Emicrania, un trattamento preventivo promette un “ritorno” alla vita

Altro che dolori intesi e pulsanti alla testa. L’emicrania esonda ben oltre questi confini: è causa di un aumento di sintomi depressivi e stati ansiosi, secondo il 25% delle donne che ne sono affette, disturba il sonno, può influire negativamente su relazioni sentimentali e coniugali, vita familiare, carriera, istruzione, sicurezza finanziaria, salute mentale. Sono sempre le donne a subire gli esiti più pesanti dell’emicrania: attacchi più frequenti, di maggiore intensità e durata rispetto alla popolazione maschile, con un coinvolgimento sensibilmente superiore in un rapporto di 3 a 1 rispetto all’uomo, complici fattori ormonali, genetici e ambientali, differenze strutturali cerebrali. Motivazioni che spingono a considerare l’emicrania, una malattia sociale, la prima causa di invalidità tra le giovani donne, dai costi enormi per il SSN e il sistema. Si stima che l’impatto economico ammonti intorno ai 20 miliardi di euro all’anno, tra costi diretti (farmaci, visite mediche, test diagnostici, ricoveri ospedalieri) e costi indiretti (perdita di giornate lavorative, ridotta efficienza produttiva, tempo richiesto per la gestione della malattia e sottratto ad attività extra-lavorative), questi ultimi pari al 90% del costo complessivo.

Un quadro clinico e di vita quotidiana che si avvia a un sensibile cambiamento, grazie a nuove terapie: promettenti, efficaci, più “libere” dal tempo di malattia, con specifica indicazione preventiva. «Oggi abbiamo a disposizione soluzioni che contrastano il CGRP un peptide correlato al gene della calcitonina e il principale neuropeptide rilasciato dai terminali del nervo trigemino, causa dell’attacco emicranico – spiega Pierangelo Geppetti, Professore Emerito di Farmacologia Clinica, Dipartimento di Scienze della salute, Università di Firenze –. Questi nuovi farmaci che hanno azione preventiva e vengono prescritti quando il paziente riferisce di avere 4 o più giorni al mese di emicrania, hanno l’obiettivo di ridurre frequenza e intensità della sintomatologia e di riportare la persona ad una normale efficienza fisica. L’ottimo profilo di efficacia e sicurezza degli anticorpi monoclonali anti-CGRP e, più recentemente, dei gepanti, ovvero piccole molecole dirette contro il recettore del CGRP, hanno cambiato l’approccio all’emicrania, ora più efficace e sicuro rispetto alle precedenti cure».

Eppure, «nonostante i vantaggi, gli anticorpi monoclonali anti-CGRP – dichiara Piero Barbanti, Direttore Unità per la Cura e la Ricerca su Cefalee e Dolore dell’IRCCS San Raffaele di Roma, e Presidente dell’Associazione Italiana per la Lotta contro le Cefalee (AIC) – questi farmaci non sono ancora utilizzati a sufficienza e come prima scelta terapeutica, diversamente da quanto raccomandato dalle linee guida europee». In questo panorama terapeutico si distingue Atogepant, ad oggi l’unico gepante rimborsato dal SSN per il trattamento preventivo dell’emicrania negli adulti che presentano 8 o più giorni di emicrania al mese. «Gli studi condotti a lungo termine su Atogepant – prosegue Cristina Tassorelli, Direttore dell’Headache Science Center dell’Istituto Neurologico Mondino di Pavia – indicano che quasi la metà delle persone con emicrania episodica ha ottenuto la totale libertà dall’emicrania, nell’ultimo mese di trattamento a un anno di terapia».

È necessario avviare anche un cambio culturale, una consapevolezza sociale della gravità di questa patologia, eliminando lo stigma legato all’emicrania e alla mancata comprensione del dolore e delle difficoltà associate, di cui viene sottostimato l’aspetto disabilitante, e che quindi non viene trattata adeguatamente o comunque erroneamente gestita. Lo conferma uno studio europeo condotto in 10 Paesi, su un totale di oltre 3.100 risposte raccolte, che ha evidenziato come il 34% dei pazienti abbia dovuto rivolgersi a 4 o più specialisti prima di ricevere una diagnosi di emicrania, il 67% almeno a 2 esperti e il 40% dei pazienti ha atteso oltre 5 anni per una prescrizione dopo la diagnosi.

«Gli attacchi possono essere così forti – aggiunge Alessandra Sorrentino, Presidente di Al.Ce – Alleanza Cefalalgici e di Fondazione CIRNA – da impedire di compiere anche le più semplici attività quotidiane e la paura di un imminente attacco condiziona la relazione con la patologia e la quotidianità. Il ruolo delle Associazioni dei pazienti diventa sempre più centrale nel valorizzare e far coincidere l’innovazione terapeutica con una migliore esperienza della malattia». Anche altre realtà come l’European Migraine and Headache Alliance (EMHA), un’organizzazione no-profit che rappresenta oltre 30 associazioni di pazienti affetti da emicrania e cefalea in tutta Europa, possono contribuire a migliorare la qualità della vita delle persone colpite da queste condizioni attraverso la sensibilizzazione, la difesa dei diritti, compreso l’ambito lavorativo e professionale, sviluppando ambienti accoglienti e inclusivi per i pazienti emicranici, e la promozione della ricerca.

È altrettanto importante che i pazienti siano a conoscenza di tutti i percorsi di cura: «L’approccio alla gestione delle persone con emicrania dovrebbe basarsi su un modello organizzativo strutturato su 3 livelli: il primo – precisa Alessandro Padovani, Direttore dell’Istituto di Neurologia Clinica dell’Università di Brescia e Presidente della Società Italiana di Neurologia (SIN) – costituito dai neurologi che lavorano nei poliambulatori specialistici e divisionali, così come nelle Case di Comunità, il secondo da neurologi esperti di cefalea all’interno di strutture ospedaliere con ambulatori dedicati e il terzo da neurologi che lavorano nei Centri riconosciuti, quindi strutture con competenze specialistiche in grado di gestire le cefalee più complesse e disabilitanti, e di somministrare terapie specifiche. L’auspicio per il futuro è che sia i centri di secondo e di terzo livello possano offrire tutte le terapie e trattamenti specifici e mirati per l’emicrania oggi disponibili, tra cui Atogepant, che andrebbe considerato di prima linea per la prevenzione dell’emicrania, senza dover attendere un precedente fallimento di altre classi di farmaci aspecifiche».

Occorre dunque sfruttare tutti gli strumenti possibili per contrastare l’emicrania: «Le conoscenze e le terapie oggi a disposizione – conclude Nicoletta Orthmann, Direttrice medico-scientifica di Fondazione Onda ETS – consentono di restituire un tempo di qualità alle persone con emicrania. Diagnosi tempestiva, coinvolgimento attivo e formazione del paziente, presa in carico multidisciplinare personalizzata, e che tenga conto anche degli aspetti psicologici e socio-relazionali – come anche l’impatto che la gravidanza, il ciclo mestruale e la menopausa possono avere sull’emicrania – rappresentano le principali strategie per promuovere un efficace approccio preventivo fondato sull’adozione di corretti stili di vita e sull’aderenza alle terapie».

di Francesca Morelli

La campagna “giovane” di sensibilizzazione

Protagoniste le studentesse del terzo anno del corso di Comunicazione d’impresa della facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Bologna, che hanno realizzato, da ottobre 2024 a gennaio 2025, quattro campagne di sensibilizzazione sull’emicrania dedicata ai giovani con l’intento di movimentare sul tema, dall’università all’opinione pubblica. Ironia, slang gen-z, grafiche coinvolgenti e slogan impattanti, sono gli ingredienti dell’iniziativa che intende colmare il divario tra gravità della patologia e consapevolezza che hanno i più giovani riguardo all’emicrania. Le innovative strategie di comunicazione e di storytelling hanno cercato di bilanciare precisione scientifica, empatia e semplicità narrativa. Le campagne sono nate infatti con l’obiettivo di dare voce e visibilità alle persone che ogni giorno combattono contro il dolore e contro i pregiudizi della società facendo leva anche e soprattutto sulle fasce d’età più giovani. «Sono felice che un’istituzione culturale come l’Università di Bologna abbia scelto di farsi portavoce insieme ai propri studenti di un messaggio molto importante. La disinformazione – dichiara Alessandra Sorrentino – è un grande problema nell’ambito della nostra patologia: lo stigma, oltre alle informazioni non corrette, sono alla base della non accettazione della malattia, sia da parte di chi non la conosce, ma anche dei pazienti stessi. Grazie alla buona comunicazione, fatta di empatia e della giusta dose di ironia, possiamo agire concretamente per cambiare lo sguardo su una malattia ancora sottovalutata».

Sono stati presentati dagli studenti bolognesi più di 40 progetti, quattro dei quali selezionati – Non perderci la testa!, Speak Up Emicrania!, Emicrania – Impariamo e vedere il dolore e Breaking the Silence: Comprendere l’Emicrania – e promossi attraverso la piattaforma Comm To Action, il gruppo di lavoro di studenti e neolaureati di comunicazione e relazioni pubbliche, da ottobre 2024. «Indirizzando l’opinione pubblica all’ascolto e alla comprensione – conclude il team di Comm To Action – possiamo aiutare a favorire un approccio più empatico verso chi soffre di emicrania». L’iniziativa è stata promossa da Pfizer Italia.   F.M.

Articoli correlati