È una ghiandola fondamentale, la tiroide, collocata alla base del collo: regola lo sviluppo, il metabolismo e il consumo di energia di tutto l’organismo attraverso la produzione di due ormoni, la tiroxina e la triiodiotiroinina. Durante i primi mesi di gravidanza la crescita del feto dipende dagli ormoni tiroidei materni, non avendo ancora sviluppato una tiroide funzionante. La funzione della tiroide è modulata dalla tireotropina (TSH), un ormone prodotto dall’ipofisi, ghiandola con funzione regolatoria su tutto il sistema endocrino situata alla base del cranio; il dosaggio del TSH è l’esame più spesso eseguito quando occorre indagare la funzione tiroidea, soprattutto in previsione di una gravidanza. Motivo per cui gli addetti ai lavori si sono posti come obiettivo quello di omologare le linee-guida sulle patologie tiroidee a livello internazionale, con particolare attenzione alle donne con problemi alla tiroide che stanno cercando un figlio. Per questo il 15° Congresso dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME), a Roma dal 10 al 13 novembre, si apre con un incontro con l’American Association of Clinical Endocrinologists (AACE) per rendere omogeneo l’approccio diagnostico e terapeutico delle patologie tiroidee.
Nell’occasione, abbiamo intervistato la dottoressa Olga Disoteo, consigliere nazionale AME e specialista presso la Diabetologia dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, che partecipa al Congresso.
Quali sono le più frequenti patologie tiroidee nella donna in età fertile? Alcune di queste potrebbero compromettere la fertilità o provocare altri problemi?
«Le patologie più frequenti nella donna in età fertile sono: ipotiroidismo, ipertiroidismo e noduli tiroidei. L’ipotiroidismo è una condizione clinica caratterizzata da una insufficiente attività della tiroide, in questi casi il TSH è elevato al di sopra dei range di normalità e nella maggior parte dei casi richiede una terapia sostitutiva con Levotiroxina. L’obiettivo è fornire l’ormone che la tiroide non produce più in quantità adeguate; in genere tale obiettivo è facilmente raggiungibile con il trattamento (adeguato) e può essere monitorato con il dosaggio nel sangue del TSH.
L’ipertiroidismo è una condizione clinica in cui il TSH è soppresso e c’è un eccesso di ormoni tiroidei circolanti: la terapia si basa sull’impiego di farmaci che inibiscono la produzione e la trasformazione in forma attiva degli ormoni. Talvolta la risoluzione definitiva è affidata all’uso di radioiodio o all’intervento chirurgico.
La presenza di noduli tiroidei è frequente nella popolazione generale, in particolare femminile, ed è quasi sempre benigna. Può essere manifestazione di malattie infiammatorie, malformative, tumorali benigne e qualche volta maligne della tiroide (inferiore al 5% dei noduli). Talvolta la presenza di noduli si associa ad alterazioni della funzione tiroidea. Prima di iniziare qualsiasi eventuale terapia occorre definire la natura del nodulo. La terapia nella maggior parte dei casi si limiterà a una semplice sorveglianza clinica nel tempo.
Le alterazioni sia in senso ipo che iper della funzione tiroidea sono in grado di influenzare negativamente la fertilità delle donne. Tali alterazioni si associano spesso a problemi emozionali e cognitivi, ma anche a modificazioni del quadro dei lipidi, del compenso glucidico e del peso corporeo, risolvibili con un rapido riconoscimento e trattamento della patologia».
Dalle recenti linee-guida AME, emerge un’attenzione particolare alle donne con patologia tiroidea che stanno programmando una gravidanza: a quali rischi potrebbe andare incontro una donna con questa patologia e quali, se ci sono, i rischi per il bambino?
«Una donna con precedenti noti per alterazioni della funzione tiroidea deve programmare con cura un’eventuale gravidanza. È auspicabile ottimizzare la funzione tiroidea prima del concepimento e monitorare l’andamento degli ormoni tiroidei durante la gravidanza.
In caso di ipotiroidismo sarà infatti necessario adeguare la dose di Levotiroxina. Le complicanze ostetrico-neonatali connesse all’ipotiroidismo sono: basso peso del bambino alla nascita, parto prematuro, aborto spontaneo, ipertensione gestazionale della madre e talvolta deficit cognitivi del bambino.
In caso di ipertiroidismo sarà necessario valutare la terapia più appropriata per controllare l’iperfunzione. La forma più comune in gravidanza è l’ipertiroidismo gestazionale, limitato alla prima metà della gestazione, che può essere associato a iperemesi gravidica. L’ipertiroidismo non trattato espone a parto prematuro, basso peso del bambino alla nascita, aborto, ipertensione gestazionale e problemi cardiaci per la madre. Nell’8% delle donne con normale funzione tiroidea, nei dodici mesi successivi al parto, potrebbe insorgere una tiroidite post-partum caratterizzata da una fase di ipertiroidismo, seguita da una di ipotiroidismo, con successivo ritorno alla normalità. Alcune donne però sviluppano una ipofunzione permanente».
Quali screening diagnostici dovrebbe fare una donna con patologia tiroidea, prima di affrontare una gravidanza?
«Il consiglio è rivolgersi per prima cosa al medico di famiglia per indagini di primo livello (TSH), esprimendo chiaramente la volontà di concepire un bambino: tale consiglio vale anche per le donne senza precedenti tiroidei. Sulla base della storia clinica e del TSH, il medico valuterà la necessità di invio allo specialista endocrinologo per l’ottimizzazione della terapia, sospensione di eventuali farmaci o integratori non consigliati o ulteriori approfondimenti pre-concepimento».
Quali terapie vengono somministrate abitualmente durante la gravidanza a una donna con problemi tiroidei e quali farmaci invece devono essere sospesi?
«In caso di ipotiroidismo la terapia con Levotiroxina non dovrà mai essere sospesa. In caso di ipertiroidismo lo specialista endocrinologo, in accordo con il ginecologo, valuterà caso per caso la terapia più idonea, anche sulla base della presenza/assenza di problemi concomitanti».
di Paola Trombetta