Il “viaggio nel futuro” dei trattamenti dei tumori del sangue continua a progredire con terapie sempre più innovative. Come le CAR-T (Chimeric Antigens Receptor T-Cells), ricavate dal prelievo dei linfociti T dei pazienti con tumori del sangue, che vengono poi “ingegnerizzati” in laboratorio e reinfusi negli stessi: rappresentano un approccio rivoluzionario e sono state utilizzate nei bambini, refrattari ad altri trattamenti. L’Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma (AIL) ha deciso di riprendere, da Milano, il “viaggio” di CAR-T – Il futuro è già qui, campagna itinerante e online nata nel 2021, per informare pazienti, familiari, caregiver, specialisti per migliorare la conoscenza, l’accesso e la gestione dei trattamenti, con uno sguardo alle esperienze cliniche, ai successi dei pazienti trattati e ai futuri ambiti di applicazione. L’edizione 2024 della campagna, realizzata con il sostegno non condizionante di Bristol Myers Squibb, Gilead Sciences e Johnson&Johnson, prevede una landing page dedicata all’interno del sito dell’AIL (www.ail.it) con tutte le più importanti informazioni e aggiornamenti relativi alle terapie CAR-T, insieme a una mappa dei Centri autorizzati alla somministrazione.
Dopo Milano la campagna approderà a Roma e Bologna, città che ospitano diversi Centri abilitati alla somministrazione di CAR-T. Le attività di informazione sono arricchite da un video-racconto, disponibile sulla landing page, nel quale Andrea Grignolio, Docente di Storia della Medicina e Bioetica dell’Università San Raffaele di Milano – CNR Ethics narra il percorso che ha portato a questo approccio rivoluzionario nel trattamento dei tumori.
«La prima edizione della campagna ha raggiunto 10 Regioni italiane con 11 tappe da nord a sud del Paese grazie al sostegno delle sezioni locali AIL», afferma Giuseppe Toro, Presidente Nazionale AIL. «Ma AIL è consapevole che il viaggio nel futuro delle CAR-T continua: da qui la decisione di proseguire con questa seconda edizione. Anche se rimangono ancora molte sfide da affrontare per la ricerca, per i clinici e alcuni interrogativi importanti a cui dare risposte, le CAR-T rappresentano più che una speranza concreta per quei pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali e il loro impiego sta ottenendo successi insperati fino a pochi anni fa in pazienti che non avevano più alcuna possibilità terapeutica. L’arrivo delle CAR-T in Italia è stato atteso per lungo tempo e quando finalmente queste terapie si sono rese disponibili hanno generato molte aspettative e domande. AIL ha subito avvertito la necessità di scendere in campo con una informazione chiara e corretta: è nata così la campagna “CAR-T – Destinazione futuro”, ideata con l’obiettivo di fare educazione su queste innovative terapie cellulari».
In Italia fino ad oggi sono stati trattati più di 1.400 pazienti, un numero consistente considerando che la prima somministrazione risale al 2019 e che per un lungo periodo solo un Centro presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è stato autorizzato ad effettuare questi trattamenti. Attualmente sono circa 30 i Centri abilitati sul territorio nazionale e, di questi, 10 in Lombardia.
«Già oggi il 50% circa delle leucemie linfoblastiche acute ed il 40% dei linfomi a grandi cellule B vengono guariti da questa terapia», dichiara Paolo Corradini, Direttore della Divisione di Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano, Cattedra di Ematologia, Università degli Studi di Milano e Presidente SIE-Società Italiana di Ematologia.«Le cellule CAR-T sono una delle strategie più innovative e promettenti per il trattamento delle patologie ematologiche refrattarie. Sono molti i dati derivanti dalla pratica clinica dei vari Centri nei diversi Paesi, che dimostrano come nel linfoma follicolare le CAR-T funzionano molto bene, e altrettanto nel mieloma multiplo. I dati di risposta e di sopravvivenza nelle malattie refrattarie fin qui raccolti sono molto incoraggianti, in particolare per la sopravvivenza a lungo termine. Le CAR-T dimostrano di funzionare laddove non funzionava più niente».
«Le terapie CAR-T hanno introdotto nel panorama dell’immunoterapia un approccio rivoluzionario, che prevede non più la “semplice” somministrazione di un farmaco, quanto piuttosto la proposta di un programma di trattamento in fasi sequenziali», spiega Piera Angelillo, Ematologa UO di Ematologia e Trapianto di Midollo, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. «I Centri autorizzati a somministrare CAR-T sono Unità specializzate in terapie cellulari e genetiche, con precisi percorsi che garantiscono la custodia ed identità del materiale, dalla sua raccolta alla reinfusione. Tali percorsi sono garantiti da complessi processi di accreditamento del Centro sia a livello extra nazionale che regionale».
L’infusione di cellule CAR-T, per un paziente che ha vissuto periodi di cura lunghi e infruttuosi, riaccende la speranza, ma ad essa si associa la paura delle imprevedibili percentuali di successo o per il possibile fallimento anche di quest’ultimo tentativo di cura. Il supporto psicologico, la presenza costante degli specialisti e degli infermieri, l’accoglienza nelle Case alloggio AIL, sono elementi indispensabili per aiutare i pazienti onco-ematologici prima, durante e dopo aver ricevuto la terapia CAR-T, come conferma una ricerca realizzata con il supporto di Gilead e AIL Milano.
«La ricerca, basata su interviste a 12 pazienti e 7 caregiver, ha indagato i principali bisogni dei pazienti onco-ematologici sottoposti a Car-T e dei loro caregiver», spiega Sara Alfieri, ricercatrice Psicologia Clinica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Emergono come prioritari i bisogni “esistenziali”, legati alla vita e alla sopravvivenza, nella speranza che questa ennesima linea di terapia andrà bene. Seguono i bisogni legati all’assistenza per cui i pazienti desiderano il miglioramento dei servizi di base (supporto psicologico, visite e controlli vicini alla propria residenza) e il sostegno del mondo delle associazioni per migliorare la vita di tutti i giorni. È forte e predominante il bisogno di non sentirsi abbandonati».
L’utilizzo delle CAR-T nella leucemia linfoblastica pediatrica
Ricerca, speranza, futuro: sono queste le parole chiave della terapia con CAR-T cells che sta dando un avvenire anche ai tanti bambini affetti da tumori del sangue, talvolta refrattari ad altre terapie, come nel caso della leucemia linfoblastica acuta.
Per saperne di più, abbiamo intervistato Adriana Balduzzi, Direttore della Pediatria, Fondazione IRCCS San Gerardo, Monza e Professore di Pediatria, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università Milano-Bicocca.
Quali sono le malattie del sangue più frequenti nei bambini?
«La più diffusa è la leucemia linfoblastica acuta, che rappresenta il 30% delle neoplasie pediatriche: l’85% di queste sono di linea B, per le quali è oggi disponibile l’unico prodotto commerciale riconosciuto in pediatria, con cellule CAR-T. L’utilizzo di questa terapia avviene ora in sei Centri di Ematologia pediatrica, in particolare negli ospedali di Roma (Bambino Gesù) e Monza (San Gerardo), dove sono trattati complessivamente 150 bambini. Funziona nell’85% dei casi inducendo remissione della malattia. Il prodotto però può non persiste per così tanto tempo da “guarire” il paziente, solo con l’utilizzo delle CAR-T. Più della metà di questi pazienti richiedono però uno step successivo che è in genere il trapianto di midollo osseo».
Come vengono prodotte le CAR-T utilizzate nei bambini?
«Il prodotto commerciale in uso è autologo: vengono prelevate cellule (linfociti T) dal paziente stesso, ingegnerizzate in appositi laboratori, per alcune settimane e poi vengono reinfuse nel bambino. Nel nostro centro di Monza utilizziamo anche un prodotto allogenico, in bambini che hanno già avuto un trapianto, e che viene ricavato da un prelievo di sangue del donatore».
Come agiscono le CAR-T nei bambini? C’è una risposta differente rispetto agli adulti?
«Funzionano allo stesso modo. Negli adulti sono pochi i pazienti che le utilizzano per la leucemia linfoblastica acuta, mentre la maggior parte di loro sono affetti da linfoma. Ora siamo in una fase di utilizzo in pazienti con malattie avanzate refrattarie, quindi talora con quota di malattia elevata al momento dell’infusione, che condiziona maggiore rischio di complicanze, ma speriamo di poterle usare anche in fasi sempre più precoci, in particolare nei pazienti ad altissimo rischio e/o fragili, che tollerano male le terapie convenzionali».
Si potranno utilizzare nel futuro le CAR-T anche per altre patologie?
«Sono già state trattate leucemie di linea T, neuroblastoma e malattie autoimmuni all’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma».
di Paola Trombetta