Il melanoma non aspetta, soprattutto con l’esposizione al sole non adeguatamente protetta. Servono più campagne di prevenzione continuative nel tempo, come avviene contro il tabagismo, rivolte ad adulti, giovani e bambini, per diffondere la cultura della protezione della propria pelle e dei rischi che si corrono. Ma anche per sensibilizzare gli specialisti di area non dermatologica sulla necessità di intercettare possibili anomalie nella cute: dai ginecologi agli urologi fino agli oculisti, per scovare i melanomi che possono annidarsi nel fondo dell’occhio. Senza tralasciare quanti operano sul corpo delle persone come estetisti e parrucchieri.
E poi ancora, istituzionalizzazione degli inviti a sottoporsi a visite dermatologiche periodiche per le persone con diagnosi di melanoma con cadenza stabilita in base alla storia clinica e ad alcuni fattori specifici quali il fototipo. Ma anche, sempre per le persone che hanno già avuto un melanoma, considerare la possibilità di esenzione o di detrazione fiscale per l’acquisto di creme solari protettive. Infine, un giro di vite nell’uso dei lettini abbronzanti che vanno etichettati come cancerogeni, quindi con obbligo di richiesta del consenso informato per quanti li utilizzano.
Sono queste alcune delle richieste che si vorrebbero porre alle istituzioni da parte delle Associazioni di Pazienti che hanno aderito al progetto “SUNrise: facciamo luce sul melanoma” promosso da IMI (Intergruppo Melanoma Italiano) con il supporto di Pierre Fabre Pharma. Obiettivo: individuare e portare alle Istituzioni i bisogni dei pazienti e la possibile strada per poterli soddisfare.
«Il progetto vuole essere un cambio di paradigma degli obiettivi di prevenzione e di cura», spiega il professor Mario Mandalà, Presidente Intergruppo Melanoma Italiano (IMI), oncologo dell’Unità di Oncologia Medica Ospedale Santa Maria della Misericordia, Perugia. «Il punto di partenza non è lo studio scientifico, il dato derivato dai trials clinici, ma la percezione dei pazienti. Si parte e si arriva ai loro bisogni, alle loro richieste: il mondo del melanoma visto dal loro punto di vista è quello che più conta».
Otto le Associazioni rappresentative del panorama dei pazienti con melanoma sull’intero territorio italiano: Associazione Italiana Lotta al Melanoma “Amici di Gabriella Pomposelli”; AILMAG; A.I.Ma.Me; Associazione Melanoma Day; APaIM; Carolina Zani Melanoma Foundation; Comitato Emme Rouge Onlus; Insieme con il sole dentro; MiO.
In Italia, il melanoma rappresenta, sotto i 50 anni, il secondo tumore più frequente nei maschi e il terzo nelle femmine: si registrano quasi 13mila nuove diagnosi all’anno. È una delle neoplasie con un incremento di incidenza, anche nella popolazione giovane adulta, vale a dire sotto i 40 anni. Il rischio di insorgenza del tumore è legato a fattori genetici, fenotipici e ambientali. Ma sul banco degli imputati c’è principalmente l’esposizione eccessiva e non corretta al sole, alleato da un lato, ma anche possibile pericolo dall’altro, e ai raggi UV quindi anche quelli artificiali.
Quella dei pazienti con melanoma è spesso una strada tortuosa. Tra le maggiori criticità segnalate dalle Associazioni pazienti: le lunghe liste di attesa per le prime visite e per effettuare gli esami di controllo nelle strutture pubbliche che induce chi può permetterselo a rivolgersi al privato. L’assenza di team multidisciplinari nella maggior parte dei Centri. Un mancato supporto psicologico per pazienti e caregiver. Gap assistenziali tra le diverse Regioni che costringono i pazienti a lunghi e onerosi spostamenti per accedere alle terapie. E, ancora, un aiuto nella gestione della tossicità delle terapie farmacologiche.
Ecco le dieci richieste delle Associazioni Pazienti
- Campagne di prevenzione sul melanoma come realizzato nelle azioni contro il tabagismo, per radicare nella popolazione la cultura della corretta esposizione al sole;
- Istituzionalizzazione degli inviti a sottoporsi a visite dermatologiche periodiche per le persone con diagnosi di melanoma nella loro storia clinica;
- Omogeneità della qualità e tempistica delle prestazioni su tutto il territorio nazionale accorciando il gap assistenziale tra le diverse Regioni;
- Individuazione di nuovi centri specializzati per il melanoma e messa in rete tra centri hub e spoke;
- Presenza di équipe multidisciplinari nei Centri deputati al trattamento dei pazienti con melanoma incluso il supporto psicologico;
- Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali snelli e veloci, per poter dare risposte rapide alle persone con sospetta diagnosi di melanoma;
- Incentivazione di una formazione ad hoc sul melanoma nei percorsi di studio universitari, con particolare attenzione ai medici di medicina generale; necessità di fornire una formazione adeguata anche ai caregiver;
- Esenzione o detrazione fiscale per l’acquisto di creme solari da parte delle persone con diagnosi di melanoma nella loro storia clinica;
- Restrizioni sull’uso dei lettini abbronzanti etichettandoli come cancerogeni al pari delle sigarette e obbligando i centri solari alla richiesta del consenso informato;
- Prevedere, nei tavoli istituzionali e nel momento di avviare uno studio clinico, la presenza di Associazioni Pazienti.
di Paola Trombetta
DUE BIOMARCATORI POTREBBERO FORNIRE NUOVE RISPOSTE SULLA MALATTIA
Si chiamano Ambra1 e Loricrina: sono due biomarcatori su cui si concentra uno studio finanziato da Fondazione Humanitas per la Ricerca, i cui risultati potrebbero confermarne l’efficacia predittiva per forme di melanoma ad alto rischio in pazienti con malattia iniziale. Un “dato” importante considerando i numeri elevati del melanoma: 12.700 casi stimati nel 2023, secondo quanto riportato da “I numeri del cancro 2023” di AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), di cui 7 mila nuove diagnosi fra gli uomini e 5.700 fra le donne. Fondamentale è arrivare a intercettarlo prima: il melanoma è, infatti, tra i più aggressivi tumori della pelle. «La prognosi e la sopravvivenza del melanoma maligno – spiega il dottor Renato Parente, responsabile di Anatomia Patologica dell’ospedale Humanitas Gradenigo di Torino – dipendono fortemente dalla diagnosi precoce e dal trattamento. Attualmente per i melanomi in stadio iniziale (Stadio 1), i criteri prognostici e predittivi proposti dall’American Joint Committee on Cancer (AJCC), basati sulla caratterizzazione istologica del tumore attraverso l’individuazione del suo spessore e del grado di ulcerazione, non forniscono un’analisi completa, non consentono cioè di valutare pienamente il rischio di progressione della malattia che si verifica fino al 15% di melanomi ad apparente bassa malignità. Uno studio che stiamo conducendo potrebbe confermare l’affidabilità di due biomarcatori, chiamati Ambra1 e Loricrina, nel contribuire a categorizzare il melanoma ad alto rischio in pazienti con malattia a uno stadio iniziale». La diagnosi precoce “guida” anche la scelta e le opportunità dei trattamenti: per i pazienti potrebbe significare ricevere follow-up più adeguati e terapie più personalizzate, anche in fase cautelativa. «Ci auguriamo che i risultati dell’analisi dei due biomarcatori Ambra1 e Loricrina svolta su 140 campioni di pazienti – prosegue Parente – possano rappresentare una svolta per una più precisa stadiazione del melanoma e l’individuazione precoce di soggetti più a rischio, al fine di migliorare non solo l’esito clinico del tumore, ma anche di prevenire la progressione della malattia». Al momento la migliore misura di efficacia preventiva, resta la corretta esposizione al sole, non sempre messa adeguatamente in pratica, come invece gli esperti raccomandano, e la scelta del solare più adatto che non è solo un compagno “da spiaggia”. «Specialmente con l’arrivo dell’estate, ma anche durante tutto l’anno – sottolinea il dottor Michele Tiano, dermatologo presso Humanitas – la protezione solare non deve mai mancare, in borsa, zaino o valigia. Una buona protezione dai raggi solari aiuta, infatti, a rallentare i meccanismi di invecchiamento della pelle e a prevenire tumori cutanei. Le creme solari si distinguono innanzitutto per i filtri contenuti: filtri chimici o fisici. I primi “assorbono” le radiazioni UV convertendole in calore; mentre i filtri fisici agiscono come una barriera, riflettendo le radiazioni ultraviolette. Il fattore di protezione solare (SPF) difende dai raggi UVB ed ha un’indicazione numerica da 6 a 50+, a seconda della capacità di proteggere dai raggi ultravioletti. È raccomandato un fattore di protezione non inferiore a 30. La protezione 50+ è indicata invece per prevenire le forme tumorali in persone con pelle chiara o che svolgono attività invernali ad elevate altitudini». E in termine di quantità? Va applicata circa 2 milligrammi di crema per centimetro quadrato di pelle, 45 minuti prima dell’esposizione al sole e poi rispalmata ogni due ore: sudorazione, bagni e attività sportiva possono ridurre l’efficacia della protezione. Non ultimo è bene evitare l’uso di creme solari aperte da più di 12 mesi o scadute, poiché la loro efficacia diminuisce nel tempo.
Francesca Morelli