In inverno l’allergia all’acaro della polvere esplode. Complice la “sindrome dell’edifico malato”: ambienti iper-riscaldati in cui aumentano la concentrazione di questi microrganismi, grandi circa 250-400 micron (un quarto di millimetro) dunque invisibili ma cattivissimi, perché fortemente allergizzanti. E non solo: anche spazi sigillati da finestre con doppi vetri quali uffici, scuole o palestre; superfici rivestite di moquette; scarsa areazione, per lo più meccanica anziché naturale. Tutte condizioni in cui l’acaro “sguazza” trovando i modi per proliferare, favoriti da un microclima con tassi di umidità superiori al 60% e temperature oltre i 18-20°C. Non va meglio in ambiente domestico: camere da letto, materassi e cuscini, coperte e lenzuola, tende, tappeti ma anche divani e poltrone imbottiti o rivestiti da tessuti sintetici e lavabili a temperature inferiori a 60°, giocattoli e peluche nelle stanze dei bimbi sono habitat ad hoc per accumulare polvere e, dunque, acari. E mentre loro crescono in numero – un grammo di polvere può annidare fino a 2 mila acari e un materasso da 100 mila a 10 milioni, mentre il 10% del peso di un cuscino in due anni può essere costituito da acari morti e loro escrementi – gli allergici ne fanno le spese peggiori con sintomi tipici e fastidiosi. Prurito alla gola, naso che cola, starnuti ripetuti lacrimazione eccessiva: sintomi conosciuti e sopportati dal 25% della popolazione.
«L’allergia – spiega Francesco Blasi, professore ordinario di malattie dell’apparato respiratorio all’Università degli Studi di Milano e Presidente del Centro Studi Società Italiana di Pneumologia – è una malattia del sistema immunitario caratterizzata da reazioni eccessive di particolari anticorpi (IgE) nei confronti di sostanze abitualmente innocue tra cui pollini, acari della polvere, pelo degli animali, frutta secca, punture di imenotteri, farmaci».
In particolare gli acari della polvere, da soli, sono responsabili del 50% di forme allergiche con un’evoluzione, nel 70% dei casi, in riniti allergiche (RA) e asma allergica (AA). «Oltre 3 milioni di italiani soffrono di asma – precisa Blasi – con sintomi che interferiscono con le normali attività quotidiane e un impatto negativo sulla qualità della vita; di questi il 20% sono giovanissimi, under 14, con picchi del 25% in età prescolare. Un fenomeno, quello asmatico, che sta assumendo aspetti di criticità nella fascia di popolazione giovane e nell’infanzia dove i numeri si sono raddoppiati dagli anni ’70 ad oggi». Un paziente su 2, dicono gli esperti, ha sviluppato RA in seguito all’allergia agli acari: «La RA – aggiunge il professor Walter Giorgio Canonica, responsabile Centro Medicina Personalizzata: Asma e Allergologia dell’Humanitas Research Hospital di Rozzano (Milano) – è una patologia fortemente sottovalutata, ma non trattarla significa incrementare in maniera esponenziale le probabilità che si trasformi in asma».
Eppure le terapie ci sono e sono efficaci nel migliorare il controllo della sintomatologia fino a ridurre la risposta allergica con l’immunoterapia, la modalità di cura di ultima generazione. «In caso di RA – fa sapere Canonica – la terapia associa antistaminici (farmaci che contrastano l’azione dell’istamina, uno dei principali responsabili della manifestazioni allergiche) e decongestionanti nasali che alleviano la congestione della mucosa aiutando a respirare meglio. Mentre in caso di riniti allergiche, associate ad asma, si ricorre ad antistaminici combinati a SABA (farmaci impiegati in caso di asma e di altre malattie respiratorie caratterizzate da broncospasmo) e corticosteroidi orali o inalatori. Tuttavia nel 30% di pazienti, anche se controllati con farmaci, le manifestazioni potrebbero comunque ripresentarsi». Un ulteriore “effetto collaterale”: i trattamenti sono poco utilizzati o abbandonati: «La tendenza del paziente allergico, compreso quello “da acaro” – chiarisce Blasi – è smettere di assumere farmaci una volta che si sente meglio. Meglio, però, non significa bene, ma soltanto attenuazione dei sintomi destinati a ricomparire. Dunque in corso di cura, cala l’attenzione alla malattia, tanto che il paziente preferisce tollerare i sintomi, vissuti come normali a causa della presenza di un’infiammazione cronica latente (Minimal Persistent Inflammation) che lo predispone a sviluppare frequentemente la sintomatologia considerandola quotidianità, associati a una minore qualità di vita piuttosto che seguire una terapia continuativa, che lo classificherebbe come malato». Si tratta però di una valutazione costo-benefici che potrebbe avere esiti negativi soprattutto tra gli asmatici, con possibili episodi acuti, anche molto gravi. Recenti opportunità terapeutiche potrebbero però cambiare il trend e la storia della malattia allergica (forse anche l’adesione terapeutica da parte del paziente): «Si tratta dell’Immunoterapia Allergene Specifica (AIT) – puntualizza Canonica – la cui particolarità è agire sul meccanismo immunologico alla base dell’allergia e non solo sui sintomi. L’AIT, già in uso nelle forme di allergia da graminacee, è disponibile per quelle da acaro, in tablet, con rimborsabilità in alcune regioni quali Lombardia, Liguria, Piemonte, parzialmente in Veneto, Toscana, Emilia Romagna. Ma le Società Scientifiche hanno già fatto richiesta ad AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) che la cura sia “rimborsata” dal sistema sanitario nazionale su tutto il territorio con uguali condizioni. Oggi le indicazioni per l’AIT “da acaro” includono la rinite allergica persistente, da moderata a grave, nonostante l’uso di farmaci sintomatici e l’asma allergica, non ben controllata da corticosteroidi inalatori, associata a rinite allergica agli acari da lieve a grave». Con eventuali e ulteriori recentissime opportunità: l’aggiornamento 2017 delle linee guida GINA (Global Initiative for Asthma), un importante documento che fornisce raccomandazioni per la diagnosi, la cura e l’educazione del paziente asmatico, propone e accredita anche l’immunoterapia sublinguale (SLIT, Sublingual Allergen Immunotherapy).
«La SLIT – conclude Blasi – oltre ai benefici terapeutici sul paziente affetto da asma allergica non ben controllata, ha dimostrato anche vantaggi pratici nella gestione. È, infatti, una terapia orale che può essere assunta senza recarsi dal medico, con un conseguente risparmio in termini di tempo da parte del paziente e del medico stesso, con minori effetti collaterali rispetto all’iniezione sottocute, soprattutto in rapporto agli shock anafilattici». Non ultimo, la terapia sembrerebbe avere effetti long acting, con benefici anche suisintomi rinitici, a vantaggio di un sensibile miglioramento (generale) della qualità della vita.
di Francesca Morelli