Maculopatie: una nuova opportunità terapeutica

«Per noi malati avere la maculopatia è una tragedia. A volte diventa difficile persino leggere un libro, vedere la televisione, attraversare la strada, guidare l’auto. E poi c’è sempre la paura che ti assilla di poter diventare ciechi. Ti svegli al mattino e non sai come e cosa potrai vedere in quella giornata. E speri sempre che la malattia si stabilizzi e non peggiori. A me è capitato di svegliarmi una mattina e non riuscire a vedere più nulla in modo nitido. Avevo 47 anni e una professione nell’ambito biomedicale a cui mai avrei voluto rinunciare. Oggi ho 56 anni e sul lavoro ho avuto diversi problemi. Anche le terapie sono state impegnative: ogni anno devo sottopormi a 12 iniezioni intravitreali, parecchio fastidiose e dolorose. Per fortuna la medicina ha fatto progressi e forse ora basteranno tre iniezioni all’anno per tenere controllata la malattia, che nel mio caso è stata associata al diabete e rientra tra le forme di maculopatie diabetiche (edema maculare diabetico-DME)». La testimonianza del dottor Massimo Ligustro, 56 anni, genovese e Presidente del Comitato Macula (www.comitatomacula.it) si propone di aiutare e supportare le persone che come lui soffrono di questo grave disturbo che impedisce di vedere in modo nitido le cose, essendo la macula la parte centrale della retina dove si concentra la visione degli oggetti. «Spesso alla nostra associazione arrivano persone cha hanno già perso la capacità visiva magari di un occhio e compensano con l’altro. Purtroppo non sempre viene diagnosticata in tempo e soprattutto curata con farmaci specifici. Per questo siamo impegnati a sensibilizzare gli specialisti e le istituzioni a mettere a disposizione farmaci mirati, che vengano rimborsati dal Sistema Sanitario in tutte le Regioni. E cerchiamo di aiutare le persone a rivolgersi agli specialisti per avere una diagnosi precoce e non ridursi a perdere la vista a causa di un ritardo diagnostico o di utilizzo di farmaci poco efficaci. Molti confondono la malattia con la cataratta o una miopia e non conoscono neppure l’esistenza della maculopatia. Noi vogliamo aiutare tutti ad approfondire la conoscenza della malattia e soprattutto a non sentirsi sole ad affrontarla».

In questo impegno Massimo è affiancato dalla moglie Ester: una vita e un lavoro in coppia nell’associazione dove si occupa del Call-center. «Rispondo in prima persona ai malati che mi parlano dei loro disturbi visivi e mi chiedono informazioni sulla malattia, di cui magari non osano parlare al medico. Spesso anche la persona accanto al malato, il caregiver, non si accorge della gravità della malattia. Chi soffre di maculopatia sembra una persona in salute, ma il familiare non si rende conto delle problematiche che la vista può comportare. Un tempo era una malattia che colpiva le persone oltre i 70 anni: oggi l’età si è abbassata anche ai 50enni. Colpisce entrambi i sessi, ma abbiano visto che, mentre le donne careviger supportano i mariti malati, al contrario i partner di donne giovani con maculopatia, non accettano questa condizione e non sono infrequenti le coppie che si separano, perché la persona con maculopatia magari non è più in grado di viaggiare, di condurre una vita normale e, in alcuni casi, rischia anche di perdere il lavoro. È una malattia difficile da diagnosticare: non basta la visita dall’ottico, perché occorre l’esame del fondo oculare che solo un oculista è in grado di eseguire. Come associazione disponiamo di una OCT (Tomografia Ottica Computerizzata) per fare screening gratuiti nelle piazze, nei teatri, nei luoghi pubblici: siamo stati persino nelle carceri. La malattia non rientra ancora nei LEA e le visite e le terapie sono totalmente a carico del paziente, tranne i farmaci ad uso ospedaliero, come le iniezioni intravitreali che per fortuna oggi, con una nuova formulazione da poco in commercio, potrebbero ridursi da 12 a 3 o 4 all’anno».

In Italia i pazienti affetti da maculopatie sono oltre 1 milione. Il 2025 si profila come un anno di opportunità che potrebbero ridefinire radicalmente il trattamento di queste patologie. L’introduzione di aflibercept 8 mg, una nuova formulazione recentemente adottata anche nel nostro Paese, rappresenta un progresso nella cura della degenerazione maculare neovascolare (nAMD) e dell’edema maculare diabetico (DME).

«Questo innovativo trattamento apre prospettive inedite per una gestione più efficace e prolungata di queste gravi patologie oculari, offrendo speranze concrete di migliorare la qualità della vita dei pazienti», conferma il professor Francesco Bandello, Ordinario di Oftalmologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Oftalmologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Direttore dell’Unità di Oculistica dell’Ospedale San Raffaele. «I dati scientifici più recenti confermano risultati sempre più incoraggianti, con benefici duraturi nel tempo. Questo farmaco è in grado di sciogliere quelle sostanze che si formano all’interno dell’occhio, soprattutto nella macula, la parte centrale della retina, e ne provocano l’offuscamento. Gli studi più recenti evidenziano come aflibercept 8 mg garantisca un controllo rapido e prolungato dei fluidi retinici, accompagnato da miglioramenti visivi significativi che consentono, così, di estendere gli intervalli di somministrazione, sia nella degenerazione maculare neovascolare (nAMD), sia nell’edema maculare diabetico (DME)».

«I risultati a tre anni dello Studio PULSAR in pazienti con nAMD mostrano un miglioramento dell’acuità visiva e un efficace controllo dei fluidi retinici con aflibercept 8 mg», conferma il Professor Paolo Lanzetta, Ordinario di Oftalmologia all’Università degli Studi di Udine e Direttore della Clinica Oculistica della stessa Università. «Al termine del triennio, una percentuale significativa di pazienti trattati con aflibercept 8 mg ha raggiunto un intervallo di somministrazione finale di almeno 3 mesi. Intervallo che è salito a 5 mesi nel 40% dei pazienti e a 6 mesi nel 24%. Sempre in questo lasso di tempo sono state mantenute le riduzioni dello spessore medio della retina centrale, rispetto ai valori iniziali. L’efficacia è rimasta stabile a tre anni, rispetto al punto di partenza dello studio. I dati a lungo termine mostrano, quindi, che nei pazienti affetti da nAMD, aflibercept 8 mg, con 3/4 iniezioni intravitreali all’anno mantiene un’efficacia e una sicurezza costanti, comparabili a quelle dell’attuale standard di cura con aflibercept 2 mg in 12 somministrazioni annue».

Passando all’edema maculare diabetico, i dati a tre anni dello Studio PHOTON hanno ulteriormente confermato l’efficacia di aflibercept 8 mg nel trattamento del DME, consolidando il suo ruolo nella gestione della patologia e mostrando benefici visivi e anatomici nel lungo termine:

«Il 45% dei pazienti arruolati nello Studio PHOTON ha raggiunto intervalli di somministrazione superiori ai 5 mesi e il 25% ha completato il trattamento con somministrazioni ogni 6 mesi», conclude il Professor Lanzetta. «Un aspetto particolarmente rilevante riguarda il rallentamento della ricomparsa del fluido retinico nei pazienti dopo la prima dose di aflibercept 8 mg, rispetto a quelli trattati con la dose da 2 mg».

Se consideriamo la sola nAMD, secondo uno studio di ALTEMS – Università Cattolica del Sacro Cuore, lo scenario attuale è associato a un costo complessivo per singolo paziente pari a oltre 60 mila euro, dove i costi sociali (spese pensionistiche e indennità) rappresentano una percentuale rilevante (67,83%) e il trattamento farmacologico equivale al 16,58% della spesa complessiva. Un recente studio condotto nei Paesi Bassi ha analizzato i costi di trattamento per la Degenerazione Maculare Legata all’Età (AMD), confrontando l’uso di aflibercept nelle dosi da 2 mg e 8 mg. I risultati indicano che il passaggio a un regime terapeutico con minori somministrazioni potrebbe portare a una riduzione dei costi su un orizzonte temporale di 3 anni. Questa riduzione deriverebbe, in parte, dal minor numero di iniezioni necessarie e dalla conseguente diminuzione dei costi di somministrazione del farmaco.

«In un sistema sanitario, la sostenibilità deve essere valutata in modo ampio, considerando non solo i costi diretti, ma anche gli effetti sui percorsi dei pazienti e l’impatto delle terapie», precisa il Professor Bandello. «L’economia aiuta a confrontare le alternative terapeutiche, analizzando costi, benefici e effetti organizzativi, come la riduzione degli accessi ospedalieri, le spese evitate e gli impatti su pazienti e famiglie con terapie avanzate. È fondamentale raccogliere dati completi sugli oneri di patologia, considerando anche le spese sociali, la perdita di produttività e gli ostacoli lavorativi del paziente. Aumentare l’aderenza e migliorare l’efficacia del trattamento consente di rendere le risorse più efficienti, soprattutto a lungo termine, con effetti positivi sulla salute dei pazienti e sull’intero sistema sanitario».

Completa questo quadro il recente lancio in Italia di OcuClick™, una siringa pre-riempita per la somministrazione di aflibercept 8 mg, progettata per semplificare e ottimizzare ulteriormente la gestione terapeutica di queste importanti condizioni oculari. La portata di aflibercept 8 mg è stata sintetizzata in un codice numerico: 3 – 5 – 8. Ovvero, 3 dosi di carico iniziali per il trattamento della nAMD e del DME, con un profilo di sicurezza paragonabile a quello di aflibercept 2 mg; intervalli di somministrazione prolungati fino a 5 mesi, con un totale di sole 8 iniezioni intravitreali in 2 anni, offrendo un approccio più sostenibile e innovativo per i pazienti e i medici. L’impatto positivo di questo approccio non si limita a garantire un’efficace gestione della malattia, ma migliora significativamente la qualità della vita dei pazienti e dei loro caregiver. La riduzione del numero di iniezioni necessarie favorisce, poi, una maggiore aderenza terapeutica e contribuisce ad alleggerire il carico sul sistema sanitario. Al momento aflibercept 8 mg è approvato nell’Unione Europea per intervalli di trattamento fino a 5 mesi.

di Paola Trombetta

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