Il tumore della mammella è il più diffuso nella popolazione femminile, con 2,3 milioni di casi stimati in tutto il mondo, di cui 55 mila ogni anno in Italia. Circa il 70% è costituito dal sottotipo positivo per recettori ormonali (HR+) e con bassa espressione della proteina HER2 (HER2-low) o HER2 negativo. Le terapie ormonali sono abitualmente utilizzate per il trattamento del carcinoma della mammella HR+. Tuttavia, le pazienti sviluppano spesso resistenza a queste terapie, attualmente disponibili per la malattia avanzata, e vanno incontro a progressione di malattia. Da qui la necessità urgente di nuove cure.
Al recente congresso americano Breast Cancer Symposium (#SABCS) il più importante meeting internazionale sul tumore al seno, da poco concluso a San Antonio in Texas, sono stati presentati due studi, SERENA-2 e CAPItello-291, su due molecole, camizestrant e capivasertib, che migliorano la sopravvivenza libera da progressione di malattia in pazienti con carcinoma della mammella metastatico già trattato con terapia ormonale. «Nello studio di fase III CAPItello-291, capivasertib in combinazione con fulvestrant, ha determinato un miglioramento clinicamente rilevante e statisticamente significativo della sopravvivenza libera da progressione di malattia, rispetto a placebo più fulvestrant in pazienti con tumore al seno avanzato o metastatico, positivo per i recettori ormonali (HR+), con bassa espressione di HER2 (HER2-low) o HER2 negativo, che hanno sviluppato una recidiva di malattia durante o dopo terapia endocrina», conferma Saverio Cinieri, presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica). «I risultati mostrano come capivasertib, in combinazione con fulvestrant, riduca del 40% il rischio di progressione di malattia o morte rispetto a placebo e fulvestrant».
«I dati dello studio CAPItello-291, che ha coinvolto 708 pazienti, dimostrano che capivasertib rappresenta una nuova e importante opzione terapeutica, potenzialmente capace di cambiare l’attuale pratica clinica nel trattamento delle pazienti affette da carcinoma della mammella in fase avanzata HR-positivo/HER2-negativo», spiega Alberto Zambelli, Professore associato di Oncologia medica all’Humanitas University di Milano. «In un altro studio SERENA-2, in pazienti in post-menopausa con tumore al seno localmente avanzato o metastatico, con positività al recettore per gli estrogeni (ER+), precedentemente trattati con terapia endocrina, è stato testato camizestrant, un potente farmaco orale che blocca la produzione di estrogeni (SERD) di nuova generazione: ha ridotto significativamente il rischio di progressione di malattia o morte del 42% rispetto a fulvestrant, attuale standard di cura. «Questi dati rappresentano un importante passo avanti verso una potenziale nuova terapia ormonale per pazienti con malattia avanzata dipendente dal recettore per gli estrogeni», afferma Giampaolo Bianchini, Responsabile della Breast Unit del Dipartimento di oncologia dell’IRCSS Ospedale San Raffaele di Milano. «Secondo i risultati dello studio SERENA-2, che ha coinvolto 240 pazienti, camizestrant ha dimostrato quasi un raddoppio della sopravvivenza libera da progressione rispetto all’attuale farmaco disponibile che appartiene alla stessa classe di SERD. Camizestrant, inoltre, è stato ben tollerato e ha mostrato simile efficacia ad entrambe le dosi testate».
Al congresso di San Antonio sono stati presentati e anche pubblicati su “Lancet” i risultati dello studio di fase 3 DESTINY-Breast03 su trastuzumab deruxtecan (T-DXd), una nuova combinazione terapeutica che ha portato a un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo della sopravvivenza globale rispetto a trastuzumab emtansine (T-DM1), in pazienti con carcinoma mammario HER2 positivo, non operabile o metastatico, precedentemente trattate con trastuzumab o un taxano. Trastuzumab deruxtecan è un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato, specificamente ingegnerizzato per essere diretto contro il recettore HER2, ed è sviluppato e commercializzato congiuntamente da Daiichi Sankyo e AstraZeneca. «Nei casi in cui è presente l’iper-espressione del recettore HER2, è possibile utilizzare farmaci molto efficaci che colpiscono selettivamente le cellule malate risparmiando quelle sane. È il caso degli anticorpi coniugati, come trastuzumab deruxtecan», puntualizza Saverio Cinieri. «I dati aggiornati degli studi DESTINY-Breast03 e DESTINY-Breast02 evidenziano il potenziale di questa terapia innovativa che, nel trattamento di seconda linea delle pazienti con carcinoma metastatico HER2 positivo, è in grado di controllare la malattia, migliorare la qualità di vita e ritardare il tempo al deterioramento clinico».
Nell’analisi dell’endpoint secondario di DESTINY-Breast03, trastuzumab deruxtecan ha dimostrato una riduzione del 36% del rischio di morte. Nel braccio trastuzumab deruxtecan, circa il 77,4% delle pazienti era vivo a due anni, rispetto al 69,9% delle pazienti trattate con trastuzumab emtansine (T-DM1). Il beneficio in termini di sopravvivenza è risultato consistente in tutti i sottogruppi analizzati, comprese le pazienti con e senza metastasi cerebrali, con e senza malattia viscerale, positive o negative al recettore ormonale (HR), indipendentemente dal precedente trattamento con pertuzumab o con terapia sistemica.
«Le pazienti con carcinoma mammario metastatico HER2 positivo, sottoposte a precedenti terapie, nella maggioranza dei casi vanno incontro a una progressione della malattia in meno di un anno», spiega Giuseppe Curigliano, Professore di Oncologia Medica all’Università di Milano e Direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative all’Istituto Europeo di Oncologia di Milan.«È notevole il beneficio riscontrato in tutti gli endpoint di efficacia nei pazienti che hanno ricevuto trastuzumab deruxtecan in DESTINY-Breast03, confermato da uno studio che ha incluso 524 pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo metastatico precedentemente trattato con trastuzumab e chemioterapia. Trastuzumab deruxtecan ha significativamente ridotto il rischio di morte rispetto a trastuzumab emtansine (T-DM1), un altro anticorpo coniugato anti HER2 e precedente standard di cura. Questo vantaggio è stato osservato anche nelle donne con metastasi cerebrali. La superiorità di trastuzumab deruxtecan è emersa in termini di risposte obiettive e di controllo di malattia».
Con il follow-up aggiuntivo in DESTINY-Breast03, trastuzumab deruxtecan ha continuato a dimostrare un miglioramento clinicamente significativo della sopravvivenza libera da progressione, con un miglioramento della sopravvivenza media di 22 mesi rispetto a T-DM1. «Nello studio DESTINY-Breast01, trastuzumab deruxtecan aveva dimostrato un’importante e duratura attività antitumorale in pazienti HER2-positive già pretrattate, supportando il razionale dello studio DESTINY-Breast03 che includeva prevalentemente pazienti in seconda linea di terapia», sottolinea Giampaolo Bianchini, Responsabile del Gruppo mammella, Dipartimento di oncologia dell’IRCSS Ospedale San Raffaele di Milano.«In questo studio, la sopravvivenza libera da progressione è quadruplicata rispetto alla terapia di riferimento, arrivando a 28,8 mesi, un miglioramento di quasi 2 anni. Un vantaggio di entità mai osservata prima nel carcinoma mammario, associato anche a un miglioramento significativo della sopravvivenza. Trastuzumab deruxtecan si candida dunque quale nuovo standard di cura per le pazienti in seconda linea di terapia per il carcinoma mammario metastatico HER2-positivo». Nei risultati dell’analisi primaria dello studio di fase 3 DESTINY-Breast02, nelle pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo non operabile o metastatico precedentemente trattato con T-DM1, trastuzumab deruxtecan ha dimostrato una riduzione del 64% del rischio di progressione della malattia rispetto al trattamento tradizionale (trastuzumab più capecitabina o lapatinib più capecitabina). La sopravvivenza media per le pazienti trattate con trastuzumab deruxtecan è stata di 17,8 mesirispetto a 6,9 mesi per quelle trattate con terapie tradizionali, con una riduzione del 34% del rischio di morte.
«Anche lo studio DESTINY-Breast02 sottolinea il ruolo che trastuzumab deruxtecan avrà come trattamento per le donne con tumore del seno metastatico», spiega Valentina Guarneri, Direttore della Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto – IRCCS di Padova e Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università di Padova. «Sono state arruolate circa 600 pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo metastatico precedentemente trattato con TDM-1. Trastuzumab deruxtecan ha quasi triplicato la sopravvivenza libera da progressione, raggiungendo 17,8 mesi rispetto a 6,9 mesi nelle pazienti trattate con la terapia a scelta dello sperimentatore. Questi risultati confermano l’efficacia di questa classe di farmaci a target molecolare, che hanno già dimostrato risultati di estremo interesse clinico anche in fasi più precoci di malattia».
di Paola Trombetta