Sette giorni pensati per le donne: almeno per quasi 8 milioni di italiane, coloro che soffrono di dolore pelvico cronico. Una patologia sperimentata da una donna su 4 (ma in diffusione anche tra gli uomini), di età compresa tra 18 e 50 anni, invalidante, debilitante, con un sensibile impatto sulla qualità della vita: personale, limitando o impedendo lo svolgimento di normali attività quotidiane – dall’andare a scuola, al lavoro o al praticare sport – ma anche intima e di coppia, ed emotiva con influenze sull’umore e il benessere psicologico.
A vantaggio di tutte queste donne o di coloro che hanno un sospetto di dolore pelvico, dal 24 al 28 ottobre prossimi, quattro ospedali italiani – Azienda Ospedaliera Giuseppe Moscati di Avellino (Campania), ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo (Lombardia), Presidio Ospedaliero Giovanni Paolo II di Olbia (Sardegna), Azienda Ospedaliero Universitaria Senese di Siena (Toscana) – aderenti all’iniziativa promossa da Onda (Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna) con il supporto incondizionato di IBSA Farmaceutici, apriranno le porte a visite specialistiche o esami mirati gratuiti, ma anche a incontri informativi e divulgativi. Perché di dolore pelvico cronico non solo si conosce ancora poco – un’indagine mirata condotta tra 600 donne, intervistate on-line, attesta che il 45% ne ha solo sentito parlare e che ben nove donne su 10 chiedono di essere maggiormente informate – ma si arriva anche tardi alla diagnosi. Con uno scarto possibile da 7 mesi fino a diversi anni dalla comparsa dei primi sintomi alla decisione di un consulto, dove il primo medico interpellato è il medico di famiglia, sebbene il ginecologo resti poi la figura di riferimento per sette donne su 10.
Le implicazioni e le percezioni che il dolore pelvico cronico produce sono importanti: «Il dolore – dichiara Francesca Merzagora, Presidente di Onda – viene paragonato dall’11% delle intervistate che ne soffrono alla puntura di tanti spilli (17%), a una coltellata (12%), a un martello che picchia (10%) o un fuoco che brucia dentro (10%). È descritto come un dolore assillante, fastidioso, talvolta lancinante e pervadente che genera nervosismo, che intacca la felicità della donna, facendola sentire a disagio, stanca e depressa». È una malattia complessa, spiegano gli esperti, dovuta a una molteplicità di cause dipendenti dai differenti organi che coinvolgono la pelvi – infatti coinvolge non soltanto l’apparato riproduttivo, ma anche urinario, gastroenterico, muscolo-scheletrico e nervoso – ognuno dei quali con una specifica sintomatologia e ripercussione dolorosa. E questo è uno dei motivi per cui è fondamentale rivolgersi per la diagnosi a strutture specializzate, gestite da équipe multidisciplinari, in grado di cogliere, attraverso un approccio globale, tutti gli aspetti che la patologia tende a generare, indagando le possibili cause per la definizione delle misure terapeutiche.
«Si tratta di una patologia ancora oscura – precisa Monica Sommariva, Dirigente medico dell’Unità Operativa di Urologia e Unità Spinale dell’Ospedale G. Fornaroli di Magenta – a tal punto che il 46% di donne intervistate dichiara di avere consultato almeno 2 figure mediche e il 30% 3 o più medici prima di arrivare a una diagnosi spesso ad esclusione. Infatti non sempre è possibile identificare una sola causa bensì più cause, anche di diversa competenza specialistica, che interagiscono nell’insorgenza della sintomatologia dolorosa. Alla base della patologia c’è una cattiva risposta del sistema immunitario, tanto più evidente in alcuni momenti del ciclo vitale della donne (compreso il menarca o il periodo post-menopausa), non più in grado di svolgere efficacemente il proprio lavoro a tal punto che, quando il dolore diventa cronico, si crea una sorta di cortocircuito a livello delle strutture nervose deputate alla sua elaborazione, e responsabili dell’auto-mantenimento della sensazione dolorosa. Accade così che il dolore si trasformi in un inseparabile compagno di viaggio che pervade tutti gli ambiti della vita: affettivo-familiare, socio-relazionale, lavorativo e anche psicologico».
Così come è difficile la diagnosi, altrettanto è la prevenzione in funzione della multifattorialità di cause implicate nell’insorgenza della malattia, sebbene gli esperti stiano “facendo rete” per meglio conoscere e curare la malattia, attraverso confronti sinergici tra urologo, reumatologo, ginecologo e tutti gli specialisti interessati. «E’ solo attraverso un lavoro di squadra – aggiunge Sommariva – che si può pensare di arrivare a una migliore definizione della malattia e a disporre anche di nuovi strumenti e terapie che aiutano il medico nello studio e nella ricerca sul dolore pelvico cronico». Che oggi può essere trattato, oltre che con il supporto psicologico, con un insieme di terapie mediche mirate alla tipologia specifica del problema e comportamentali di alto livello, ottenendo un controllo efficace. A fianco di medici e strutture che lavorano in maniera incondizionata, mettendo anche a disposizione dei pazienti percorsi di diagnosi, assistenza e cura talvolta anche gratuiti (come avviene in alcune strutture in Lombardia), esiste l’operato delle Associazioni: «Prezioso – conclude l’esperta – è anche il supporto offerto dalle Associazioni di pazienti in cui possono condividere la loro esperienza e non sentirsi soli».
Per conoscere i servizi messi a disposizione dalle quattro strutture nel corso della settimana è possibile consultare il sito: www.ondaosservatorio.it o chiamare il numero 02.29015286.
Inoltre, all’indirizzo: www.portaledellasalute.it, è possibile trovare utili informazioni sul dolore pelvico e consultare esperti specialisti.
di Francesca Morelli
11 NOVEMBRE: GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA VULVODINIA
Quattro milioni di donne, circa una su 7. È questo il rapporto con cui colpisce la vulvodinia in Italia: una patologia caratterizzata da un intenso dolore pelvico cronico, simile a spilli (o a scosse elettriche o a fitte brucianti), dall’impatto importante sulla qualità della vita, sia quotidiana – rendendo difficile anche camminare, indossare i pantaloni o la biancheria intima – sia sessuale e riproduttiva. Colpa di una forte infiammazione e sofferenza dei nervi dell’area genitale e pelvica, spesso accompagnata da contrattura dei muscoli stretti intorno a uretra, vagina e ano che attanagliano il distretto in una morsa costante e dolorosa. Eppure nonostante i numeri e le implicazioni, la vulvodinia è sconosciuta a molti medici o sottodiagnosticata a causa dell’assenza di specifiche lesioni o segni riconoscibili nell’area genitale. Mentre per scovarla, dicono gli esperti, sarebbe sufficiente eseguire un semplice esame: lo Swab Test. Cioè una lieve pressione, esercitata dal medico di riferimento, con un cotton fioc su specifici punti della vulva, stimolando l’insorgenza di eventuale dolore, bruciore o anche di semplice fastidio: tutte sensazioni che confermerebbero la diagnosi di malattia. La quale invece arriva con un ritardo, in media, di quattro anni comportando per le donne anni di cure inutili o addirittura dannose, di sofferenza fisica con conseguenze anche psicologiche. Così con l’intento di sensibilizzare alla problematica anche l’opinione pubblica e promuovere la ricerca, l’Associazione VulvodiniaPuntoInfo Onlus ha istituito per l’11 novembre la Giornata Internazionale della Vulvodinia: il Vulvodinia Day. «La Nostra Associazione – ha dichiarato Elena Tione, presidente e fondatrice di VulvodiniaPuntoInfo ONLUS – è la prima in Italia che si impegna dal 2010 a diffondere la conoscenza sulla vulvodinia e a offrire sostegno volontario alle donne». Non solo, l’Associazione auspica anche l’istituzione di centri multidisciplinari d’eccellenza nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale, lanciando a tal fine una petizione ufficiale per il riconoscimento della vulvodinia: www.unafirmaperlavulvodinia.it
F.M.