Quest’anno l’appuntamento dell’Azalea AIRC, in programma per domenica 12 maggio, Festa della Mamma, celebra quarant’anni di impegno per sostenere la ricerca sui tumori che colpiscono le donne. In Italia nel 2023 sono state stimate oltre 187mila nuove diagnosi nel genere femminile, 1300 in più rispetto all’anno precedente (AIOM, AIRTUM, I numeri del cancro in Italia 2023). Con una raccolta totale di circa 300 milioni di euro, l’Azalea di Fondazione AIRC ha contribuito in quattro decenni al miglioramento della qualità di vita e della sopravvivenza delle donne, attraverso diagnosi sempre più precoci, approcci chirurgici meno invasivi e terapie più precise e mirate, più efficaci e meglio tollerate. Oggi 2 donne su 3 in Italia sono vive dopo 5 anni da una diagnosi di cancro.
Una recente indagine condotta da Kantar Italia per Fondazione AIRC su un campione di 800 donne di età compresa tra i 18 e i 65 anni conferma la trasversalità del cancro: oltre 2 donne su 3 dichiarano di essere state colpite dal cancro, per esperienza diretta o tra familiari e amici. La malattia è considerata, però, sempre più curabile: per il 50% delle intervistate, dal cancro si guarisce nella maggioranza dei casi, grazie alle cure a disposizione e, per il 90% del campione, la ricerca è molto importante per trovare terapie sempre più efficaci così da affrontare la malattia nel modo migliore. Il tabù del cancro come “male incurabile” sembra superato, ma per un terzo delle intervistate (33%), guarire dal cancro dipende ancora dalla fortuna. Un dato che evidenzia la necessità di continuare a informare in maniera puntuale sui progressi della scienza e sostenere con continuità, attraverso la raccolta fondi, il progresso della ricerca per la cura del cancro.
Diagnosi precoci e nuove terapie
Alcuni tumori, più insidiosi e difficili da individuare precocemente, rappresentano una sfida aperta per la ricerca. Uno di questi è il tumore dell’ovaio che colpisce oltre 5.000 donne in Italia ogni anno e rappresenta il 3% circa di tutte le diagnosi di cancro. C’è però un recente risultato, molto incoraggiante, a cui è arrivato il gruppo di studio coordinato da Maurizio D’Incalci, professore di farmacologia in Humanitas University, responsabile del laboratorio di Farmacologia Antitumorale in IRCCS Istituto Clinico Humanitas e ricercatore AIRC. Con analisi dell’instabilità genomica si potrebbero identificare alterazioni molecolari specifiche del tumore ovarico, nei tamponi utilizzati per il Pap test, con anni di anticipo rispetto ai primi sintomi. La validità di questo approccio innovativo dovrà ora essere confermata in studi prospettici. Se i risultati saranno positivi, l’esame non invasivo potrà essere implementato su larga scala, con screening di popolazione per la diagnosi precoce del tumore dell’ovaio.
Se questo esame ottenesse davvero un riconoscimento scientifico, tante donne non si ammalerebbero di questo tumore come è invece accaduto a Pina che nel 2004, a 42 anni, riceve una diagnosi di tumore all’ovaio al IV stadio con metastasi. È anche portatrice di mutazioni a carico dei geni BRCA e per questo, nel corso di circa vent’anni, ha affrontato più volte la ripresa della malattia, ma beneficiando sempre dei nuovi risultati della ricerca, con farmaci sempre più mirati. «Sono consapevole del fatto che ogni giorno per me è regalato e forse questa consapevolezza mi fa assaporare tutto con più felicità. In questi anni sono stata sottoposta a nuovi approcci terapeutici che hanno permesso di rispondere in maniera più efficace alla ricomparsa della malattia. Oggi sono qui e ho la fortuna di avere una squadra al mio fianco: medici, ricercatori e soprattutto la mia famiglia. Credo fermamente che solo continuando a sostenere la ricerca si potranno trovare risposte per tutte le donne».
Importanti risultati raggiunti
In questi quarant’anni, con i fondi raccolti dall’Azalea di AIRC sono stati ottenuti importanti risultati. Dalla chirurgia conservativa del tumore della mammella, una tecnica efficace quanto la mastectomia radicale, ma che risparmia parte del seno, alla biopsia del linfonodo sentinella, una tecnica inizialmente sviluppata per valutare la diffusione dei melanomi, poi estesa anche al cancro del seno. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per il tumore al seno è in costante aumento: negli ultimi 30 anni è passata dal 78% all’88%. Inoltre è stata approvata la riduzione della dose di terapia ormonale, tamoxifene, nel trattamento del cancro del seno, efficace sia per ridurre del 50 per cento circa il rischio di recidiva della malattia, sia per prevenire il tumore del seno nelle donne ad alto rischio. E anche l’esame molecolare che, insieme alla TC spirale, permette di diagnosticare in anticipo e con precisione il tumore del polmone nei fumatori e forti fumatori. In futuro l’esame potrebbe essere utilizzato come screening per la diagnosi precoce di popolazioni a rischio. La possibilità di individuare con anticipo rispetto agli esami di imaging la ripresa di malattia dovuta a resistenze nel cancro del colon, grazie alla biopsia liquida. Questo strumento, ancora sperimentale, potrebbe essere anche utile a orientare la scelta dei trattamenti dopo gli interventi chirurgici di rimozione del tumore. Sono state inoltre studiate nuove terapie neoadiuvanti per il trattamento del carcinoma del retto localmente avanzato nei pazienti MSI, cioè con instabilità microsatellitari, con la sola immunoterapia, senza ricorso a chemioterapia, radioterapia e chirurgia. In questi casi la chirurgia può essere evitata, mentre nei casi MSS senza instabilità microsatellitare, adottando un approccio neoadiuvante di terapia medica e radioterapia, si può evitare la chirurgia in circa un terzo dei pazienti. Anche per il carcinoma ovarico avanzato è stato approvato un nuovo farmaco, la trabectedina.
di Paola Trombetta