Da oggi il ferro diventa facile da assumere e più digeribile

Non diamo la colpa ancora una volta al caldo, se in questa stagione avvertiamo cefalea, irritabilità, stanchezza o osserviamo un calo della capacità lavorativa o di concentrazione. Il responsabile potrebbe essere il ferro, un minerale “performante” e vitale per l’organismo che se ne serve per importanti funzioni: come trasportare l’ossigeno in tutti i distretti del corpo, favorire l’equilibrio del metabolismo energetico, solo per citare due delle “attività” più importanti.
Chiunque potrebbe essere soggetto a un calo di ferro nel sangue, ma certamente sono più esposte a questa carenza le donne in età fertile che lo perdono con il ciclo mestruale e/o in gravidanza, gli anziani e gli sportivi. Questi “fattori”, come l’assunzione in quantità non ottimale attraverso la dieta, possono portare allo sviluppo di anemia sideropenica, primo fattore avverso, se il ferro è basso. La correzione alimentare e l’eventuale integrazione, se necessario, mettono al riparo da questo rischio per sentirsi più energici. E quanto il ferro sia “performante” lo conferma Valentina Vezzali, campionessa olimpica e mondiale di scherma. «Per tutta l’età fertile – racconta – ho avuto carenza di ferro e, nel corso degli anni, ho assunto diversi integratori per riequilibrare il mio organismo, sperimentandone personalmente i benefici a livello di performance. Allenarsi per molte ore e avere un ritmo di vita intenso richiede un boost di energia per sentirsi meglio e l’integrazione nutrizionale deve completare la dieta dell’atleta. Vero è che sono riuscita a raggiungere i miei risultati sportivi anche grazie a un’alimentazione equilibrata e sana».

Allora, quanto ferro consumare? Non c’è una tabella fissa, le quantità cambiano e sono funzionali all’età, al sesso e ad alcuni eventi fisiologici: secondo le tabelle dei LARN (Livelli di Assunzione Giornalieri Raccomandati di Nutrienti per la popolazione italiana), aggiornate dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), la dose raccomandata di ferro in condizioni normali per l’uomo adulto è di 10 mg al giorno, mentre per la donna in età fertile sale a 18 mg al giorno, fino a raggiungere 27 mg in gravidanza, per poi riassestarsi dopo la menopausa ai livelli dell’uomo. «Abbiano necessità di introdurne quotidianamente pochi milligrammi – aggiunge Giorgio Donegani, esperto in nutrizione e tecnologo alimentare – e lo possiamo fare a tavola. Infatti il ferro è presente in vari alimenti animali come fegato, carni (rosse e bianche), pesce, molluschi, crostacei, tuorlo d’uovo, così come se ne trovano discrete quantità in legumi, frutta a guscio, secca e nei vegetali a foglia verde per chi privilegia una dieta veg. Tuttavia, è dimostrato che una parte consistente della popolazione assume una quantità di ferro inferiore a quella ottimale: solo il ferro “eme” degli alimenti, di origine soprattutto animale, viene ben assorbito (mediamente per il 20%), mentre l’assordimento di ferro “non eme” presente nei vegetali può limitarsi a una quota anche inferiore all’1%». In tema di alimenti che apportano ferro cadono alcuni miti: ad esempio gli spinaci lo contendono in forma “non eme”, inoltre sono ricchi di acido ossalico che lega il ferro e ne impedisce l’assorbimento, così come possono ostacolarlo anche i fitati, altri composti presenti in queste verdure. Lo stesso vale per i cereali integrali, tanto che quelli per la prima colazione vengono spesso addizionati di ferro. Meglio non abusare di tè e caffè, specie se si segue una dieta vegetarian: alcuni polifenoli presenti potrebbero ostacolare l’assimilazione del ferro. Contrariamente a quanto si crede, anche le carni bianche di pollo e tacchino sono alimenti preziosi per garantirne un’assunzione sufficiente. E se si vuole potenziare l’assorbimento di ferro, anche fino a sette volte superiori, la vitamina C, così come l’acido citrico contenuto nei limoni, è ciò che ci vuole per fare assorbire meglio questo minerale. Ecco allora che se vogliamo riabilitare almeno parzialmente gli spinaci come fonte di ferro, una buona idea è quella di condirli con olio e limone».

E la donna? Dovrebbe sempre monitorare i livelli di ferro, essendo più a rischio di carenza, potenzialmente stimolata, oltre al ciclo mestruale, anche da altre possibili problematiche ormonali o da patologie del tratto genitale come l’adenomiosi, la presenza di polipi o di miomi. Si stima che in Italia una percentuale tra il 25 e il 50% sia affetta da anemia sideropenica, complice il ciclo mestruale, e necessita di un apporto maggiore di questo minerale rispetto a un uomo della stessa età. infine, in previsione di una gravidanza, potrebbe essere necessaria l’integrazione combinata di ferro e acido folico: la loro azione sinergica aiuta a prevenire l’anemia da carenza di ferro e a ridurre il rischio di difetti del tubo neurale del feto. «Il ferro – chiarisce Irene Cetin, Direttore UOC di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, Università di Milano – è il principale nutriente di cui una donna in età fertile necessita e per accertarne la condizione di carenza o anemia vanno indagati il valore dell’emoglobina e dei depositi di ferro. Sono particolarmente importanti in alcune fasi del ciclo vitale, come la gravidanza in cui il fabbisogno raddoppia, in quanto fondamentale per la placenta, per la crescita del feto e per la produzione dei globuli rossi da parte del midollo materno. Diversi studi avrebbero poi dimostrato che in donne anemiche, la sideropenia si associa a un aumentato rischio di emorragia post-partum, in quanto l’utero a corto di emoglobina, non sarebbe in grado di contrarsi in modo adeguato e di combattere efficacemente l’atonia post-parto, con gravi conseguenze per la riabilitazione, oltre che un maggior rischio di mortalità. Da qui l’importanza di mantenere alti i livelli di ferro, ricorrendo all’integrazione, come raccomandato dall’OMS, così come di tutti gli altri micronutrienti fondamentali per il percorso di gestazione e sviluppo del feto».

Attenzione anche se si è donne in età avanzata. «I senior, e dunque anche la popolazione femminile – dichiara Cesare Liberali, medico di medicina generale – sono fra le categorie maggiormente carenti di diversi micronutrienti, sia per una questione di età sia perché spesso in terapia cronica per differenti patologie. Alcuni farmaci assunti per lunghi periodi, se non addirittura anni, uniti all’uso di inibitori di pompa protonica e gastroprotettori, rendono più difficoltoso l’assorbimento dell’acido folico, del ferro e dei nutrienti in generale. Ciò determina la necessità di una supplementazione, anche se non si riscontra una vera e propria anemia dalle analisi del sangue. Inoltre, pasti sbilanciati, non contenenti tutti gli elementi e micronutrienti di cui l’organismo ha bisogno, possono indurre sintomi come la stanchezza da carenza di ferro o di altre vitamine».

Integrare il ferro è dunque la soluzione: eppure questa semplice “richiesta” si scontra, spesso, con la non aderenza al trattamento perché il ferro è pesante – un macigno sullo stomaco – e non ha un buon gusto, percependone più i contro che i pro, almeno fino ad oggi. Questi “limiti” adesso sono infatti superati da una formulazione in film orodispersibile, pratica da utilizzare, che si dissolve in bocca senza l’assunzione di acqua. Basta mettere la “pellicolina” – un foglietto flessibile, ultrasottile delle dimensioni di un francobollo – sulla lingua e in pochi secondi si libera, con un gusto buono, una concentrazione precisa ed uniforme dell’ingrediente attivo. Ulteriori vantaggi? La rapida biodisponibilità, l’assunzione libera in qualsiasi circostanza  e in diverse condizioni, a vantaggio della compliance.

di Francesca Morelli

 

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