Il 5% della popolazione italiana, circa 3 milioni di persone, è affetta da asma bronchiale e il 10% (300 mila) da asma cosiddetta “grave”. Ad essere interessate sono soprattutto le donne. Un nuovo studio condotto da un team multidisciplinare composto da immunologi e otorini dell’Ospedale Careggi di Firenze ha studiato il ruolo degli eosinofili infiammatori nella severità clinica dell’asma grave, rilevando come il trattamento con l’anticorpo monoclonale mepolizumab ripristini il bilanciamento fisiologico, riportando i livelli di eosinofili “buoni” e “cattivi” a quelli osservati nei soggetti sani e spiegando come il farmaco possa consentire di controllare una patologia così severa ed impattante.
Lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Allergy, ha confermato che l’85% dei pazienti asmatici valutati presentava anche rinosinusite cronica con poliposi nasale, dimostrando che la quantità di eosinofili infiammatori è collegata alla gravità di entrambe queste malattie.
Per approfondire queste tematiche abbiamo intervistato la dottoressa Alessandra Vultaggio, che ha coordinato lo studio, allergologa-immunologa, ricercatrice presso l’Università di Firenze, Dipartimento di Medicina sperimentale e clinica.
Innanzitutto cerchiamo di inquadrare una patologia come l’asma e le malattie ad essa correlate, come la rinosinusite cronica con poliposi nasale.
«L’asma è una malattia infiammatoria cronica a carico delle vie aeree, con modificazioni strutturali dei bronchi: nel tempo porta a sintomi impattanti sulla qualità di vita, che impediscono talvolta di svolgere le normali attività quotidiane, con pesanti limitazioni anche sul lavoro. Lo studio da noi condotto all’Ospedale Careggi ha confermato un aspetto significativo dell’asma grave, cioè di essere nella maggioranza dei casi correlata ad altre patologie eosinofile importanti come la rinosinusite cronica con poliposi nasale: sapere questo può consentire una diagnosi precoce della malattia, seguita da un trattamento più mirato. In alcuni casi prevale nelle fasi iniziali la poliposi e poi successivamente l’asma si aggrava. In altri casi può avvenire l’inverso. Entrambe queste forme sono correlate alla presenza eccessiva di eosinofili nel sangue e nei tessuti».
Che cosa sono queste cellule? Dove vengono prodotte e perché sono implicate nell’asma?
«Sono cellule appartenenti al gruppo dei globuli bianchi, presenti nel sangue e nei tessuti periferici, che vengono prodotte in quantità elevate nei casi di allergie e di difesa da certe forme infettive da parassiti. Nelle malattie eosinofilo-correlate gli eosinofili si trasformano, da “buoni” a “cattivi”, causando l’infiammazione che può anche danneggiare l’organo in cui le cellule si accumulano. Tra questi i più interessati sono i polmoni, i bronchi, il naso e i seni paranasali, ma possono essere anche il cuore, la cute, i reni, i nervi. Sono cellule che possono creare un danno sistemico a diversi organi».
Per questo è importante individuarle, ma in che modo ciò è possibile?
«È fondamentale individuarle attraverso appositi esami ematici, e ciò permette di effettuare una mirata scelta terapeutica. Esistono infatti farmaci, denominati anti-eosinofilici, come ad esempio il mepolizumab, in grado di rendere inattiva la citochina più importante (interleuchina 5) nella biologia degli eosinofili. Così facendo si ridimensiona la capacità di queste cellule di provocare danni».
Quando si utilizza questo farmaco? Viene usato in prima battuta o dopo l’utilizzo di corticosteroidi che magari non hanno funzionato?
«Viene utilizzato nei pazienti che, nonostante una terapia inalatoria a massimi dosaggi, con il cortisone ed i Beta2 agonisti, non sono in grado di controllare bene l’asma. Se si hanno eosinofili elevati nel sangue e magari il soggetto soffre anche di poliposi nasale, questa terapia è particolarmente indicata. Alcuni fattori, tra cui i farmaci corticosteroidi di cui spesso fanno uso i pazienti con asma eosinofilica severa, possono alterare o mascherare la quantità di eosinofili nel sangue. Per questo motivo è molto importante una corretta diagnosi per valutare la presenza di infiammazione eosinofila, così da stabilire il giusto percorso terapeutico».
Qual è la posologia di questo farmaco?
«Il mepolizumab viene somministrato sottocute una volta al mese, al dosaggio di 100 o 300 mg, in relazione alla diagnosi che il paziente presenta. Questa terapia viene gestita dal paziente con estrema facilità e senza particolari problemi a domicilio, evitando l’accesso in ospedale per la somministrazione. Il soggetto va in ospedale solo per fare i controlli periodici sul funzionamento della terapia».
Esiste un diverso “approccio di genere” nell’assunzione di questi farmaci?
«La donna è sicuramente più attenta alle indicazioni che vengono date sull’uso di questo farmaco e in generale per la gestione del quadro asmatico e rinosinusale, sia per sé stessa che per i propri cari. Spesso abbiamo donne che accompagnano mariti, genitori o figli perché sono loro a gestire il piano terapeutico anche dei familiari».
C’è anche differenza tra donne e uomini nella comparsa di queste patologie eosinofilo dipendenti?
«Spesso si dice che l’asma è donna perché è molto più frequente nel soggetto femminile. Ci sono diverse spiegazioni di questa aumentata prevalenza, molto legata all’assetto ormonale. La maggior parte dei nostri pazienti sono donne, perché gli ormoni hanno un forte impatto pro-infiammatorio sulle cellule del sistema immunitario, anche sugli eosinofili: in altre parole è presente una connessione tra il sistema endocrino e le cellule del sistema immunitario, molto sensibile alle variazioni ormonali».
di Paola Trombetta