“55 anni di AIL a sostegno della Ricerca scientifica per la lotta ai tumori del sangue. Tecnologie biomolecolari e terapie innovative in Ematologia”. È l’appuntamento annuale di AIL che quest’anno, nel Giorno dedicato alle malattie Ematologiche del 21 giugno (vedi new Medicina), ha festeggiato un importante compleanno. 83 sezioni e 17mila volontari, 146 progetti di ricerca scientifica, 5.186 viaggi solidali e 670 posti letto per 62.898 notti offerte nelle Case alloggio a 2.395 pazienti e caregiver: sono alcuni numeri che dimostrano il grande impegno di AIL.
In Italia, sono circa 500 mila le persone che convivono con un tumore del sangue e 30mila le nuove diagnosi: grazie alla ricerca i pazienti hanno maggiori probabilità di guarire o di convivere per anni con la malattia, mantenendo una buona qualità di vita. Sostenere i pazienti e rendere disponibili terapie sempre più efficaci sono obiettivi che possono essere raggiunti grazie alla sempre maggiore collaborazione tra AIL, le Società scientifiche e gli Enti che operano in ambito ematologico, per condividere i progressi della ricerca e ribadire un messaggio importante ai pazienti e ai loro familiari: non siete soli!
«AIL da 55 anni è impegnata quotidianamente nel migliorare la qualità della vita dei pazienti ematologici e delle loro famiglie, sostenendo la Ricerca scientifica, l’assistenza sociosanitaria, e promuovendo la conoscenza dei tumori del sangue», puntualizza Giuseppe Toro, Presidente Nazionale AIL. «Dal 1969 siamo cresciuti, diventando un punto di riferimento per pazienti e caregivers. Nel 1975 nascono le prime sezioni provinciali che ora sono 83, con 17mila volontari. AIL stanzia annualmente diversi milioni di euro per sostenere la ricerca scientifica e supporta il GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’adulto), per la ricerca clinica, con cui collaborano le ematologie italiane allo scopo di studiare le patologie e identificare i migliori protocolli diagnostici, terapeutici e finanziare assunzioni e borse di studio per data manager, psicologi, medici, ricercatori, biologi e infermieri.
«Oggi GIMEMA gestisce con i suoi protocolli – circa 20mila pazienti – con decine di progetti clinici», informa Marco Vignetti, Presidente Fondazione GIMEMA Franco Mandelli. «E LabNet, il network di laboratori, ha permesso a circa 25mila pazienti di effettuare 200mila test genetici, necessari a diagnosticare e monitorare la patologia da cui sono affetti. Il sostegno alla ricerca da solo non basta: è fondamentale essere a fianco dei pazienti durante tutto il percorso della malattia, che spesso risulta essere lungo e faticoso».
«Il sostegno di AIL per la ricerca clinica e biologica è un’attività che è sempre andata in parallelo con quella dell’assistenza ai pazienti e ai familiari», tiene a precisare William Arcese, Presidente Comitato Scientifico AIL. «Fare assistenza significa anche fare ricerca». AIL collabora con l’Associazione Italiana di Ematologia-Oncologia Pediatrica (AIEOP), Fondazione Italiana Linfomi (FIL), Gruppo Italiano Trapianto Midollo Osseo (GITMO), Società Italiana di Ematologia (SIE) e Società Italiana di Ematologia Sperimentale (SIES). Ogni anno a queste Società è riservato un finanziamento per progetti selezionati che riguardano la ricerca clinico-biologica, quella di base o iniziative educazionali. Quest’anno AIEOP e GITMO hanno previsto un sostegno legato alla gestione dei Registri di pazienti. FIL vuole condurre uno studio per la valutazione della performance neuro-cognitiva sulla qualità di vita nei giovani adulti affetti da linfoma. GITMO, per i tanti studi previsti, ha necessità di potenziare il proprio Clinical trial office. Il progetto SIE è la continuità del Corso di aggiornamento per gli infermieri di ematologia, già indetto con successo lo scorso anno. Infine, il progetto SIES propone di sviluppare le Linee guida nelle malattie mieloproliferative e nella Leucemia mieloide cronica secondo la metodologia delineata dall’Istituto Superiore di Sanità in modo che diventino Linee guida nazionali».
Nuove terapie: anticorpi bispecifici
Oggi sono disponibili nel panorama terapeutico gli anticorpi bispecifici che si sono dimostrati molto efficaci. «Il panorama delle terapie si è arricchito: dalla leucemia linfatica acuta ai linfomi, che rappresentano il sesto o settimo tumore più frequente nel mondo occidentale, al mieloma, tumore ad alta incidenza», spiega Paolo Corradini, Presidente SIE, Direttore della Divisione di Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Cattedra di Ematologia, Università degli Studi di Milano. «Due patologie che rappresentano un grande numero di pazienti ematologici e possono essere trattati efficacemente con questi anticorpi bispecifici quando tutte le altre terapie sono fallite. Ci sono delle tossicità da gestire, che possono essere controllate favorendo una buona qualità di vita. Gli anticorpi bispecifici rappresentano una seconda rivoluzione dopo le CAR–T. Il primo anticorpo (blinatumomab) è capostipite di una nuova logica: utilizzare il sistema immunitario del malato, che non riesce a combattere il tumore da solo, aiutandolo con anticorpi bispecifici che rendono i linfociti T più potenti», continua Corradini. «Ora ne sono disponibili due, indicati per i linfomi a cellule B e altri due per il mieloma. Nell’ultimo anno sono state anche approvate le CAR-T per diversi tumori ematologici: due nel linfoma follicolare, il secondo tipo di linfoma per frequenza; una per il linfoma diffuso a grandi cellule B, il primo per incidenza. Oggi tutti i pazienti con linfoma a grandi cellule refrattari o ricaduti entro un anno possono ricevere questa nuova terapia, subito dopo il fallimento di quella di prima linea. Questo consente di anticiparne l’uso, guarire un maggior numero di persone, risparmiare trattamenti successivi ai pazienti e anche costi, ma soprattutto permette una migliore qualità di vita per i pazienti e le loro famiglie. Per la leucemia linfoblastica acuta, da dicembre scorso, viene rimborsata una nuova CAR-T, per le persone con più di 26 anni. Novità anche per il mieloma multiplo: è disponibile in Italia da fine maggio una CAR-T e un’altra è stata approvata, ma non ancora rimborsata».
La ricerca ha fatto importanti passi avanti anche per nuove opzioni terapeutiche per i linfomi. «In futuro sarà sempre meno utilizzata la immuno-chemioterapia e aumenteranno sempre di più le terapie biologiche, cioè farmaci non chemioterapici mirati e strettamente indicati per particolari mutazioni dei vari tipi di linfomi», puntualizza Maurizio Martelli, Professore di Ematologia, Sapienza di Roma, Direttore UOC Ematologia Azienda Ospedaliero- Universitaria Policlinico Umberto I di Roma, Consiglio Direttivo FIL. «Oggi, abbiamo risultati importanti anche con la sola immunoterapia: anticorpi monoclonali bispecifici che riconoscono un determinato antigene cellulare e attivano i linfociti T del paziente stesso. La terapia cellulare CAR-T, in cui gli stessi linfociti T del paziente vengono prelevati, ingegnerizzati e poi reinfusi nel paziente per aggredire la malattia». Nel 2023 in Italia sono stati effettuati circa 5.600 trapianti tra allogenici e autologhi. «Lo scorso anno sono stati effettuati circa 2.000 trapianti allogenici e nel 50% dei casi è stato necessario utilizzare un donatore da registro. La patologia maggiormente trattata è stata la leucemia acuta mieloide (40%), seguita dalla leucemia linfoblastica (18%)», aggiunge Massimo Martino, Presidente GITMO, Direttore UOC Centro Trapianti Midollo Osseo e Direttore UOC Ematologia, Dipartimento Oncoematologico, Grande Ospedale “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria. «Per quanto riguarda il trapianto autologo ne sono stati effettuati circa 3.600 e il mieloma multiplo è la patologia dove trova la maggiore applicazione, seguito dai linfomi non-Hodgkin e Hodgkin e dalle leucemie. Inoltre, per la prima volta, sono stati effettuati un numero maggiore di trapianti autologhi in persone con più di 60 anni rispetto ai soggetti under 60, e sono aumentati anche quelli allogenici».
I tumori ematologici infantili più frequenti sono le leucemie acute, linfoidi e mieloide, i linfomi di Hodgkin e non-Hodgkin. In Italia i bambini a cui viene diagnosticato un tumore nella fascia 0-14 anni sono circa 1400-1500 all’anno e 800-900 nella fascia 15-18 anni. «La biologia molecolare individua le alterazioni che definiscono la patologia in maniera specifica. Questo fa sì che si intensifichino i protocolli a più alto rischio di recidiva e si riduca l’aggressività delle terapie per quelle patologie che hanno un’evoluzione migliore», spiega Arcangelo Prete, Presidente AIEOP Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica, Direttore Oncoematologia Pediatrica Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Policlinico S. Orsola Malpighi. «Questo produce un minore numero di effetti collaterali e maggiori risultati in termini di guarigione e sopravvivenza. I migliori risultati si ottengono nelle leucemie e nei linfomi. Per le leucemie l’immunoterapia liquida con blinatumomab si è dimostrata talmente efficace che in via sperimentale viene utilizzata anche in prima linea. Le CAR–T sono un trattamento estremamente mirato e specifico nei confronti della cellula neoplastica e sono una terapia personalizzata che produce meno effetti collaterali. Questo è fondamentale quando si tratta di bambini che una volta guariti hanno un’aspettativa di vita simile ai loro coetanei».
Le neoplasie mieloproliferative croniche sono patologie tumorali associate ad alterazioni specifiche del DNA con alcune mutazioni ricorrenti. Sono malattie rare che hanno un’incidenza inferiore a 5 casi per 100 mila all’anno. «Le principali sono tre: trombocitemia, policitemia e mielofibrosi», spiega Alessandro Vannucchi, Presidente SIES, Professore di Ematologia, Direttore della SOD Ematologia CRIMM, Centro Ricerca e Innovazione delle Malattie Mieloproliferative, Direttore Scuola di Specializzazione in Ematologia Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Università di Firenze. «Da poco meno di venti anni si contraddistinguono per la presenza, nel 90% dei casi, di una mutazione e le tre più ricorrenti sono dovute a una mutazione dei geni JAK2, MPL e CARL. Queste mutazioni incidono su un’alterata segnalazione nelle cellule staminali emopoietiche che comporta la loro disregolata proliferazione, e contribuisce alla generale compromissione infiammatoria sistemica, causa dei molti sintomi presenti».
di Paola Trombetta