modo anonimo a 11 domande, pazienti e caregiver possono acquisire gli elementi per affrontare il percorso terapeutico oncologico in modo più consapevole e attivo. La ricerca scientifica ha portato allo sviluppo di test molecolari che si basano su metodiche avanzate, come la tecnologia NGS (Next Generation Sequencing), in grado di individuare le alterazioni genetiche a oggi rilevabili. «Si tratta di una risorsa diagnostica molto importante, perché permette di ottenere la “carta d’identità” del carcinoma con il minore disagio possibile per il malato», conferma Bruno Aratri, presidente dell’Associazione IPOP Onlus (Insieme per i Pazienti di Oncologia Polmonare). «Purtroppo, al momento questa tipologia di test non è presente in eguale misura nelle diverse strutture sanitarie a livello nazionale. È allora fondamentale che le istituzioni e le stesse associazioni lavorino insieme, affinché la distribuzione diventi più capillare, facilitandone l’accesso ai pazienti che ne possono trarre un fondamentale beneficio ai fini di una diagnosi quanto più tempestiva e precisa possibile».

«Oltre alla tempestività, è la precisione della diagnosi che può fare la differenza in quel 30% di pazienti affetti da NSCLC che possono essere trattati con i farmaci a bersaglio molecolare. E la percentuale è fortunatamente destinata a crescere in fretta grazie ai risultati ottenuti dalla ricerca», fa notare Silvia Novello, Ordinario Oncologia Medica, Università di Torino, Responsabile SSD Oncologia Polmonare, AOU “San Luigi Gonzaga” di Orbassano e Presidente di WALCE Onlus (WomenAgainstLungCancer in Europe). «Un caso emblematico riguarda la mutazione KRAS, che in Italia conta ogni anno 4.500 casi e che finora era possibile affrontare solo con un approccio standard, con chemioterapia e immunoterapia, e con risultati spesso poco soddisfacenti. Di recente la Commissione Europea ha autorizzato la prima terapia specifica per pazienti con NSCLC in stadio avanzato con mutazione KRAS che siano già stati sottoposti ad un precedente trattamento sistemico. La possibilità di ricorrere a un farmaco a bersaglio molecolare, nell’ambito di quella che viene chiamata “medicina di precisione”, è destinata a cambiare la pratica clinica, offrendo nuove speranze a chi è stato colpito da questa forma di tumore polmonare».  P.T.

 

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