Seicento passi in più al giorno, pari a circa due-trecento metri, fanno la differenza in chi soffre di BPCO, la broncopneumopatia cronica ostruttiva: sembra che riescano addirittura a ridurre del 30% le ospedalizzazioni per riacutizzazioni di malattia e del 40% la mortalità. È con questo messaggio che la Società Italiana di Pneumologia (SIP), in collaborazione con l’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri, promuove la campagna di sensibilizzazione e di educazione all’attività fisica “Più passi più respiro. Get moving BPCO”’. Patologia sempre più in crescita anche tra le donne, per un più largo consumo di sigarette: il fumo rappresenta infatti il primo fattore di rischio per la bronco pneumopatia, o la maggior esposizione ad agenti inquinanti ambientali, come lo smog, o professionali, tra cui sostanze inalanti irritanti.
Si ritiene che, in Italia, la BPCO interessi il 3% della popolazione (2,5 milioni di persone) con picchi del 50% tra gli over 60: una prevalenza sottostimata perché, secondo il recentissimo Copenaghen Study, nel nostro Paese il 9% della popolazione sopra i vent’anni soffrirebbe di ostruzioni respiratorie compatibili con BPCO. Dunque il numero di pazienti “in carenza d’aria”, prima conseguenza della BPCO, salirebbe a 5 milioni, di cui 2,3 con forme lievi e 2,7 con ostruzioni da moderate a molto gravi, con 10mila vittime ogni anno, tanto che questa malattia rappresenta la quarta causa di mortalità. Eppure, per eliminare il trend negativo, occorre rompere la sedentarietà a favore di più respiro e una migliore funzionalità cardiovascolare. E questo si può ottenere, oltre che dai passi, anche da qualunque attività aerobica, come una pedalata sulla cyclette di cinque minuti al mattino e al pomeriggio, per aiutare cuore e polmoni, affiancata da esercizi di tonificazione muscolare, ad esempio flessioni ed estensioni delle braccia, piegamenti laterali con il tronco e rotazioni del collo. L’attivo programma si completa con esercizi di stretching, soprattutto “pilates”, e di equilibrio per migliorare la mobilità nei gesti quotidiani e ridurre eventuali dolori, in particolare alla schiena. «Esercizi da svolgere secondo un piccolo programma di allenamento concordato con il proprio medico – spiega Mario Cazzola, professore onorario di Malattie Respiratorie, dell’Università di Roma Tor Vergata – al fine di agire su tutte e tre le componenti essenziali della forma fisica e contrastare al meglio il decadimento della funzionalità respiratoria».
E con questo… movimentato obiettivo, la campagna “Get moving BPCO”, da aprile a dicembre prossimi, coinvolgerà 132 centri di pneumologia su tutto il territorio, e per ciascuno di essi ai primi 30 pazienti che aderiranno all’iniziativa, per un totale di 4mila malati con diversa gravità di BPCO, verrà distribuito un kit ad hoc. «Uno zainetto contenente un braccialetto contapassi e una app con cui i pazienti e i centri coinvolti potranno verificare il grado di attività e i progressi raggiunti», puntualizza Francesco Blasi, Presidente SIP (Società Italiana di Pneumologia). «I pazienti potranno anche condividere i propri risultati con altri malati, quale stimolo per migliorare le performance personali in termini di passi quotidianamente accumulati e avere consigli di stile di vita personalizzati e di gestione della terapia. E’ previsto anche l’invio di notifiche per non dimenticare di assumere i farmaci, essenziali per ridurre la dispnea, che potranno essere modulati anche in funzione dei benefici ricavati dal movimento, questi ultimi rilevabili già dopo due mesi di moto, con un incremento proporzionale al tempo e alla costanza dell’attività fisica svolta». Con ricadute positive anche sulla qualità della vita, consentendo cioè alla persona più autonomia e libertà di azione.
Senza movimento, infatti, secondo i dati di Real Life, una survey del 2016, il 47% dei pazienti con BPCO (circa uno su 4) fa fatica a fare le scale o qualsiasi tipo di attività fisica o a portare la spesa, il 20% (uno su 5) è limitato nel lavarsi e vestirsi, subendo le implicazioni respiratorie della malattia, nel 57% dei casi in qualsiasi momento della giornata e nel 90% in alcuni specifici contesti. Dati e implicazioni che spaventano anche i care-giver dei pazienti: «Un’altra indagine Real Life, condotta da GfK Eurisko nel 2017 – aggiunge Giorgio Walter Canonica, professore di Pneumologia, Humanitas University di Milano – su chi assiste questa malattia, attesta che l’85% dei care-giver è consapevole di come l’assenza di attività fisica sia un problema e il 46% sa che può ripercuotersi in un peggioramento delle condizioni del malato».
Ma l’attività fisica da sola non basta, serve anche l’aderenza alla cura, oggi facilitata da nuove soluzioni farmacologiche: «Anche in Italia – precisa Blasi – disponiamo di una combinazione terapeutica di due broncodilatatori con meccanismi di azione complementari, somministrati in un unico inalatore. In particolare l’associazione di aclidinio e formentolo con un semplice “clic” ogni 12 ore, riesce a controllare i sintomi già al mattino, riducendoli del 18% rispetto alle monoterapie, con una situazione che perdura per tutto l’arco della giornata e della notte e una diminuzione, in confronto alla terapia standard, dal 21 al 25% dei sintomi». Il che significa minore dispnea, più possibilità e qualità di movimento innescando, questa volta, un circolo virtuoso. Sono diverse le buone opportunità di cura, tra cui anche l’associazione incaterolo/glicopirronio, due farmaci a lunga durata che secondo lo studio FLAME si correlano a una significativa riduzione delle riacutizzazioni moderate e gravi con un potenziale importante impatto nella storia naturale della BPCO. Che ha fatto il suo ingresso anche nei nuovi LEA, consentendo l’accesso a pazienti con malattia da moderata a grave di sottoporsi ad alcuni esami di pertinenza generale, fra questi la spirometria, il test del cammino, l’emogasanalisi, l’ecocardiogramma ed alcuni esami del sangue, utili impostare correttamente la cura e a indicare altri eventuali esami diagnostici più specifici.
di Francesca Morelli
F.A.R.O.: per fare luce sulla malattia
“Non mi sono resa conto di cosa significasse”; “Avevo sottovalutato la gravità della malattia”; “Soffocare nella nebbia, non vivere, annegare nell’acqua”; “Incontrare gli altri è faticoso, ormai anche parlare mi stanca, la gente non vuole problemi, e forse io sono diventata asociale”; “Uscire di casa per me è un sogno, bastano pochi passi e non respiro più”… Sono solo alcune delle testimonianze di F.A.R.O. – Far luce Attraverso i Racconti sulla Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO): un progetto nato per sensibilizzare alla conoscenza della malattia – dalla sintomatologia, alla diagnosi, alla presa di coscienza fino al vissuto quotidiano – della Fondazione ISTUD, realizzato grazie al contributo indipendente di Chiesi Farmaceutici e sostenuto dalle principali società scientifiche di pneumologia (AIPO, SIP), di medicina di base (SIMG, FIMMG) e dalle associazioni di cittadini e pazienti (Senior Italia – già Federanziani – e ONLUS BPCO). Sono 350 interviste narrative a pazienti e familiari, che hanno così permesso di capire, attraverso parole, racconti, esperienze personali o indirette, non solo cosa significhi dover convivere con la malattia ma anche il carico con cui essa grava sulla qualità della vita in termini psicologici, economici e sociali.
Il percorso di conoscenza e condivisione narrativa della BPCO è ancora “in progress” e on-line: chiunque, paziente o familiare, volesse lasciare la propria testimonianza può accedere al sito www.medicinanarrativa.eu/faro e compilare un questionario, o può contattare la Fondazione ISTUD all’indirizzo: areasanita@istud.it oppure al numero: 0323 933801.
Partecipazioni aperte anche per i professionisti sanitari e le associazioni di riferimento che possono aderire al progetto F.A.R.O. scrivendo una mail alla Fondazione ISTUD. F.M.