SMA: screening neonatale, a che punto siamo?

Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Toscana, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto. Sono le 13 Regioni italiane in cui è stato attivato lo screening neonatale per l’atrofia muscolare spinale (SMA) e 5 le regioni – Basilicata, Calabria, Marche, Sardegna e Siciliain cui è in programma l’avvio di progetti sperimentali per aggiungere questa patologia al panel di screening e identificare precocemente, dai primi giorni di vita, malattie che correlano a importanti disabilità.
A tracciare lo stato dell’arte per questa specifica condizione è il volume “Screening per la SMA: la responsabilità di una scelta”, realizzato da OMaR (Osservatorio Malattie Rare) in collaborazione con Famiglie SMA Aps Ets, con l’auspicio che l’analisi comparativa tra i vari sistemi regionali possa favorire l’accelerazione del processo di aggiornamento del panel di screening neonatale, garantendo ai neonati italiani le migliori opportunità di diagnosi e trattamento precoci, prima dell’insorgenza dei sintomi e tempestivi alla conferma diagnostica. Un’opportunità, quello delle Screening Neonatale Esteso (SNE), che deve essere per tutti i bambini: nessuno escluso, indipendentemente dal territorio di residenza. L’immediata presa in carico delle patologie grevi, come una malattia genetica o rara o la stessa SMA, significa consentire ai piccoli di condurre una vita normale, al pari di un bambino sano. Eppure, a distanza di anni dalla modifica della Legge 167/2016, che ha introdotto in Italia lo screening neonatale per le patologie neuromuscolari genetiche, immunodeficienze congenite severe e malattie da accumulo lisosomiale, oltre alle malattie metaboliche ereditarie già previste da normativa, la situazione si presenta a macchia di leopardo. L’assenza di una linea uniforme a livello nazionale e dunque di un Decreto per l’aggiornamento del panel delle patologie da sottoporre a Screening Neonatale Esteso, ha fatto sì che alcune regioni si attivassero in maniera autonoma per introdurre, a livello territoriale, il test per l’individuazione rapida della SMA, avviando anche terapie innovative in grado di cambiare la storia naturale della patologia.

«La SMA è una malattia neuromuscolare genetica rara che causa una progressiva degenerazione e perdita dei motoneuroni nel midollo spinale – spiega Eugenio Mercuri, Responsabile U.O.C. di Neuropsichiatria Infantile, Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma e Direttore Scientifico Centro Clinico NeMO –. Senza una presa in carico e un adeguato trattamento, la compromissione indotta dalla SMA porta a un costante declino della funzione muscolare. Sebbene possa manifestarsi con diversi livelli di gravità, a seconda della mutazione genetica, i pazienti richiedono spesso un approccio multidisciplinare a causa del coinvolgimento di diversi organi e apparati. Fondamentale è lo sviluppo e l’introduzione di nuove terapie: tra queste la disease-modifying therapy, che ha permesso di invertire la storia della malattia: alcuni bambini in trattamento, ad esempio, riescono a stare seduti, facendo osservare continui miglioramenti ed acquisiscono la capacità di cammino già a 18 mesi. Cruciale è la precocità degli interventi terapeutici: c’è evidenza che alcuni piccoli affetti da SMA trattati precocemente, intercettati grazie allo SNE, vanno meglio dei bambini sottoposti alla medesima terapia, ma con già alcuni primi sintomi evidenti».

Secondo i dati raccolti da Famiglie SMA, è una tra le patologie neuromuscolari più frequenti in età pediatrica, stimata in un 1 caso ogni 10 mila nati e nelle Regioni in cui sono state avviate specifiche iniziative per la SMA, vi è chiara dimostrazione che l’integrazione tra diagnosi tempestiva, trattamento precoce e monitoraggio continuo è la chiave per una gestione ottimale della patologia.

«È bene che le realtà territoriali reattive siano molteplici, ma l’inserimento della SMA nel panel delle malattie da sottoporre a screening non può essere limitato a uno sforzo o un’iniziativa in capo ai singoli territori – dichiara Anita Pallara, Presidente Famiglie SMA Aps Ets. Se tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, allora tutti i bambini, indipendentemente dal luogo di nascita, devono avere diritto ad accedere allo screening. La SMA, insieme ad altre malattie individuate dal Gruppo di Lavoro per lo SNE, istituito dal Ministero della Salute, è stata oggetto di proposta del nuovo aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), con la previsione di nuove risorse a carico dello Stato ed ora in attesa di attuazione». In Italia sono attualmente 49 le patologie sottoposte a SNE: 47 patologie metaboliche, tra cui la fenilchetonuria, che è stata tra le prime a essere oggetto di screening obbligatorio, la fibrosi cistica e l’ipotiroidismo congenito. Sono almeno 7 le patologie, o i gruppi di patologie rare, che avrebbero i requisiti per essere integrate nel panel nazionale dello SNE, tra queste anche la SMA. Qualche passo in avanti è stato fatto, come anticipato, da alcune regioni che hanno avviato specifici progetti, tra queste la Lombardia, in cui lo screening neonatale è stato inizialmente avviato per cinque patologie: fenilchetonuria, tirosinemie, ipotiroidismo congenito, iperplasia surrenalica congenita e fibrosi cistica, includendo successivamente anche le immunodeficienze congenite gravi e le malattie da accumulo lisosomiale e, a settembre 2023, a seguito di una delibera del Consiglio Regionale, anche lo screening per la SMA.

In Lombardia è stato imposto un modello centrico, con un solo laboratorio per SMA, che ha consentito nell’ultimo anno di analizzare 84 mila bambini (il 98% dei nuovi nati), di cui 7 sono risultati positivi. Inoltre, sul territorio lombardo sono in corso diversi progetti pilota riguardanti le leucodistrofie e le malattie neuromuscolari, che potrebbero essere integrate in un futuro ampliamento nel panel. L’auspicio è che con la prossima delibera si possa introdurre nel panel anche lo screening per la malattia causata dall’alterazione del gene ADA, che permette la produzione di un enzima chiamato adenosina deaminasi (ADA), importante per la maturazione e la funzionalità dei linfociti, cellule del sistema immunitario fondamentali per la difesa dell’organismo dalle infezioni. Virtuosa anche la Liguria che ha avviato un programma pilota di screening neonatale per la diagnosi tempestiva e simultanea di SMA e SCID (immunodeficienze combinate gravi), in collaborazione con il punto nascita dell’Istituto Gaslini di Genova, poi esteso a tutti i centri della regione, per l’identificazione di questi gravi disturbi genetici tramite un test sul sangue (un prelievo) del neonato per la ricerca di specifici marcatori di patologia. Pioniere, in Italia, sono state Lazio e Toscana: sul territorio ligure, dal 2021, lo screening neonatale per la SMA viene erogato, unitamente a quelli obbligatori per patologie metaboliche ereditare e allo SNE, grazie anche a una rete territoriale di punti nascita, laboratori di riferimento regionale, per la conferma diagnostica e centri di riferimento regionali di cura per la patologia. In Toscana, già nel 2018, lo screening neonatale è stato esteso a tre malattie da accumulo lisosomiale e alle immunodeficienze congenite severe combinate, dove tutti i campioni prelevati nei diversi punti nascita toscani vengono inviati all’Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer di Firenze, che funge da centro di riferimento regionale per lo screening neonatale. Laddove un neonato risulti positivo allo screening per la SMA, viene poi in indirizzato all’AOU Meyer per ulteriori valutazioni diagnostiche e per l’avvio tempestivo del trattamento appropriato. Si attende ora una risposta istituzionali per inserire urgentemente la SMA nel panel delle patologie con Screening Neonatale Esteso.

di Francesca Morelli

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