Procreazione Medicalmente Assistita: sarà gratuita in tutte le Regioni

Nel mese di gennaio è stato raggiunto un importante traguardo per le coppie infertili: tra le prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale dovrà erogare, ci sarà anche la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), omologa ed eterologa. Sono stati finalmente emanati i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), secondo cui le cure e le prestazioni per la PMA saranno garantite dal SSN in tutto il territorio italiano, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket (determinato dalle singole Regioni). Dopo 20 anni dalla Legge 40 che l’ha introdotta, la PMA finalmente fa il suo ingresso nei LEA. Il nuovo provvedimento genera in questo modo uno stato di uniformità su tutto il territorio italiano per quanto riguarda le prestazioni necessarie nelle diverse fasi della fecondazione assistita. Quando i LEA entreranno effettivamente in vigore, le molte coppie infertili, che finora hanno dovuto affrontare spese importanti, potranno usufruire del supporto economico del Servizio Sanitario Nazionale: sarà possibile infatti accede alle tecniche di fecondazione assistita, sia di tipo omologo che eterologo, senza più necessariamente fare ricorso a centri privati e molto costosi. L’eterologa, in particolare, sarà erogata dietro il pagamento di un ticket, un cambiamento molto importante: finora, infatti, il servizio pubblico offriva questa prestazione soltanto in tre Regioni (Toscana, Emilia Romagna e Friuli).

Sono 80 mila le coppie che affrontano la PMA in un anno e molte di più quelle scartate prima di arrivare agli oltre 100 mila cicli di trattamento. L’età massima della donna è di 46 anni e non più di sei il numero dei tentativi che possono essere affrontati. Nel 2022 nel nostro Paese sono nati ben 16.718 bambini grazie alla Procreazione assistita, cioè il 4,2% del totale. Da oggi le coppie potranno esigere la prestazione dalle loro Regioni, versando solo un ticket (varierà secondo i trattamenti da 100 a 300 euro). Fino ad ora molti dovevano pagare di tasca propria, con tariffe dai 5 mila euro in su, a meno che vivessero in una Regione che aveva deciso di rimborsare la PMA. Tantissime coppie, inoltre, erano costrette a spostarsi per fare i trattamenti, perché nella loro Regione, che magari copriva le spese, non c’erano centri pubblici disponibili. L’ingresso delle tecniche di PMA nei LEA obbliga quindi le Regioni ad attivare nuovi servizi. Qualcuna, come la Puglia, pagherà il conto anche per chi si rivolgerà ai centri privati, mentre organizza i centri pubblici. «Nel Lazio – spiega Luca Mencaglia che coordina la rete PMA – stiamo avviando 5 centri pubblici e coinvolgeremo le strutture private, per poter accogliere anche chi arriva da fuori Lazio».

Fino ad oggi, circa il 30% dei cicli era costituito da coppie che cambiavano Regione. «Ora – puntualizza Mencaglia – i cittadini che si sposteranno aumenteranno, visto che le Regioni dovranno rimborsare il trattamento anche se eseguito altrove. Il numero generale dei cicli, inoltre, aumenterà perché chi non poteva permetterseli d’ora in poi avrà la copertura del servizio sanitario nazionale».

di Paola Trombetta

Un nuovo protocollo nella stimolazione ormonale

Anche il protocollo farmacologico per la PMA si evolve e diventa meno invasivo, con l’innovazione nella stimolazione ormonale: fino al doppio degli ovociti con 12 iniezioni in meno e risultati ottimali in un unico ciclo ovarico. La “doppia stimolazione”, già in uso nei centri specializzati più all’avanguardia, beneficia oggi di un’evoluzione, frutto di studi scientifici effettuati in Italia.
La doppia stimolazione in un singolo ciclo ovarico perfezionata dal gruppo Genera, mira, come le stimolazioni ormonali standard, alla crescita follicolare multipla. E cioè a far sviluppare e maturare tutti i follicoli messi a disposizione dall’ovaio, e non solamente uno, come avviene nei normali cicli mestruali, in modo da poter prelevare più ovociti da utilizzare poi per la fecondazione in vitro. Al contrario dei percorsi classici, si procede con due stimolazioni farmacologiche nel corso di un unico ciclo ovarico, per aumentare fino a raddoppiare ovociti prelevati e ottimizzare così il risultato finale, sia in termini di tempo che, naturalmente, di chance di gravidanza.

Un nuovo studio pubblicato sul “Journal of Assisted Reproduction and Genetics”, dimostra come questo innovativo protocollo possa essere reso ancora più efficiente e meno invasivo, attraverso l’utilizzo mirato di farmaci che consentono di ridurre di 12 iniezioni sottocute tutta la stimolazione.
«Il gruppo di studio era formato da 444 coppie trattate presso la nostra clinica», spiega Alberto Vaiarelli, ginecologo e responsabile medico-scientifico del centro Genera di Roma. «Abbiamo effettuato la doppia stimolazione ormonale integrando l’utilizzo di farmaci progestinici orali, che consentono grazie alla somministrazione per bocca di ridurre al minimo il numero di iniezioni sottocutanee e semplificano il monitoraggio ecografico durante il trattamento, nonché abbassandone il costo che è ancora a carico dei pazienti. I risultati ci confermano che il protocollo che abbiamo denominato DuoFiv+ è un’opzione efficace, semplificata e molto valida per le pazienti, soprattutto di età avanzata e con ridotta riserva ovarica, che effettuano la diagnosi genetica pre-impianto o che preservano la fertilità, e in generale hanno la necessità di ottimizzare i tempi del loro percorso verso la gravidanza».

Per quanto riguarda il tema della sicurezza e il timore di effetti collaterali, Vaiarelli specifica: «Oggi il rischio di iperstimolazione ovarica, anche per questi nuovi protocolli, è ridotto a una percentuale veramente minima, grazie all’utilizzo di farmaci personalizzati secondo il profilo della singola paziente. Inoltre eseguire due stimolazioni ormonali intervallate da due o più mesi (come nei protocolli standard) o ravvicinate (come con il nuovo percorso che abbiamo messo a punto) non presenta nessuna differenza in termine di rischi di complicanze, perché il nuovo protocollo è studiato per migliorare il comfort delle pazienti, offrendo un percorso più rapido ed efficace verso la gravidanza».   P.T.

Congelamento degli ovociti: una pratica sempre più diffusa

Negli ultimi anni, il congelamento degli ovociti è diventato sempre più diffuso, sia per ragioni mediche sia sociali, registrando un incremento significativo. La crioconservazione degli ovociti non è solo un fenomeno quantitativo, ma anche qualitativo, con una crescente attenzione alle variabili legate all’età. Gli esperti raccomandano di considerare questa opzione prima dei 35 anni, quando la qualità e la quantità degli ovuli sono generalmente migliori. Dopo questa soglia, la riserva ovarica inizia a diminuire significativamente, influenzando la probabilità di concepimento. Le motivazioni alla base del congelamento degli ovuli sono molteplici e possono essere suddivise in due categorie: mediche e sociali. Quelle mediche includono la necessità di preservare la fertilità prima di trattamenti oncologici (come chemioterapia o radioterapia); condizioni cliniche che incidono negativamente sulla fertilità (per esempio rischio di menopausa precoce, endometriosi, malattie genetiche o cromosomiche); interventi chirurgici che potrebbero compromettere la funzione ovarica. Sul fronte sociale, molte donne scelgono di congelare i propri ovuli per motivi legati alla carriera, alla mancanza di un partner o semplicemente per posticipare la maternità a un momento più favorevole della propria vita.

Come avviene il processo di congelamento degli ovociti?
«E’ un processo che dura circa due settimane considerando tutte le sue fasi», spiega la ginecologa Elisabetta Colonese, esperta in Procreazione Medicalmente Assistita e presente sulla piattaforma Doctolib.it. «Prima di cominciare gli specialisti valutano lo stato di salute generale attraverso l’esecuzione di esami del sangue di routine e ormonali tra cui AMH, FSH, TSHR e PRL, di un’ecografia per la conta dei follicoli e valutano così la riserva ovarica, pianificando il protocollo di stimolazione. Vengono anche richiesti esami come l’elettrocardiogramma e il tampone vaginale completo, oltre che l’ecografia mammaria bilaterale. Il primo passaggio vero e proprio è la stimolazione ovarica attraverso una cura ormonale che spinge le ovaie a produrre più ovuli. Uno degli ormoni utilizzati è l’agonista dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH). Durante questa fase vengono effettuate anche delle ecografie circa ogni 48 ore per valutare la risposta delle ovaie. Una volta cresciuti i follicoli, gli ovuli vengono prelevati tramite una procedura chirurgica ambulatoriale, un prelievo transvaginale sotto guida ecografica mentre la donna è in stato di sedazione. Si tratta di un intervento piuttosto semplice, ma non privo di rischi, che dura circa 15 minuti e non richiede ospedalizzazione. Dopo la procedura si potrà tornare a casa dove è consigliabile evitare sforzi. Gli ovociti prelevati vengono immediatamente congelati in azoto liquido, garantendone una conservazione ottimale. Il procedimento più utilizzato è la vitrificazione: un metodo ultrarapido di congelamento che evita la formazione di cristalli di ghiaccio, che possono danneggiare le delicate strutture cellulari dell’ovulo, e questo ha migliorato i tassi di sopravvivenza al momento dello scongelamento».

di Paola Trombetta

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