Sono trascorsi 20 anni dall’approvazione della Legge 40/2004 sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) e dopo le numerose sentenze della Corte Costituzionale che ne hanno abbattuto i principali divieti, è urgente procedere a una seria revisione della legge così da poter avere una normativa adeguata e appropriata. Oggi il mondo degli operatori (ginecologi, andrologi, biologici, genetisti, psicologi, ostetriche, medici consultoriali), chiede che la normativa sulla PMA rifletta una maggiore aderenza alle evidenze scientifiche e le coppie invocano più tutela per la salute riproduttiva e nuove possibilità di accesso per favorire un progetto genitoriale. La SIRU (Società Italiana della Riproduzione Umana), in collaborazione con diverse associazioni di pazienti, ha messo a punto una proposta di legge in cui chiede una riorganizzazione e programmazione del settore che contempla non solo la riproduzione medicalmente assistita, ma anche la tutela della salute riproduttiva, come prevenzione dell’infertilità e preservazione della fertilità.
La proposta viene presentata in occasione del Congresso Nazionale della Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU), in corso a Bari (11-13 aprile), dove si discuterà anche del rinvio dell’inserimento delle tecniche di PMA nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), atteso da decine di migliaia di coppie che hanno posticipato il loro progetto genitoriale confidando in questa opportunità. Con queste premesse, la Società Italiana della Riproduzione Umana – SIRU aveva già organizzato alla Camera dei Deputati l’evento istituzionale “Oltre la legge 40/2004 – Una proposta sulla salute riproduttiva e la PMA” per riaprire la discussione e il confronto su questo tema e avviare un percorso di confronto con il Parlamento che porti a una nuova normativa.
«Finora abbiamo assistito a una sorta di “delega alla giurisdizione”», ha dichiarato Paola Piomboni, Presidente SIRU. «È stata demandata ai Giudici l’individuazione di soluzioni a istanze che avrebbero richiesto risposte nelle sedi parlamentari. I giudici hanno avuto un ruolo fondamentale nel riconoscere diritti e tutele ma hanno un ambito di azione più ridotto rispetto a quello del potere legislativo. La nostra proposta intende raccogliere l’appello della comunità scientifica, degli operatori del settore e delle organizzazioni civiche che da anni chiedono di risolvere le questioni ancora aperte, nonché di garantire i diritti dei pazienti che hanno necessità di accedere a percorsi diagnostico-terapeutici, adottando come ambito di riferimento la salute riproduttiva. Di qui la specifica attenzione agli aspetti di prevenzione e preservazione della fertilità oltre che di diagnosi e di terapie per l’infertilità e la sterilità».
Le principali novità della proposta di legge della SIRU riguardano:
- L’introduzione della prevenzione dell’infertilità e della preservazione della fertilità.
- La possibilità di donare embrioni ad altra coppia in un quadro solidaristico laddove, per diverse ragioni, si sia concluso il progetto genitoriale.
- La possibilità di donare embrioni alla ricerca scientifica, a cominciare da quelli diagnosticati geneticamente malati proveniente da coppie ad alto rischio genetico (ad esempio talassemia, fibrosi cistica). La ricerca potrebbe essere effettuata solo su embrioni crioconservati o non più utilizzabili per un progetto genitoriale, previa autorizzazione del Comitato etico competente.
- La definizione dei criteri per la continuazione dei percorsi sanitari in caso di decesso di uno dei due partner.
- In caso di decesso del partner maschile è possibile concludere l’iter sanitario con il trasferimento in utero, laddove sia stato formato l’embrione, previo consenso esplicito e sottoscritto dai componenti della coppia all’inizio del trattamento.
- In caso di decesso della partner femminile la procedura si interrompe.
- Il rafforzamento delle attività per il Registro Donatori e per politiche che favoriscano la donazione di gameti.
- L’introduzione di un indennizzo per donatori/donatrici quantificato secondo le indicazioni previste dagli istituti previdenziali nazionali del lavoro e in base ai giorni di lavoro perso a causa della donazione. La definizione del ruolo delle diverse istituzioni nazionali e regionali, a partire da Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Centro Nazionale Trapianti e Registro PMA, che sono coinvolte sia nell’ambito delle autorizzazioni, sia nella garanzia di accesso alle prestazioni. Ma anche nel favorire ricerche e studi sulla tutela della salute riproduttiva e nel promuovere campagne di sensibilizzazione sui temi come la prevenzione e la donazione di gameti e embrioni.
L’istituzione di un Fondo presso il Ministero della Salute al fine di favorire e promuovere ricerche e progetti per la tutela della salute riproduttiva e la formazione delle figure professionali coinvolte. La proposta di SIRU, pur sostituendo il testo della legge 40, lascerebbe inalterate alcune disposizioni, prima tra tutte quella relativa ai requisiti necessari per l’accesso alle procedure di riproduzione assistita. Tale accesso è garantito alle coppie maggiorenni, di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile: per rivedere questi criteri sarebbe necessario non solo prevedere che la legge consideri le procedure di riproduzione medicalmente assistita come uno strumento per conseguire un progetto genitoriale, ma modificare anche altre norme dell’ordinamento italiano, come il divieto di gestazione per altri, che è stato mantenuto per le evidenti problematiche ancora da affrontare.
«In tutto il mondo le Linee guida rappresentano raccomandazioni che i clinici decidono di applicare o meno sulla base della valutazione del singolo caso», ha puntualizzato Antonino Guglielmino, fondatore SIRU. «In Italia, invece, la legge 40/2004 aveva previsto linee guida vincolanti messe a punto dal Ministero della Salute. Secondo quanto contenuto nella nostra proposta di legge sarà la Società Scientifica accreditata ufficialmente che si occuperà di redigere le linee guida della riproduzione assistita, così come previsto dalla legge 24/2017 e dai manuali prodotti dal CNEC dell’ISS sulle procedure per la formulazione delle raccomandazioni cliniche scientifiche che costituiscono le linee guida. In questo modo verrebbe garantita una pratica medica derivante da evidenze scientifiche». Il CNEC (Centro nazionale per l’eccellenza clinica, la qualità e la sicurezza delle cure) ha messo a punto un manuale metodologico che contiene regole precise su chi è autorizzato e in che modo deve stilare le linee guida.
Le sentenze della Corte Costituzionale che hanno modificato la legge 40 negli anni
- Con la sentenza n. 151 del 2009 è stato eliminato l’obbligo di creare al massimo tre embrioni e trasferirli tutti in un unico e contemporaneo impianto; di conseguenza è venuto meno il divieto di crioconservazione degli embrioni.
- Con la sentenza n. 162 del 2014 è stato eliminato il divieto della fecondazione eterologa, ossia, in termini più corretti dal punto di vista sanitario, la procedura di fecondazione con donazione di gameti
- Con le sentenze n. 96 e n. 229 del 2015 è stata definitivamente introdotta la diagnosi pre-impianto sia per le coppie fertili che infertili portatrici di patologie genetiche trasmissibili al nascituro.
La Corte costituzionale ha inoltre evidenziato “il dovere di eliminare gli ostacoli che determinano una discriminazione sotto il profilo economico nell’accesso alle procedure, ai sensi dell’art. 3 della Costituzione che tutela l’uguaglianza di tutti i cittadini italiani”. Ancora oggi tale profilo appare non rispettato pienamente, poiché siamo ancora in attesa dell’entrata in vigore di Livelli Essenziali di Assistenza per la riproduzione assistita.
di Paola Trombetta
Personalizzare la stimolazione ovarica
L’infertilità è una patologia sempre più diffusa che riguarda il 17,5% della popolazione adulta, ossia circa 1 persona su 6: in Italia si attesta intorno al 15%. Numeri che sottolineano l’importanza di rendere più accessibili le procedure di procreazione medicalmente assistita (PMA) e garantire trattamenti di alta qualità. «Le cause più comuni di infertilità includono per la donna una ridotta riserva ovarica, problematiche alle tube, infertilità endocrina ed endometriosi, mentre l’infertilità maschile si verifica quando è basso il numero di spermatozoi sani o quando si riscontrano problemi con la funzionalità spermatica», puntualizza Guglielmo Ragusa, Presidente della Società Italiana della Riproduzione Umana (S.I.R.U.). «Il suggerimento per le coppie con difficoltà a concepire è quello di non aspettare troppo per consultare un ginecologo, soprattutto se la donna ha più di 35 anni». Quello dell’età è sicuramente un fattore fondamentale anche per quanto riguarda la stimolazione ovarica: un passaggio molto importante del percorso di PMA il cui obiettivo è quello di aumentare la produzione di follicoli maturi durante un ciclo ovarico, per raccogliere un numero adeguato di cellule uovo che possono poi essere fecondate in laboratorio con gli spermatozoi del partner o di un donatore esterno. La fase di stimolazione, che dura in media 15 giorni, prevede l’iniezione sottocute di ormoni detti gonadotropine che stimolano le ovaie a produrre più ovociti maturi e che la donna può somministrarsi in autonomia. Nei cicli ovarici, questi ormoni sono secreti dall’ipofisi e regolano le funzioni riproduttive degli organi genitali maschili e femminili.
«Grazie ai progressi scientifici, oggi abbiamo diverse opzioni di trattamento che ci consentono di personalizzare l’approccio alla stimolazione ovarica, selezionando il protocollo di trattamento ottimale per ciascuna paziente. In tal modo cresce la probabilità di gravidanza, minimizzando i rischi e aumentando l’aderenza al trattamento per la facilità di autosomministrazione», ha commentato Adolfo Allegra, Presidente nazionale di CECOS Italia (Centri conservazione ovociti e spermatozoi). «Le gonadotropine, impiegate nei trattamenti di PMA già dagli anni ‘80, hanno un solido profilo di efficacia e sicurezza. L’avanzamento tecnologico ha migliorato nel tempo i processi di produzione delle gonadotropine, garantendo oggi un elevato grado di purezza e affidabilità». Secondo recenti stime, dal 2012 al 2022 si è registrato un aumento del 73% nell’utilizzo delle tecniche di PMA, con ben 3,7 parti su 100 ottenuti con procreazione assistita. In particolare, la fecondazione in vitro con trasferimento di embrioni nell’utero (FIVET) si conferma la tecnica più utilizzata passando in dieci anni dal 37% al 48%. Le procedure di PMA dovevano entrare a far parte dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). «Purtroppo, è notizia recente che l’entrata in vigore del nuovo tariffario LEA è slittata ulteriormente a gennaio 2025, rinvio che pesa in particolare nell’ambito della medicina della riproduzione dove il fattore tempo gioca un ruolo cruciale sulla probabilità di successo dei trattamenti, almeno per quelle coppie che si avvicinano a questi percorsi già in età avanzata», ha commentato Luca Mencaglia, Presidente Fondazione PMA. P.T.