Salute mentale nei giovani: psichiatri di nuovo nelle scuole

Sempre più precoci e più seri. I disturbi mentali, nei giovani, e i recenti fatti di cronaca lo confermano, insorgono in un terzo dei casi in età adolescenziale e comunque prima dei 18 anni, 2 su 3 entro i 30 anni. Un quarto degli accessi al pronto soccorso pediatrico riguardano problemi legati soprattutto al consumo di sostanze stupefacenti, molte delle quali derivanti da sintesi chimica e difficilmente gestibili. E poi ci si mette l’abuso di “sostanze virtuali”, altrettanto pericolose e che possono creare dipendenza: internet, chat, social e simili: tutti sintomi di un disagio, anche mentale, oltre che emotivo e sociale. Sono necessarie rapide e efficaci misure per contrastare un fenomeno emergente, come la reintroduzione dei medici psichiatri nelle suole, soprattutto secondarie, periodo più delicato in cui insorge il disagio, e fare della salute mentale una materia di studio, di confronto e di discussione in classe per favorire la sensibilizzazione, la formazione di una cultura della prevenzione e di attenzione al disagio mentale.

Sono, queste ultime, alcune delle proposte lanciate di recente dai Presidenti della Sinpf (Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia), Claudio Mencacci e Matteo Balestrieri. «Dobbiamo sfruttare al massimo il periodo della vita che i ragazzi passano a scuola per sensibilizzarli su questi temi e per valutare interventi precoci. Dobbiamo “salvare” il loro futuro – dichiarano all’unisono i due esperti –. Anche la salute mentale deve essere coinvolta nei programmi di screening».

Un problema, quello della salute mentale nei giovani, che sta impegnando con nuove iniziative anche le istituzioni: in un video messaggio, ad esempio, Marcello Gemmato, Sottosegretario alla Salute, ha comunicato che il Ministero sta promuovendo progetti innovativi per educare e prevenire l’uso problematico di Internet, comprese le dipendenze da social media e da videogiochi crescenti soprattutto nelle fasce giovanili e che sono stati sviluppati percorsi diagnostici e terapeutici specifici per gli adolescenti affetti da ADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività), con l’obiettivo di fornire un sopporto mirato e adeguato, anche alle famiglie e/o a coloro che li assistono.

«Questa alleanza fra la psichiatria italiana, insieme alla neurologia, alla farmacologia, alla pediatria, alla neuropsichiatria infantile, agli operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze e alle istituzioni – aggiungono Mencacci e Balestrieri – sono occasione per promuovere e sottolineare la necessità di avere anche un’Agenzia Nazionale che si faccia carico del coordinamento di azioni e risorse per la promozione della salute mentale della popolazione, specialmente quella giovanile, in modo equo ed omogeneo su tutto il territorio nazionale». Occorre investire sul futuro della salute mentale e nella ricerca in ambito neuro psico farmacologico, dove sarà fondamentale il contributo e il lavoro sinergico con AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) per lo sviluppo di nuovi approcci farmacologici, ma non solo, più personalizzati sul paziente e di (in)formazione per orientare gli operatori sanitari coinvolti verso l’utilizzo di terapie sempre più mirate sulle persone, anche in ottica di risparmi nella spesa farmaceutica.

«Il consumo di psicofarmaci, prevalentemente antidepressivi e benzodiazepine, è in costante crescita da molti anni, circa il 2% l’anno – dichiarano i presidenti Sinpf –. Le benzodiazepine in particolare sono farmaci di fascia C, i più prescritti in assoluto. E per quanto l’Italia sia il Paese che ha il minor numero di prescrizioni in Europa, a queste non sempre corrispondono utilizzi consoni; il 40%, infatti, viene poi gestito con un “fai-da-te”, pericolosissimo, che mette a repentaglio come minimo il successo delle cure. Senza contare, poi, l’acquisto illegale: fino a un terzo dei farmaci usati dai giovani sono reperiti sul web, con tutte le implicazioni legate alla sicurezza e alla sorveglianza. Un fenomeno impressionante che denuncia che queste terapie sono utilizzate per “lo sballo”, per “uscire dallo sballo e dormire”, per migliorare le performance scolastiche o il proprio aspetto fisico, con danni enormi sulla salute, non solo mentale».

Da qui l’attenzione a non perdere di vista neppure la “finestra” dei social e il loro utilizzo, dove la salute mentale finisce per essere trasferita al pubblico in modo semplicistico e scorretto, senza filtri né referenzialità. «Bisogna imparare a comunicare anche nell’universo dei social – concludono Mencacci e Balestrieri – per arrivare ai ragazzi con informazioni scientificamente corrette e semplici da comprendere. E bisogna che gli influencer, prima di scrivere anche una sola riga, pur personale, su problemi di salute mentale si informino consultando medici specialisti autorevoli, e valutino con grande attenzione l’effetto delle loro parole, che possono essere fraintese».

di Francesca Morelli

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