Angelina Jolie e Bianca Balti sono donne famose, non solo per la loro brillante carriera professionale, come attrice la prima e modella la seconda, che abbiamo visto di recente anche sul palco di Sanremo, senza nascondere i segni della propria malattia. Ciò che le accomuna è stata la scelta coraggiosa di sottoporsi a mastectomia profilattica e, nel caso di Angelina Jolie, ad annessiectomia (asportazione delle ovaie e delle tube), un intervento programmato anche per Bianca Balti, a cui purtroppo non ha fatto in tempo a sottoporsi perché le è stato diagnosticato a settembre 2023 un tumore all’ovaio contro il quale sta combattendo con forza e determinazione. Entrambe sono arrivate a questa scelta estrema in quanto portatrici della mutazione del gene BRCA 1, che aumenta in modo esponenziale, di circa il 70%, il rischio di sviluppare un tumore, soprattutto alla mammella e all’ovaio, rispetto al 12% delle donne senza questa mutazione genetica.
Conoscere la propria storia familiare e individuare la presenza di questa mutazione attraverso appositi test, potrebbe rappresentare oggi un modo per combattere meglio un tumore e prevenirlo nei propri familiari. Dal 5 al 10% dei casi di tumore dipendono infatti da specifiche mutazioni genetiche che possono essere trasmesse dai genitori ai figli. Ereditare una mutazione genetica non significa ereditare un tumore, ma un’aumentata probabilità di sviluppare alcune forme di cancro, prime fra tutte quella del seno, dell’ovaio, della prostata e del pancreas.
Per saperne di più abbiamo intervistato la professoressa Domenica Lo Russo, Ordinario presso Humanitas University di Rozzano e Direttore dell’Unità Operativa di Ginecologia Oncologica Medica di Humanitas San Pio X.
Cosa vuol dire avere un tumore con una mutazione genetica e quali sono i più frequenti nelle donne?
«Circa il 10-15% dei tumori in generale sono legati a mutazioni genetiche. Nell’ambito dei tumori ginecologici sappiamo che il 50% dei tumori sierosi dell’ovaio, tra i più diffusi, sono legati a mutazioni dei geni BRCA 1 e 2. Le mutazioni hanno tre importanti implicazioni. Il tumore risponde meglio alla chemioterapia e le donne vivono più a lungo. Se c’è la mutazione in una paziente, cerchiamo di fare un’indagine su tutta la famiglia, per individuare altre persone a rischio. Se la troviamo in qualche familiare, adottiamo strategie di sorveglianza più mirate e ravvicinate nel tempo. Per ridurre il rischio di comparsa di un tumore, si può ricorrere anche alla chirurgia preventiva, per fare in modo che la malattia non insorga. Quindi la seconda implicazione si riferisce alla prevenzione. La terza implicazione riguarda i farmaci mirati: si tratta di mutazioni su cui possiamo intervenire con farmaci PARP-inibitori, tra cui olaparib, per uso orale che le pazienti possono assumere comodamente a casa. Questi farmaci hanno dimostrato di ridurre del 70% il rischio di progressione e del 30% il rischio di morte, se usati come terapie di mantenimento dopo la chemioterapia: ne prolungano il beneficio, riducono il rischio di recidiva e aiutano a guarire una quota maggiore di paziente».
Identificare queste mutazioni è dunque una speranza di guarigione da questi tumori?
«Assolutamente sì! Potrebbe davvero portare alla guarigione per chi si ammala, ma anche rappresentare una forma di prevenzione per non far ammalare i familiari che, dopo aver eseguito il test, risultano positivi alla mutazione di questi geni che aumentano il rischio di sviluppare tumori, non solo all’ovaio, ma anche alla mammella e nell’uomo alla prostata, oltre ad alcuni melanomi e sarcomi. Sapere di avere una mutazione di questi geni BRCA diventa dunque un messaggio di vita, non di morte. E vale per la guarigione della donna malata, ma anche per la prevenzione che riguarda i familiari».
Chi dovrebbe fare oggi questi test?
«Per il tumore ovarico lo facciamo di routine in tutte le donne che si ammalano. Partiamo dalla ricerca sulle cellule tumorali: se c’è nel tumore, lo cerchiamo nel sangue e in questo caso è ereditaria e studiamo poi tutta la famiglia. Per il tumore della prostata, lo fanno i pazienti con tumore alla prostata metastatico. Per il tumore alla mammella, lo fanno le donne con tumore sotto i 50 anni, quelle con tumore triplo-negativo, quelle con familiarità».
In quale percentuale la presenza di queste mutazioni aumenta il rischio di sviluppare un tumore all’ovaio e alla mammella?
«Il rischio di sviluppare un tumore ovarico aumenta del 15-45% nelle donne che hanno ereditato una mutazione in BRCA1 e del 10-20% circa in quelle che hanno ereditato una mutazione di BRCA2. Nel caso sul tumore del seno la ricerca scientifica ha permesso di valutare il rischio connesso alla presenza di mutazioni: nelle donne portatrici di mutazioni del gene BRCA1 il rischio di ammalarsi di carcinoma mammario nel corso della vita è pari al 65%, mentre nelle donne con mutazioni del gene BRCA2 è pari al 40%. Ma anche altre mutazioni genetiche che causano il deficit di ricombinazione omologa (HRD) aumentano il rischio di sviluppare questa neoplasia».
Cosa si fa oggi per migliorare la sopravvivenza di queste pazienti?
«Per migliorare significativamente la sopravvivenza delle pazienti, soprattutto quelle con tumore ovarico, che è più subdolo e non dà sintomi, l’unica strada è la diagnosi precoce: quando si scopre al primo stadio della malattia, infatti, si ottiene la guarigione nella maggioranza dei casi. Purtroppo è un tumore silente e la diagnosi è quasi sempre tardiva, ma nelle donne che hanno una mutazione possiamo intervenire con programmi di prevenzione mirata, che comprendono la chirurgia profilattica. In chi ha già sviluppato la malattia, il test genetico svolge un ruolo fondamentale perché ci indirizza verso l’utilizzo di terapie target».
E per le donne con tumore alla mammella?
«La diagnosi precoce è la nostra arma più potente contro il carcinoma mammario: la mammografia e gli esami clinici permettono di individuare la malattia in fase iniziale, migliorando significativamente le possibilità di cura. Per le persone con diagnosi di tumore al seno e i familiari a rischio, i test genetici rappresentano uno strumento essenziale per orientare strategie di prevenzione e trattamento personalizzato. Oggi, la medicina di precisione ci offre opzioni sempre più mirate: dalle terapie personalizzate alla sorveglianza attiva, fino alla chirurgia profilattica, ogni scelta deve essere guidata da un approccio multidisciplinare per garantire il miglior esito possibile. Non dimentichiamo che per le donne operate ad alto rischio la terapia con PARP inibitori, in via precauzionale, aumenta di molto la probabilità di guarigione».
di Paola Trombetta
Una Campagna d’informazione sui tumori eredo-familiari
Ai tumori eredo-familiari e all’importanza di estendere la possibilità di eseguire i test per individuare le mutazioni genetiche è dedicata la Campagna di informazione “Tumori eredo-familiari: conoscerli è il primo passo”, realizzata da AstraZeneca e MSD: un impegno per la sensibilizzazione dei pazienti e del grande pubblico che ha sfruttato molteplici canali di comunicazione, sia online sia offline, raggiungendo così milioni di persone. E che arriva a Milano con l’installazione “Legami Unici” presso la Biblioteca degli Alberi grazie alla collaborazione con l’artista bolognese Francesca Pasquali. «Gli alberi che punteggiano il parco sono abbracciati simbolicamente da filamenti in materiale riciclato, setole che simboleggiano il profondo legame tra l’uomo e la natura, nonché le nostre radici familiari e la nostra storia genetica», spiega Francesca Pasquali. «Per realizzare l’installazione, la Foresta dei Pinus nigra è stata adottata dalla campagna, un’adozione che si inserisce all’interno del progetto “Radici – Adotta la tua Foresta @BAM”, per permettere la conservazione del patrimonio botanico del parco e della città promosso da BAM – Biblioteca degli Alberi Milano, ideato della Fondazione Riccardo Catella». La Campagna è realizzata con il patrocinio di Acto Lombardia, Abracadabra, Europa Donna, Loto, Europa Uomo, Fondazione Mutagens, Salute Donna, da sempre impegnate a promuovere la conoscenza e la corretta informazione sulle più importanti patologie oncologiche. Associazioni che, in occasione della presentazione dell’iconica installazione al parco hanno voluto far sentire la loro voce con un bellissimo contributo video per rafforzare il messaggio della Campagna: la conoscenza è il primo passo per prevenire e per curare in modo appropriato.
P.T.