Il mese di agosto è stato emblematico per gli sbalzi termici e il clima torrido. In questi ultimi tempi è alta l’attenzione sull’ambiente e sulle conseguenze di comportamenti “opportunistici”: aumento dei livelli di inquinamento, innalzamento delle temperature, alluvioni da eventi meteorologici estremi e ricorrenti, produzione anticipata e perdurante di pollini sono un “emblema” a livello globale. Fatti che gli italiani, almeno 1 su 2, mettono ora in relazione con possibili influenze e impatti anche sulla salute dell’intera popolazione, e non soltanto dei più vulnerabili, come bambini, giovani, anziani. A fronte di ben il 78,5% che dichiara, anche grazie ai media che hanno “aperto loro gli occhi” sul tema, di essersi interrogato sulla relazione tra salute e cambiamento climatico e sugli effetti che gli agenti atmosferici possono avere sul benessere delle persone.
È quanto emerge da una ricerca di Human Highway per Assosalute, Associazione farmaci di automedicazione, presentata all’evento “Cambiamenti Climatici: quali gli effetti sulla salute?”. Se la questione clima è stata oggetto di discussione, soprattutto nell’ultimo anno, per 8 italiani su 10, la percezione, il senso di responsabilità, il timore per gli impatti sulla salute sono influenzati da alcuni variabili, ad esempio dal genere – ad essere più in allarme sono le donne (84,2% vs il 64,4% degli uomini) – e dall’età. Saranno la “saggezza” degli anni o il vissuto, la lungimiranza o altro, ma più aumentano gli anni, più il tema è sentito. La ricerca attesta infatti che la conoscenza o il bisogno di informazione sul binomio cambiamenti climatici-salute è relativamente più bassa tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni (68,6%) e molto alta tra gli over 65 (84%) e ciò “guida” anche il livello di preoccupazione, più elevata tra gli over 65 (53,5%), nei giovanissimi (50,7%), diretti intrepreti del movimento iniziato con la sua paladina Greta Thunberg, meno tra i 45-54enni (39,6%).
«I giovani – spiega Claudio Cricelli, presidente emerito di SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie) – sentendosi coinvolti in prima persona nel mondo attuale e in quello futuro, sono particolarmente attenti e preoccupati per gli effetti del cambiamento climatico, più per il pianeta in realtà che per la loro salute, a differenza degli anziani che riferiscono alcuni dei loro sintomi a problemi di natura ambientale. Pertanto si proiettano nel futuro e vogliono agire oggi per prevenire i problemi di domani, mentre gli anziani desiderano soluzioni immediate per i problemi attuali».
Molteplici i piccoli disturbi, secondo l’84,2% degli italiani, riconducibili ai cambiamenti climatici: tra questi stanchezza, comune al 46,9% del campione e soprattutto tra le donne (52,9% contro il 40,9% di uomini), malesseri muscolo-scheletrici dovuti agli sbalzi termici (33,2%) che riguardano prevalentemente i senior, sintomi influenzali fuori stagione (30%), allergie prolungate (29,1%) a maggior carico dei giovani. Non sono soltanto sintomi comuni: tutte queste problematiche sono in crescita negli ultimi anni. «Sono molte le trasformazioni a cui si sta assistendo – prosegue Cricelli – e che portano ad avere conseguenze sulla salute: la fioritura delle piante, ad esempio, o la stagionalità dei pollini, con conseguenze sul calendario delle allergie o, ancora, su quella delle epidemie. Ad esempio, negli ultimi mesi e anni, vi sono stati picchi di malattie respiratorie acute, con sintomi persistenti anche per 2-3 settimane: ciò fa riflettere sull’esistenza di una correlazione tra il clima e l’andamento delle epidemie, un tema su cui la ricerca scientifica sta iniziando a dare alcune risposte, ma meritevole di approfondimento».
Preoccupati sì, ma consapevoli dei professionisti a cui rivolgersi per risolvere i piccoli disturbi, gli italiani fanno riferimento in primo luogo al medico (45,2%) e al ricorso a farmaci e di automedicazione (25,1%), più utilizzati tra i 45-54enni, a fronte del 21% del campione che opta per metodi naturali. Anche il farmacista è consultato di frequente, almeno dal 20,9% degli italiani, mentre solo l’11,7% cerca informazioni su sintomi e rimedi on line, in larga misura gli under 24 ed un altro 11,9% non fa nulla, aspettando che il sintomo passi da sé.
In merito alla prevenzione dei piccoli disturbi legati ad agenti atmosferici e stagionali anomali, gli italiani sottolineano l’importanza di adottare stili di vita sani: dieta e idratazione corrette per quasi 1 italiano su 2 (49,1%), evitare ambienti affollati/inquinati, fare fughe nella natura e preoccuparsi di un buon sonno, per 1 italiano su 5 sono tra le risposte ritenute più efficaci. Anche lo sport secondo molti è una buona strategia, più diffusa e perseguita soprattutto tra gli uomini (37,2% vs. 26,2% tra le donne) mentre le donne scelgono tutti gli altri “strumenti”. Per tutti ci sono adeguate ed efficaci misure cautelative da adottare, prioritarie soprattutto per i più fragili, con la consapevolezza di doversi preparare da qui e per il futuro ad affrontare stagioni più lunghe di caldo anomalo, mettendo in atto comportamenti con le giuste accortezze che tengano conto delle esigenze legate all’età, dello stato di salute personale e attuale e così via. Pertanto anche a fine estate, dove sbalzi climatici o eventi anomali sono stati molto frequenti, «i più vulnerabili dovrebbero continuare a cercare ambienti freschi e ombreggiati – raccomanda e conclude Cricelli – prestando particolare attenzione all’alimentazione e all’idratazione. Così come al sonno: è importante mantenere una routine regolare, creare un ambiente confortevole e rilassante nella camera da letto e adottare abitudini sane prima di coricarsi.
Altro aspetto da non trascurare è l’attenzione ai farmaci assunti, consultando il medico per ottenere indicazioni specifiche su come gestire le terapie in relazione alle variazioni climatiche. Siamo esseri, così come tutte le altre specie viventi, intrinsecamente predisposti ad adattarci ai cambiamenti nell’ambiente circostante, sebbene ogni stimolo esterno susciti una reazione organica. Pertanto esistono limiti alla nostra capacità di adattamento e per quanto sia possibile vivere in ambienti estremi, come quelli polari o equatoriali, vi è un punto “di svolta” oltre il quale si perde il controllo. È cruciale, dunque, lavorare sulle circostanze ambientali per impedire il superamento di tali limiti e per aiutare il nostro organismo a gestirle». Dunque a vivere in salute, nonostante le avversità ambientali.
di Francesca Morelli