Ornella ha 42 anni, di professione infermiera: «Ho saputo del test per individuare le alterazioni dei geni BRCA 1 e 2, solo dopo aver avuto un tumore. Poiché mia mamma, mia nonna, mia zia e due cugine hanno avuto la stessa malattia, gli oncologi da cui ero in cura mi hanno “presa per mano” per indirizzarmi alla visita genetica e sottopormi al test, molto semplice da eseguire poiché basta un prelievo di sangue. E così, avendo individuato queste alterazioni, potrò iniziare una terapia più mirata ed efficace. E soprattutto potrò proteggere i miei familiari, che anche loro potrebbero essere a rischio per questa malattia».
Purtroppo però ancora oggi il 75% delle donne non conosce questo test, nonostante se ne sia parlato molto dopo gli interventi di mastectomia e isterectomia preventiva di Angelina Jolie, portatrice di questa alterazione. Il 15-25% dei tumori alle ovaie deriva dalla mutazione del gene BRCA, che aumenta la probabilità di sviluppare un tumore fino al 46%, rispetto al rischio dell’1,8% della popolazione generale. L’accesso al test per le pazienti diagnosticate dovrebbe perciò essere un diritto garantito in tutte le Regioni italiane, secondo le Raccomandazioni delle Società Scientifiche.
Ad oggi, però, ci sono alcune Regioni in cui le Raccomandazioni non sono ancora applicate e ciò porta a disomogeneità di trattamento. Per questo stanno partendo tre importanti progetti, realizzati da ACTO Onlus, da ALTEMS e da Onda, per far conoscere i test genetici BRCA e la loro importanza strategica per il Sistema Sanitario.
«I test genetici BRCA rappresentano uno strumento fondamentale, perché consentono di identificare il trattamento più efficace per le pazienti, come ad esempio i nuovi farmaci PARP inibitori», commenta Nicoletta Colombo, professore Associato di Ostetricia e Ginecologia all’Università Milano-Bicocca, e direttore del Programma di Ginecologia Oncologica all’Istituto Europeo Oncologia. «Questi agiscono sul difetto nel meccanismo di riparazione del DNA, derivante proprio dalla mutazione BRCA, e bloccano un ulteriore meccanismo di riparo, portando alla morte le cellule tumorali. L’importanza del BRCA è stata sottolineata da numerose istituzioni scientifiche: recentemente l’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), la SIGU (Società Italiana di Genetica Umana), la SIBioC (Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica) e la SIAPeC-IAP (Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia diagnostica) hanno lavorato alle “Raccomandazioni per l’implementazione del test BRCA nei percorsi assistenziali e terapeutici delle pazienti con carcinoma ovarico”, pubblicate sulla rivista Future Oncology. Accedere al test BRCA per le pazienti con carcinoma ovarico è quindi fondamentale, ma oggi in alcune Regioni, tra cui la Lombardia, il percorso diagnostico è ancora confuso. Pur essendo la prima Regione ad aver reso gratuito il test BRCA per le pazienti e i loro familiari, non riesce ancora a garantire un accesso rapido e uniforme al test. E così si assiste al paradosso che proprio le pazienti della Lombardia, terra di eccellenza in campo oncologico, sono discriminate rispetto a quelle di altre Regioni».
Nella lotta al tumore ovarico l’informazione è fondamentale. Si stima che il 60% delle donne italiane non lo conosca. Informazione significa prima di tutto garantire alle donne il diritto di sapere che, anche per il tumore ovarico, esistono adeguate strategie di prevenzione. Su queste basi nasce “Io scelgo di sapere”: la campagna di informazione realizzata da ACTO Onlus e aBRCAdaBRA onlus, insieme alla Fondazione AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica) e alla SIGU (Società Italiana di Genetica Umana), con il supporto non condizionato di Astra Zeneca. Video educazionali, materiali informativi, un esperto a disposizione per rispondere ai dubbi delle donne e tante testimonianze di donne che hanno deciso di fare questo test e si confrontano sulle loro esperienze: “Io scelgo di sapere”, presente sul sito www.actoonlus.it e sui canali social dell’Associazione (Facebook, Twitter), punta a informare le donne colpite da tumore ovarico e i loro familiari dell’esistenza della mutazione BRCA, del test genetico e delle sue potenzialità di prevenzione e di cura. «Oggi sappiamo che circa un quarto dei 5.600 tumori ovarici diagnosticati ogni anno in Italia ha origine dalla mutazione dei geni BRCA: alle pazienti portatrici di questa mutazione, così come ai loro familiari, il nuovo test genetico offre la possibilità di utilizzare cure innovative e intraprendere percorsi di prevenzione solo 5 anni fa inimmaginabili», puntualizza Nicoletta Cerana, presidente di ACTO Onlus (Alleanza Contro il Tumore Ovarico).
Per info: www.actoonlus.it/scelgo-di-sapere
Lo studio Venus (Valorization of gEnetic testiNg futUre uSes)
In seguito all’identificazione dei geni BRCA, che predispongono alle neoplasie della mammella e dell’ovaio, si sono creati dei percorsi di prevenzione per guidare la popolazione a intraprendere programmi mirati di diagnosi precoce e riduzione del rischio per questi tumori. È stato realizzato lo studio farmaco-economico, sviluppato da ALTEMS, per confrontare una strategia di test verso una di non-test delle pazienti con patologia tumorale dell’ovaio, risultate positive alla mutazione dei geni BRCA. Lo studio dimostra che l’estensione di questi test diagnostici sia un investimento conveniente per il Sistema Sanitario Nazionale, sia dal punto di vista della salute aggiuntiva, sia per quanto riguarda il controllo dei costi. Ipotizzando infatti una media di pagamento di 40 mila euro per un anno di vita guadagnato, l’analisi mostra che l’estensione del test sia costo-efficace nel 97% delle simulazioni effettuate. «L’obiettivo di questo studio è quello di valutare l’estendibilità del test BRCA alle familiari delle pazienti con patologia tumorale dell’ovaio che sono risultate positive alla ricerca dei geni BRCA1 e BRCA2 rispetto a una strategia di attesa», spiega Americo Cicchetti, ordinario di Organizzazione Aziendale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e direttore di ALTEMS. «Il nostro studio dimostra che l’estensione dei test diagnostici sia un investimento costo-efficace per il sistema sanitario nazionale in quanto produce maggiore salute con un incremento dei costi accettabile. Risulta dunque importante implementare le strategie predittive, come il test genetico BRCA, alle pazienti diagnosticate, per poi estenderlo alle loro familiari a scopi preventivi».
Progetto Onda: test genetico deve essere inserito nei LEA
Disomogeneità e ostacoli all’accesso al test genetico BRCA sono al centro del progetto “Mutazioni genetiche nel carcinoma dell’ovaio” promosso dall’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda). Il progetto punta a favorire il riconoscimento da parte delle istituzioni dell’importanza del test genetico al fine di richiedere la sua inclusione nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), così da renderlo disponibile a tutte le donne che ricevono una diagnosi di tumore ovarico. Una mappatura degli ospedali italiani con reparto di ginecologia oncologica, nonché tre indagini sulle pazienti, sui loro familiari e su un gruppo di oncologi, permetteranno di scattare una fotografia precisa del livello di informazione sul test genetico BRCA nel nostro Paese, del suo utilizzo, delle modalità di accesso e delle tecniche utilizzate. È anche prevista la realizzazione di un volume istituzionale “Tumori eredo-familiari: prospettive del test genetico BRCA e criticità nell’accesso” che analizzerà gli aspetti epidemiologici, clinici, psicologici relativi al tumore ovarico BRCA mutato, mettendo in luce il gap esistente tra le raccomandazioni delle società scientifiche e lo stato dei test genetici in alcune Regioni italiane. «Nel tumore ovarico l’accesso al test genetico è fondamentale non solo ai fini della diagnosi, che ancora troppo spesso arriva tardivamente, ma anche per la scelta del trattamento e per la prevenzione nei confronti dei familiari», commenta Francesca Merzagora, fondatrice e presidente di Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna. «Purtroppo in Italia, nonostante le raccomandazioni delle società scientifiche, l’accesso ai test genetici è ancora disomogeneo con differenze regionali. Per questo vogliamo offrire una fotografia dello stato dei test genetici in Italia, ascoltando la voce di tutti i soggetti coinvolti, con l’obiettivo di chiedere l’inserimento del test BRCA all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza, garantendone il diritto di accesso a tutte le donne con tumore ovarico. Questo progetto è perfettamente in linea con la mission del nostro Osservatorio, da sempre impegnato nella tutela della salute delle donne italiane».
«Il test BRCA rappresenta uno strumento fondamentale nella scelta del trattamento più adatto per le pazienti con tumore ovarico», commenta Stefania Gori, presidente eletto di AIOM. «Per questo motivo è essenziale che sia accessibile e che i risultati siano disponibili in tempi adatti alle necessità cliniche. Le raccomandazioni delle Società scientifiche per l’implementazione del test BRCA nei percorsi assistenziali e terapeutici delle pazienti con carcinoma ovarico, mettono l’accento proprio su queste necessità e vogliono individuare percorsi pratici che possano ottenere risultati tangibili in Italia. In questo senso, l’impegno di AIOM si è concretizzato nel 2015 nella diffusione delle Raccomandazioni in tutta Italia, al fine di formare gli oncologi e informare le pazienti. Non va poi dimenticato che nella lotta al tumore ovarico, positivo alla mutazione BRCA, oltre allo sviluppo di nuove possibilità terapeutiche, è essenziale far comprendere alle pazienti che sapere di essere portatrici della mutazione genetica BRCA può aprire all’interno della propria famiglia un percorso “complesso”, ma utile perché può portare all’identificazione di familiari sane che potrebbero intraprendere percorsi di sorveglianza o di chirurgia profilattica, evitando di ammalarsi di tumore».
di Paola Trombetta