Nell’imminenza di una ricorrenza come quella di San Valentino, non mancano alcuni partner che provano una forte sensazione di esclusione. È quanto riferiscono le donne che vivono con uomini affetti da disfunzione erettile e decidono di affrontate la problematica senza condividere “nella coppia” il peso emotivo. Lo rileva la seconda fase del progetto “Occupiamoci di uomini: la salute sessuale maschile, fra tabù e disinformazione” condotto dall’Università di Pavia, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, e SIAMS (Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità), che dopo aver valutato le criticità della disfunzione erettile (DE), analizza il percepito in specifici gruppi di popolazione: le partner femminili, maschi tra 51-60 anni e i tra 40-50 anni, giovani tra 20 e 30 anni, uomini con orientamento omosessuale. Considerando che la DE è un sintomo, non una malattia e pertanto spia di una problematica che potrebbe andare ricercata altrove, ad esempio in un sospetto di malattia cardiovascolare, diabete, disfunzioni metaboliche, patologie neurologiche, obesità e sovrappeso in cui sono implicati specifici fattori di rischio, quali i geni e l’età, come anche gli stili di vita (il fumo e l’alimentazione troppo grassa e calorica) che incidono sul sistema vascolare, resta in generale un “tabù”, da sottacere. Pena il discredito della mascolinità che, agli occhi della donna, mina la relazione, non solo intima, se il partner vive questa condizione con un fattore personale. «La salute sessuale maschile – spiega Rossella Nappi, professore Ordinario di Ostetricia e Ginecologia all’Università degli Studi di Pavia, responsabile della SSD Ostetricia e Ginecologia 2 dell’IRCCS Policlinico San Matteo e presidente AGUI (Associazione dei Ginecologi Universitari Italiani) commentando i risultati della prima parte dell’indagine – non è appannaggio solo dell’uomo. I partner possono avere due ruoli opposti: vivere il percorso attivamente coinvolti o passivamente, subendo le conseguenze di questa patologia, come di altre che riguardano la sfera intima, diventando degli amplificatori dello stress.
Ciò che fa la differenza nell’affrontare queste situazioni è la qualità della relazione: da ginecologa, più vicina alla sessualità femminile, mi piace pensare alla partner come una risorsa e non come un ostacolo nella vita e nella relazione di coppia, in cui uomo-donna devono essere alleati nel percorso di cura e nella relazione. Quanto più questa è paritetica, tanto più la mascolinità perde quell’impronta scorretta, deviata e tossica che oggi affligge ancora gli uomini nella nostra società e li porta a non voler chiedere aiuto, soprattutto per problemi come la DE o l’eiaculazione precoce. In questo contesto le partner possono essere “combustibili” positivi per avvicinare alla prevenzione e alla cura di questa problematica o di altre che incidono sulla sessualità, proprio per le caratteristiche specifiche delle donne propense a discutere anche di questioni intime con il ginecologo, comprendendo maggiormente il ruolo, le responsabilità individuali e di coppia nell’insorgenza dei sintomi sessuali». Commento che accredita, oggi a pieno titolo, i sentimenti delle intervistate: «Le giovani partner, in particolare – precisa Flavio Antonio Ceravolo, professor Associato di Sociologia e Direttore del progetto di ricerca – non comprendono perché si eviti di affrontare la questione, percependo questa mancanza di condivisione come una perdita di fiducia e complicità nel rapporto. In merito alla sessualità, si evidenzia un riconoscimento fondamentale nella coppia, sebbene non sia sempre correlato a legami stabili e profondi, e in cui la performance sessuale può avere un peso diverso, più o meno rilevante, a seconda delle circostanze. Tuttavia, quando si verifica una mancata discussione su questo tema, il problema diventa serio, interpretato in molti casi come un segnale di distanza emotiva tra i partner. Infine, emerge dalle donne di partner con DE l’importanza del contesto culturale e delle aspettative di genere: si interrogano sul loro ruolo nella creazione di queste attese e come queste possano evolvere in una società in cambiamento. È cruciale, pertanto, affrontare apertamente la sessualità come strumento di relazione, promuovendo un cambio di passo a livello personale, culturale e sociale. Questa apertura è fondamentale per superare le barriere e facilitare una comunicazione più sincera e profonda all’interno della coppia, contribuendo così a una maggiore comprensione e supporto reciproco».
Il dialogo paritetico e il confronto con il partner sono dunque “terapeutici”: rappresentano un importante elemento di avvicinamento alla scelta di rivolgersi al medico. Basti pensare al differente approccio femminile alla prevenzione e alla cura: già dal menarca sono le madri ad accompagnare le figlie alle visite con il ginecologo, figura che rimane una costante in tutto il percorso di vita delle donne, dove i medici di base conoscono molto più da vicino la sfera psicologica e medica della relazione fra la paziente in carico e lo specialista ginecologo perché gli incontri sono più regolari, al netto di controlli e accertamenti diagnostici anche al seno: un altro “sorvegliato speciale” da cui si attiva una massiccia attività di prevenzione femminile. «Occorre dunque riconoscere alle donne – asserisce Ceravolo – un ruolo nella creazione e trasformazione delle aspettative di genere e sessualità e il dialogo sulla sessualità uno strumento che fortifica la relazione. La donna può contribuire efficacemente e creare un ambiente aperto e non giudicante, in cui gli uomini si sentano a proprio agio nel discutere di problemi sessuali senza vergogna o timore, può promuovere una maggiore consapevolezza sui problemi di salute sessuale maschile, come la DE e l’eiaculazione precoce, aiutando a combattere i tabù che ancora esistono e resistono, può incoraggiare gli uomini a consultare professionisti esperti, come medici e terapisti, affrontare il problema in modo efficace e mirato». Diversamente il rischio è che le situazioni di frustrazione ed esclusione sociale diventino atteggiamenti di rifiuto dell’altro/a, allontanando la coppia. Quali strategie attuare? A conclusione della seconda fase dell’indagine si profila la rinnovata necessità di intervenire sulla comunità medica con modelli di formazione specifica e di prendere in carico il cambiamento culturale con le nuove generazioni, sfruttando le occasioni di dialogo aperto e più inclini, specie nelle fasce generazionali più giovani, a rompere i tabù.
di Francesca Morelli
L’atteggiamento dei giovani verso la sessualità
Non prendono in considerazione la possibilità di soffrire di disturbi sessuali, come la DE, ma i giovani tra 20 e 30 anni, rispetto agli altri focus considerati, si dimostrano più aperti al confronto e meno intimoriti dal gruppo. A parole, si dicono pronti a confrontarsi con un medico nel momento in cui dovesse insorgere l’esigenza e mostrano maggiore libertà nel raccontarsi e descrivere il proprio orientamento sessuale: complice forse il livello di istruzione e culturale elevato. Si evidenziano tuttavia due aspetti degni di nota: la DE, nonostante la sua serietà, viene talvolta trattata con toni sardonici, probabilmente una forma di difesa, che nel tentativo di sdrammatizzare il contesto, rischia di sminuire la gravità del problema e di ritardare l’approccio terapeutico adeguato. Il secondo aspetto si lega alla sfera dell’educazione sessuale e allo sviluppo psicologico dei giovani: un fenomeno emerso è, infatti, la pubertà precoce, influenzata dall’esposizione a contenuti sessuali e affettivi attraverso i media e i canali digitali, che non solo accelerano lo sviluppo cerebrale, ma anticipano anche l’ingresso in questa fase della vita, pertanto con un ruolo determinante nel modellare la crescita psicologica e sessuale dei più giovani, con effetti che potrebbero risultare negativi se non monitorati adeguatamente. «Un’educazione sessuale mirata alle fasce giovanili e un’attenta sorveglianza degli strumenti digitali cui accedono i ragazzi – conclude il professor Ceravolo – sono gli strumento per evitare che l’esposizione precoce a contenuti sessuali possa compromettere il loro sviluppo equilibrato come anche influire sul modo in cui le future generazioni affronteranno i temi della sessualità, della salute e delle relazioni affettive». F.M.