È stato il contraccettivo più usato delle donne negli anni ‘70/‘80. E oggi lo è anche per le figlie millennial che hanno 20-29 anni. La pillola è ancora oggi il contraccettivo più conosciuto dalle ragazze, con il profilattico che è utilizzato dal 22%. Lo conferma una recente ricerca internazionale “Women and contraception, from baby boomers to millennials: has anything really changed?”, commissionata da Bayer per confrontare le aspirazioni, lo stile di vita e le scelte contraccettive delle millennial (di età compresa fra i 21 e i 29 anni) con gli stessi parametri delle loro madri, le baby boomer (oggi fra i 50 e i 65 anni) alla stessa età. L’obiettivo era valutare quanto fosse realmente cambiata la situazione tra le due generazioni sulla conoscenza e l’uso dei contraccettivi. Il sondaggio, realizzato in Italia tra novembre 2016 e gennaio 2017, ha rivelato che, nonostante i notevoli progressi compiuti nel mondo della contraccezione femminile rispetto agli ultimi decenni, la “pillola” rimane il contraccettivo più conosciuto dalle ragazze. Oltre la metà delle millennial riporta inoltre che il preservativo è il metodo contraccettivo di cui si parla di più.
Scarsa conoscenza, dunque, e poche informazioni sull’ampia gamma di opzioni contraccettive disponibili ai giorni nostri, dovuta in parte a un dialogo insufficiente tra le donne e i ginecologi. Un ulteriore dato da segnalare, fornito dal Ministero della Salute, è il rapido aumento della contraccezione di emergenza, decuplicata nell’ultimo anno quasi a testimoniare un ricorso a questo metodo come alternativa di contraccezione. La ricerca dimostra che, quando si tratta di scegliere un metodo contraccettivo, poco è cambiato da una generazione all’altra.
«Il 51% delle baby boomer riteneva di non possedere le informazioni necessarie per intraprendere una scelta consapevole e lo stesso problema viene riferito dal 35% delle millennial, malgrado queste ultime abbiano accesso a più informazioni rispetto al passato», commenta la dottoressa Rossella Nappi, professore Associato di Clinica Ostetrica & Ginecologica, Dipartimento di Scienze Cliniche, Chirurgiche, Diagnostiche e Pediatriche dell’ Università degli Studi di Pavia (www.unipv.it). «Anche le preoccupazioni riguardo ai metodi contraccettivi sono simili per entrambe le generazioni: dimenticarsi di prendere la pillola e somministrare ormoni sintetici rappresentano le prime due fonti di apprensione. Il 41% delle millennial ha riportato la paura di esposizione a ormoni sintetici come prima barriera all’utilizzo della pillola e il 26% il timore della dimenticanza di assunzione quotidiana; dato simile registrato per le baby boomer, anche se rivelano una maggiore preoccupazione per la dimenticanza rispetto all’assunzione di ormoni sintetici».
Proprio come le loro mamme, il 24% delle millennial, cioè una donna su 4, ha riferito che a influenzare maggiormente la scelta del primo metodo contraccettivo è soprattutto il dialogo poco approfondito con gli operatori sanitari che, non prendendo in considerazione tutte le opzioni disponibili, alimenta la percezione di non possedere tutte le informazioni per una decisione consapevole sulla scelta più adatta alle proprie esigenze. Analogamente, il 27% delle baby boomer dichiara che, all’epoca dei loro 20 anni, non si trovava a proprio agio a discutere con il medico le varie opzioni. Non aver mai discusso con il proprio medico le possibili opzioni contraccettive (17%), subire le convinzioni dei medici riguardo ai contraccettivi da utilizzare (17%), non aver trovato sufficienti fonti di informazioni sul tema (15%) sono le altre ragioni esplicitate dalle millennial. La ricerca ha inoltre evidenziato come oggi, più che nel passato, appaia rilevante nella scelta del metodo contraccettivo l’influenza della madre e sempre meno quella del partner. «Le millennial sono fortunate perché hanno molte più possibilità di scelta rispetto alla generazione delle loro mamme», aggiunge Rossella Nappi. «Senza tralasciare i tanti contraccettivi ad azione prolungata, ovvero metodi per i quali non è necessario ricordarsi l’assunzione. I ginecologi hanno un’enorme responsabilità: devono cioè garantire una condivisione attiva delle informazioni sulle varie opzioni disponibili e aiutare le donne a identificare quella più adatta al loro stile di vita». Le millennial, ad esempio, affermano di sapere poco riguardo al funzionamento dei contraccettivi ad azione prolungata (LAC). Il 70% circa di quelle che utilizzano o non utilizzano i LAC, afferma di non averne compreso il funzionamento, mentre il 50% delle baby boomer ha dichiarato di conoscere bene come funziona la spirale.
Oggi le conoscenze riguardo al funzionamento della pillola sono più diffuse, tanto che solo una piccola percentuale, pari all’8% delle millennial che la assumono e non la assumono, dichiara di non sapere come agisce.
«Le millennial sono dinamiche e ambiziose: hanno il pieno controllo della propria vita e amano mettersi alla prova», conclude la professoressa Nappi. «Ma quando si parla di contraccezione si affidano completamente al medico e fanno ancora fatica ad avere le informazioni corrette per un vero dialogo contraccettivo. È importante dunque per noi medici impegnarci a promuovere un confronto positivo con le pazienti per una scelta contraccettiva consapevole».
di Paola Trombetta
Contraccezione d’emergenza: cosa ne pensano le italiane
Il 76% delle donne considera la contraccezione d’emergenza utile per evitare l’aborto. Ma solo una su 5 sa che il farmaco si può acquistare senza ricetta. E il 54% la ritiene “pericolosa”. Sono alcuni dati dell’indagine promossa da SWG-Health Communication e presentata di recente a Roma. Una notizia incoraggiante viene dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin che ha sottolineato come il forte decremento registrato nel numero delle interruzioni volontarie di gravidanza nel 2015 potrebbe essere almeno in parte riconducibile alla liberalizzazione della vendita della “pillola dei cinque giorni dopo” per la quale, con delibera dell’AIFA, è stato cancellato l’obbligo di ricetta.
«Il calo delle interruzioni volontarie di gravidanze, evidenziato dal Ministero, è dovuto sia all’aumento di utilizzo della Contraccezione d’emergenza (11% in più di vendite), ma soprattutto alla messa in commercio di un prodotto, come la “pillola dei cinque giorni dopo” (a base di Ulipristal acetato), ad azione più efficace e duratura, che è passata da una vendita di 17mila confezioni nel 2014 a più di 145mila nel 2015», fa notare Emilio Arisi, presidente della Società medica italiana per la contraccezione (Smic). «Per questo, come Società scientifica, abbiamo richiesto al Ministero di aggiornare l’elenco dei farmaci di cui le farmacie devono garantire la disponibilità, prevedendo l’inserimento della categoria “Contraccezione d’emergenza” come valido e sicuro strumento di prevenzione dell’aborto». P.T.