Bisogna essere sempre preparati: informati ed allenati. Anche e soprattutto quanto si decide di praticare uno sport in vacanza, senza avere un adeguato “training” o se si comincia a praticare “sotto il sole”, quando la pigrizia dell’inverno sembra lasciare il posto a una vita più attiva. Il rischio è di infortunarsi, talvolta anche seriamente: soprattutto nel caso in cui ci si voglia dedicare a sport meno comuni della tradizionale nuotata al mare o in piscina. Attirano, infatti, in estate, per chi frequenta mare e spiagge, il sup, il beach volley, la corsa sulla spiaggia, mentre per gli amanti della montagna il trekking. Infine il padel, che funge da passepartout, adattandosi a qualunque luogo di villeggiatura.
Ma quali sono i veri e falsi miti di queste attività? Chi le può praticare, quali benefici danno? A spiegarlo è il Professor Alberto Momoli, Presidente SIOT (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia) e Direttore UOC Ortopedia e Traumatologia Ospedale “San Bortolo” di Vicenza. «È importante conoscere la tecnica dello sport che si vuole praticare e presentarsi all’appuntamento, anche in estate, con un’adeguata preparazione fisica, anche se lo si pratica a livello amatoriale, per limitare il rischio di infortuni a legamenti, muscoli e ossa, quali stress muscolari, distorsioni e lesioni». In buona sostanza, l’attività fisica fa bene, ma lo sport senza una corretta preparazione può anche rivelarsi dannoso a qualunque età.
Padel. È uno sport molto simile al tennis: si pratica con racchetta e pallina un po’ più leggera, in una “scatola chiusa”, fatto salvo le aperture per gli ingressi. Quali sono i vantaggi di questo sport? Migliora la coordinazione, la mobilità e i riflessi, svolge una buona azione cardiovascolare, favorendo la capacità cardio-respiratoria e rendendo il cuore più forte e più efficace. Inoltre aiuta a perdere peso e invita ad adottare una dieta più sana. I rischi? Il padel attiva tutti i distretti muscolari e per questo espone a diversi infortuni, soprattutto delle articolazioni del ginocchio e della caviglia, legati ai rapidi cambi di direzione che si traducono in torsioni o patologie da sovraccarico come tendiniti degli arti superiori e inferiori, disturbi alla colonna vertebrale. Va sfatato il mito che sia adatto solo ai più giovani. «La possibilità di modularne l’intensità del gioco – dichiara Momoli – senza diminuire il divertimento lo rende adatto anche in età più avanzata, fermo restando una buona preparazione e una condizione cardiovascolare che ne consenta la pratica. Pertanto è utile una certificazione medico sportiva che attesti l’idoneità a uno sport con discreto impatto fisico».
Sup. È l’abbreviazione di Stand Up Paddle, cioè uno sport che si pratica stando in piedi su una tavola, aiutandosi a mantenere l’equilibrio con una sola pagaia. È chiaro, dunque, che fa esercitare e potenzia molti distretti muscolari: i muscoli degli arti inferiori e superiori, gli addominali e i dorsali. Ma non solo: il Sup esercita anche un ottimo stimolo di tipo propriocettivo, positivo per tutte le articolazioni, per la dinamica intrinseca di questa attività. Visto l’equilibrio richiesto che implica buona elasticità e forza muscolare, specie degli arti inferiori, riflessi pronti e agilità articolare, non è certo lo sport più adatto agli over 70, che devono evitarlo. Il rischio di cadute e di danni al sistema muscolo scheletrico sono importanti, nonostante vengano attutiti dall’acqua.
Beach Volley. È forse tra i pochi a fare eccezione: il beach volley, infatti, può essere praticato anche senza essere allenati. «La tipologia del gesto atletico, soprattutto se intrapreso a livello amatoriale – aggiunge il professore – consente il gioco, anche se non si è in perfetta forma, divertendosi con sufficiente sicurezza. A chi non ha l’allenamento adeguato e ha trascorso un inverno senza possibilità di fare del semplice movimento, è sempre raccomandata, prima di una partita di beach volley, un’attività di stretching per prevenire i danni muscolari». Attenzione ai potenziali infortuni, ritenuti di minima entità: «In realtà – fa sapere il professore – la superficie sconnessa della sabbia, il dinamismo caratteristico del beach volley, che prevede salti e cadute, possono essere causa di infortuni soprattutto alle articolazioni come le caviglie e le ginocchia, con potenziali danni capsulo legamentosi».
Corsa sulla spiaggia. C’è chi ama fare running sul bagnasciuga: è un buon allenamento, stimolato dalla particolare consistenza del terreno, diverso da quello su cui normalmente si corre, che richiede un maggiore impegno fisico. Questo potenzia la forza muscolare e può aumentare la performance propriocettiva di tutte le articolazioni degli arti inferiori, considerando la poca stabilità della superficie sabbiosa. Si pensa che il “running marino” sia un’attività senza rischi: un mito da sfatare. Soprattutto se praticato a piedi nudi: benché la superficie sabbiosa sia compatta, c’è il rischio di sovraccarichi funzionali, eccessivi e anomali, delle caviglie e delle ginocchia che possono portare a infiammazioni tendinee, del tallone d’Achille o fasciti plantari, molto fastidiose e con lunghi tempi di trattamento per la risoluzione.
Nuoto in mare o in piscina. Non è uno sport “traumatico”: l’acqua e la tipologia del gesto atletico annullano, fino ad azzerare del tutto, potenziali danni. Non è tuttavia noto che, dal punto di vista atletico, nuotare in mare non equivale a farlo in piscina. Le condizioni del mare non consentono una nuotata fluida come in vasca: è necessario un maggiore sforzo per la presenza di correnti o moto ondoso, non sempre un fattore positivo per il potenziamento muscolare rispetto al nuoto in piscina.
Trekking. È lo sport élitario della montagna, i cui molteplici benefici non si limitano all’apparato muscolare, ma coinvolgono anche il cardiovascolare, favorito dall’aria e dall’ambiente montano più sano, con un’efficace stimolazione dell’apparato osteo-muscolare in un’ottica di prevenire l’osteoporosi, grazie anche all’esposizione solare che fa produrre Vitamina D. Il trekking favorisce inoltre il metabolismo glucidico – è adatto quindi anche ai diabetici – e lipidico a vantaggio della riduzione del colesterolo. Non ultimo, le condizioni ambientali montane hanno effetti positivi anche sulla psiche. «Attenzione però a indossare calzature adatte – conclude Momoli – un aiuto per il piede a camminare in sicurezza in sentieri impervi e potenzialmente pericolosi, evitando sovraccarichi funzionali e fastidiose patologie da carico quali le metatarsalgie (dolore sotto la pianta del piede) a vantaggio anche della stabilità delle caviglie potendo prevenire episodi di distorsione».
di Francesca Morelli
E se si cerca una gravidanza?
Meglio se aerobica e di intensità moderata: sono le “buone pratiche” per condurre attività fisica e sportiva, a livello amatoriale, se si cerca una gravidanza naturale o con un precorso di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita). Vi è infatti evidenza che lo “stress” indotto da una attività spinta possa impattare sull’attività ormonale, limitando le possibilità di concepimento: l’esercizio intenso può portare a una sensibile riduzione del livello di estrogeni o a improvvise variazioni di peso con conseguenze sui cicli di ovulazione, fino alla scomparsa del ciclo mestruale, cioè all’amenorrea. Se tale condizione persiste nel tempo può causare problemi di (in)fertilità; pertanto in caso di atleti di alto livello o di attività agonistica o di sport che richiedono il mantenimento di un basso peso corporeo costante come danza, atletica e corsa, saranno necessarie misure preventive/cautelative. «Se l’esercizio fisico ad alta intensità non è accompagnato da una buona dieta a base di proteine, grassi di qualità e carboidrati, ingredienti chiave per il mantenimento regolare del ciclo ormonale – spiega la dottoressa Daniela Galliano, specializzata in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione, Responsabile del Centro PMA di IVI Roma – può causare disturbi ormonali. Infatti il basso peso, in combinazione con carenza di macronutrienti e esercizio fisico ad alta intensità, contribuisce ad accorciare la fase luteale (periodo di tempo tra l’ovulazione e le mestruazioni), alterare la secrezione ormonale e, quindi, ridurre i livelli di estrogeni». Senza contare il “contributo” dello stress psicologico per mantenere elevate prestazioni, influendo anche sulla potenzialità di concepimento. Tanto che molte atlete professioniste ricorrono alla vitrificazione degli ovociti, procedura che congela e preservare i gameti con l’età e la qualità del momento della pratica, al fine di potere avviare una gravidanza quando obiettivi professionali e/o desiderio materno lo permetteranno. Allora quali sono gli sport più indicati per le future mamme? Il Ministero della Salute raccomanda almeno 150 minuti di attività fisica a intensità moderata ogni settimana (o 30 minuti per 5 giorni), adeguando tempi e intensità dell’esercizio e tipologia di attività: ad esempio per le non sportive è indicato nuotare, camminare, ballare e una ginnastica moderata, sia prima di iniziare un trattamento di riproduzione assistita o prima di restare incinta, che durante la gravidanza. Mentre pilates o yoga sono sconsigliati subito dopo il trasferimento dell’embrione a causa di una pressione intra-addominale. L’attività fisica va supportata da un’alimentazione equilibrata “programmata” sulle necessità della persona.
E nell’uomo? Stesse regole: l’attività fisica fa bene, aiuta a evitare accumuli di grasso e sovrappeso, migliora il funzionamento dell’apparato cardiovascolare, regolando il flusso di sangue in tutte le arterie, comprese quelle a livello dei genitali, con un aumento della motilità degli spermatozoi. Attenzione però al tipo di sport: equitazione, ciclismo, alpinismo, atletica leggera, maratona, attività subacquea e alcune attività in palestra, possono influire sulla fertilità. «Questi sport – conclude Galliano – contribuiscono a ridurre l’afflusso di sangue ai genitali, in quanto comprimono la zona perineale. Inoltre, se si ricorre all’uso di anabolizzanti per migliorare le proprie prestazioni, è possibile arrecare danno all’equilibrio ormonale e dunque alla produzione di testosterone, così come alla quantità e qualità del liquido seminale: problematiche che a lungo andare possono generare infertilità». F.M.