Il tumore del rene può essere oggi curato con terapie mirate. In cinque anni le persone vive in Italia, dopo la diagnosi di questo tumore sono aumentate del 15%. Anche i pazienti con malattia avanzata possono vivere a lungo: quasi il 50% è vivo a 5 anni e, in alcuni casi, si comincia a parlare di guarigione, soprattutto nei pazienti con diagnosi precoce che guariscono nel 50% dei casi. In Italia, nel 2022, sono stati stimati 12.600 nuovi casi di tumore del rene. I sintomi non sono specifici e possono essere confusi con altre condizioni come la calcolosi renale: oltre la metà delle diagnosi avviene infatti in maniera casuale, durante accertamenti ecografici, svolti per altri motivi. Nel 55% dei pazienti la diagnosi avviene quando è ancora localizzato nel rene, determinando un alto tasso di sopravvivenza. Nel 25-30% dei casi, la malattia viene invece diagnosticata in fase avanzata o metastatica e richiede un appropriato approccio terapeutico. Se un tempo le opzioni erano scarse, oggi esistono numerosi strumenti efficaci, oltre alla chirurgia: terapie mirate e immunoterapia migliorano in maniera significativa la capacità di controllo della neoplasia metastatica. Se ne è parlato in occasione del Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO), da poco concluso a Chicago, dove l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e l’Associazione Nazionale Tumore del Rene (ANTURE), hanno lanciato la Campagna nazionale di sensibilizzazione per far conoscere ai pazienti gli importanti passi avanti della ricerca. Verranno realizzati webinar sui social media e un portale dedicato (vedi box).
«L’incremento della sopravvivenza e del numero di pazienti vivi dopo la diagnosi è dovuto all’introduzione delle terapie mirate innovative e dell’immunoncologia che, in questi vent’anni, hanno permesso di contrastare con successo anche i casi di malattia avanzata», afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM. «L’innovazione terapeutica ha rivoluzionato la pratica clinica e restituito speranza a milioni di persone nel mondo. Con questa campagna vogliamo migliorare il livello di consapevolezza dei pazienti e dei cittadini sui progressi della ricerca, senza dimenticare il ruolo degli stili di vita. È dimostrato che l’attività fisica praticata con costanza è in grado di ridurre fino al 22% il rischio di sviluppare la malattia. Anche nei pazienti che hanno già avuto la diagnosi, il movimento può migliorare del 15% i risultati dei trattamenti, riducendo fatigue, ansia e depressione, con un impatto positivo sulla qualità di vita. Ma, in Italia, il 31,5% dei cittadini è sedentario. Serve più impegno per far comprendere a tutti i grandi benefici dell’attività fisica».
«I segnali più frequenti della malattia sono rappresentati dalla presenza di sangue nelle urine, da dolore sordo al fianco o da una massa palpabile nella cavità addominale», spiega Giuseppe Procopio, Direttore dell’Oncologia Medica Genitourinaria e del Programma Prostata dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano. «Oltre la metà delle diagnosi avviene casualmente, come diretta conseguenza dell’impiego, sempre più diffuso, della diagnostica per immagini in pazienti non sospetti in senso oncologico. In Italia il 71% delle persone colpite dalla malattia è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Questi risultati sono possibili grazie ad un’integrazione di cure farmacologiche: oggi abbiamo a disposizione numerosi farmaci attivi che includono terapie mirate e immunoncologiche. Si tratta di un enorme passo avanti, che ha permesso, in un decennio, di quintuplicare la sopravvivenza a 5 anni nello stadio metastatico, passando da circa il 10% a quasi il 50%. Una quota di questi pazienti resta in remissione completa, cioè in assenza di malattia rilevabile, e può essere considerata libera da malattia. Oggi, grazie anche a una migliore conoscenza biologica della malattia, siamo in grado di ottimizzare l’utilizzo delle combinazioni e dei singoli farmaci a disposizione, soprattutto in prima linea, come gli inibitori delle tirosin-chinasi. La combinazione della terapia mirata e dell’immunoterapia consente di raggiungere, nel tumore del rene avanzato, una sopravvivenza globale media di 49,5 mesi».
«La partecipazione attiva dei pazienti e il coinvolgimento con i medici sono cruciali per ottenere i migliori risultati terapeutici», afferma Tonia Cinquegrana, Presidente di ANTURE. «Un aspetto su cui dobbiamo concentrarci, assieme ai medici, è l’istituzione di una figura di riferimento all’interno del team oncologico, che possa fornire supporto anche a lungo termine e dopo le dimissioni, rispondendo alle domande urgenti dei pazienti, offrendo sostegno emotivo e aiutando nella gestione degli effetti collaterali dei trattamenti. In Italia non esiste ancora una figura come l’Oncology Nurse Practitioner, presente in altri Paesi. Tuttavia, dobbiamo lavorare per garantire una migliore qualità di vita per coloro che affrontano questa malattia, introducendo un ruolo come quello dell’infermiere oncologico che possa fare la differenza, fornendo assistenza, educazione e monitoraggio dei pazienti dopo le dimissioni, quando si trovano a casa ad affrontare le sfide legate agli effetti collaterali dei trattamenti». «Anche la collaborazione multidisciplinare tra chirurghi, urologi, oncologi medici, radioterapisti, anatomopatologi, psico-oncologi e medici nucleari non deve essere più un’opzione, ma un obbligo», conclude il professor Cinieri. «Purtroppo, sono ancora pochi sul territorio i team multidisciplinari dedicati, sul modello delle Breast Unit per il carcinoma della mammella. Da una medicina basata sul singolo specialista si deve arrivare alla scelta della migliore terapia attraverso la discussione condivisa e il confronto tra più professionisti».
di Paola Trombetta
Un portale d’informazione e una campagna social
“Fianco a Fianco”: è la Campagna di sensibilizzazione sul tumore del rene che è stata lanciata da MSD Italia, con il patrocinio della Società Italiana di Urologia (SIU) e dell’Associazione Nazionale Tumore del Rene (A.N.TU.RE), in occasione della Giornata di sensibilizzazione su questo Tumore (15 giugno). Supporto, vicinanza, condivisione: sono le tre parole chiave della campagna, il cui obiettivo è quello di sostenere pazienti e caregiver nell’affrontare la diagnosi e il conseguente percorso di cura, cercando di costruire attorno a loro una rete di supporto grazie alla quale possano trovare fiducia.
La campagna vede la realizzazione del primo portale informativo interamente dedicato al carcinoma renale, tumoredelrene.it, in cui è possibile trovare informazioni sulla patologia di alto valore scientifico. Numerosi i contenuti e gli approfondimenti su fattori di rischio, sintomi, diagnosi precoce, ma anche su opportunità terapeutiche e la gestione quotidiana della patologia. “Fianco a Fianco” vedrà anche un’intensa campagna social su Facebook (MSDsalute) e Instagram (@msd_salute) con l’obiettivo di favorire il dialogo sul tema della neoplasia del rene e soprattutto di mettere a disposizione del pubblico informazioni utili sulla malattia, per aumentarne la conoscenza grazie al grande potere di diffusione dei social network.
«Abbiamo aderito subito alla campagna “Fianco a Fianco” perché l’informazione specifica su questa patologia è molto difficile da reperire», commenta Tonia Cinquegrana, Presidente ANTURE. «Quando i pazienti ricevono la diagnosi fanno fatica ad orientarsi e a trovare un confronto con chi ha già vissuto questa esperienza. La condivisione è molto utile, dà coraggio e indicazioni concrete su come affrontare il percorso terapeutico e il cambiamento di vita». «Nel caso di sospetto tumore del rene, tra gli specialisti di riferimento c’è l’urologo, che si occupa della diagnosi e del trattamento delle patologie che colpiscono l’apparato urinario, il radiologo, che effettua gli esami di imaging biomedico, fra cui ecografie e Tac, e l’oncologo, che si occupa della diagnosi e del trattamento dei tumori», conferma il professor Giuseppe Carrieri, presidente SIU. «Nella lotta al tumore al rene è importante individuare i fattori di rischio perché evitarli è l’unico modo di fare prevenzione: il fumo di sigaretta rappresenta il più importante e il suo impatto è proporzionale al numero di sigarette fumate ogni giorno e al numero di anni di esposizione. Seguono obesità e ipertensione arteriosa». P.T.