Tumori urologici: colpite ogni anno in Italia diecimila donne

I tumori genitourinari non sono un problema solo maschile: ogni anno in Italia si registrano infatti oltre 10 mila donne con questa patologia. Sono più di 3.600 i decessi tra le donne, mentre migliorano i tassi di sopravvivenza a cinque anni che si attestano a oltre 70%.
Come per gli uomini, anche nelle neoplasie genitourinarie femminili bisogna riuscire a personalizzare le terapie e, più in generale, l’assistenza. È quanto ha sottolineato la Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) in occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro (World Cancer Day) del 4 febbraio. Il claim dell’evento internazionale quest’anno è #UnitedByUnique. «Dietro a ogni diagnosi di cancro c’è una storia umana unica e quindi l’approccio alla malattia deve essere incentrato interamente sulla singola persona», sottolinea Sergio Bracarda, Presidente Nazionale della SIUrO. «Dobbiamo integrare le necessità e le specificità di ciascuna persona e attivare un sistema di cure personalizzate. Questo principio è particolarmente valido quando dobbiamo assistere le pazienti colpite da tumore del rene o della vescica. Sono malattie che interessano anche le donne, pur con un’incidenza minore rispetto agli uomini. I trattamenti uro-oncologici sono tendenzialmente rispettosi dell’organismo femminile: tuttavia possono causare alcuni effetti collaterali a livello genito-urinario. I più frequenti e temuti sono atrofia vulvo-vaginale, incontinenza, minzione, cistiti o altre infezioni ricorrenti. Possono essere affrontanti e risolti, ma per farlo serve un dialogo costante tra medici specialisti, pazienti e caregiver che insieme possono trovare soluzioni appropriate».

«Anche la selezione delle terapie deve tenere conto delle caratteristiche cliniche, ma anche umane del singolo paziente», aggiunge Rolando Maria D’Angelillo, Presidente Incoming di SIUrO. «Sono molteplici i trattamenti disponibili per i tumori della prostata, del rene, della vescica, del testicolo e del pene. Chirurgia, chemioterapia, radioterapia, terapie biologiche e immunoterapia possono essere utilizzate singolarmente oppure in combinazione in base alle esigenze. In totale ammontano a oltre 1 milione gli uomini e le donne che nel nostro Paese vivono con una precedente diagnosi di carcinoma urologico. Rappresentano circa un terzo di tutti i pazienti oncologici italiani e più dell’80% di loro riesce a sconfiggere la malattia. È un importante traguardo raggiunto grazie alla continua innovazione degli strumenti terapeutici disponibili. Registriamo anche discreti miglioramenti sul versante della prevenzione e vi è una maggiore consapevolezza della popolazione sui fattori di rischio. Vanno però incrementate le diagnosi precoci perché ancora in troppi casi dobbiamo intervenire su neoplasie individuate già allo stadio avanzato».

«Infine, in occasione di questa giornata mondiale, vogliamo ribadire l’assoluta esigenza di affrontare i tumori urologici con un approccio multidisciplinare», conclude Bracarda. «Ogni singolo caso di cancro è diverso dall’altro e allo stesso modo ogni specialista medico possiede competenze differenti. Urologi, radioterapisti, oncologi, anatomo-patologici devono lavorare nello stesso team e offrire così al paziente la migliore assistenza possibile».

di Paola Trombetta

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