«Quando ho ricevuto la diagnosi di tumore all’ovaio, ben dieci anni fa, avevo 47 anni: parlare con l’oncologo di sessualità mi sembrava assolutamente fuori luogo. La malattia era al primo posto, o meglio la sopravvivenza a questa malattia che non dava, all’epoca, molte chance di vita. Per fortuna il mio tumore ha avuto una lenta progressione, ma continuo tuttora a usare farmaci per tenerlo sotto controllo. Al mio fianco ho avuto sempre mio marito, dieci anni più grande di me: mi ha sostenuto e non ha mai fatto pesare i tanti momenti di stanchezza fisica, causata dalle chemioterapie, e di sconforto psicologico. Dopo l’intervento e le prime chemio, abbiamo ripreso una vita sessuale più o meno normale, accentuando il lato affettivo, emozionale, più di quello genitale. C’è sempre stata una grande intesa con mio marito e questo mi ha permesso di reagire meglio anche alla malattia. In questo senso sono stata molto fortunata, a differenze di altre donne che ho conosciuto, i cui compagni invece si sono allontanati per paura e le hanno lasciate sole in un momento in cui erano particolarmente vulnerabili e bisognose di aiuto». A raccontare la sua storia è Emanuela, una donna che sta affrontando da dieci anni le problematiche che un tumore, come quello all’ovaio, può comportare, interferendo anche nella sfera sessuale. Ma sono ancora poche le donne che parlano apertamente di sessualità, dopo un tumore, anche con l’oncologo che le ha in cura. Emerge in molte di queste donne una mancanza di interesse nei confronti del rapporto sessuale, difficoltà a comunicare con il partner e spesso persino con il proprio medico relativamente a un tema che si conferma ancora essere un tabù. A differenza di altri aspetti come il cambiamento della propria immagine corporea, il bisogno di migliorare l’alimentazione attraverso il supporto di un nutrizionista, che vengono invece affrontati apertamente e si cerca una soluzione.
Queste problematiche connesse alla qualità di vita della donna dopo un tumore ginecologico, sono state affrontate dall’indagine realizzata dall’Associazione Pazienti ACTO (Alleanza Contro il Tumore Ovarico), supportata da GSK e da Roche, e presentata per la prima volta a Milano, sulla qualità di vita delle donne con tumori ginecologici. L’indagine è stata realizzata attraverso un questionario sottoposto da ACTO Sicilia a 102 pazienti di età compresa tra 32 e 80 anni e due Focus Group dedicati al benessere sessuale nelle donne che hanno subito interventi chirurgici e che ricevono o hanno ricevuto cure per i tumori ginecologici. Il questionario ha coinvolto 88 donne in cura presso l’Oncologia Medica dell’Ospedale Cannizzaro di Catania (Acto Sicilia) e un gruppo arruolato via web in collaborazione con Acto Puglia e Acto Campania, valutando diverse aree: immagine corporea, benessere soggettivo, sessualità, trasformazione e cambiamento della propria vita.
L’ambito della vita che risulta aver risentito maggiormente della malattia è quello personale, inteso come cura della persona e identità. Per oltre la metà delle donne intervistate la malattia, infatti, modifica la percezione corporea, e oltre otto donne su dieci hanno confessano di sentirsi diverse, tanto che una su tre arriva ad avere difficoltà a riconoscersi allo specchio. Benché la quasi totalità delle intervistate dichiari di avere un rapporto buono o discreto con il medico, c’è un’elevata percentuale di donne (63,7%) che dichiara di aver ricevuto scarsa informazione riguardo ai cambiamenti inerenti la vita sessuale. In famiglia della malattia si parla, nella maggior parte dei casi anche con i figli, mentre la comunicazione più complicata è quella con il partner, rispetto ai cambiamenti della sfera sessuale. La sensazione di cambiamento e di trasformazione del corpo, l’umore depresso, il dolore, l’imbarazzo e talora il senso di colpa concorrono a rendere più difficile condurre una normale vita sessuale, anche per via della scarsa informazione e della mancanza di una figura di riferimento come il sessuologo clinico. Di quest’ultimo tipo di supporto, tuttavia, poche donne riconoscono l’importanza, forse a causa del persistere di tabù inerenti il binomio sessualità-cancro. Ancora poco radicata anche la figura del nutrizionista in ambito oncologico, nonostante un diffuso bisogno delle pazienti di essere supportate.
«Il Rapporto ACTO rompe finalmente il silenzio su un argomento fino ad oggi tabù: il sesso e il benessere sessuale delle donne colpite nella loro dimensione più intima da un tumore ginecologico», ha dichiarato Nicoletta Cerana, presidente della rete di Associazioni pazienti Acto, Alleanza contro il Tumore Ovarico. «Il benessere sessuale è un elemento primario della qualità di vita di chi convive con un tumore ginecologico e con questo Rapporto Acto si impegna a parlarne apertamente invitando medici e pazienti a un confronto imprescindibile se si ha davvero a cuore la salute delle donne».
«Portando avanti l’impegno della fondatrice e presidente Daniela Spampinato, scomparsa il mese scorso, oggi l’associazione Acto Sicilia ha voluto sensibilizzare e aiutare a uscire dall’ombra della vergogna e del silenzio le pazienti, troppo spesso intrappolate nel parlare di sessualità, ancor più nel mezzo della dura battaglia contro il cancro», ha aggiunto Annamaria Motta, Presidente Acto Sicilia.
«C’è ancora tanto da lavorare, ma oggi questi dati rappresentano un punto d’inizio, affinché la sessualità venga considerata parte integrante del benessere totale. E la genialità è parte della sessualità», ha dichiarato Sonia La Spina, Psico-oncologa del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Ospedale Cannizzaro di Catania. «Purtroppo in molti centri di cura mancano persone di riferimento, in particolare psicologi, che possano prendere in carico la paziente e affrontare insieme queste problematiche legate alla sfera sessuale».
«Non solo l’evento oncologico, ma i trattamenti che ne seguono influiscono negativamente sul buon funzionamento sessuale della donna e della coppia. Tuttavia, oggi, è possibile suggerire un trattamento integrato, magari interdisciplinare, capace di recuperare e migliorare la qualità di vita della persona. Laddove non è possibile utilizzare ormoni, si possono adottare alternative efficaci, ad esempio contro la secchezza vaginale, con sostanze non ormonali come acido ialuronico, oppure trattamenti con il laser, integrate anche con terapia psicosessuale», puntualizza il Professor Salvatore Caruso, Ginecologo, Sessuologo Clinico, Presidente della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica.
«Le terapie oncologiche oggi consentono alle pazienti affette da carcinoma ovarico di raggiungere risultati in termini di beneficio clinico insperati rispetto al passato. Proprio per questo l’impegno dell’oncologia deve essere quello di promuovere tutte le condizioni che consentano un miglioramento della qualità della vita, ponendo attenzione ai dettagli della “vita” e cercando di trovare il corretto intervento in alleanza con le associazioni di pazienti», ha dichiarato Giusy Scandurra, Direttore dell’Unità di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera Cannizzaro di Catania.
di Paola Trombetta