«Il mio piccolo gladiatore è volato via»: con queste accorate parole il padre di Alfie Evans ha annunciato la morte del “piccolo guerriero”, che tra pochi giorni avrebbe compiuto due anni e che da mesi stava lottando per sopravvivere all’Alder Hey Hospital di Liverpool. Una storia simile a quella del piccolo Charlie di Londra, di cui il nostro giornale si è occupato lo scorso luglio (→ Dal Bambino Gesù, forse una speranza per il piccolo Charlie; → Il piccolo Charlie se n’è andato).
Entrambi i bambini sono stati “vittime innocenti” di una concezione estrema del diritto dello stato, come quello anglosassone, che prevalica il diritto della persona, il diritto della famiglia di decidere la sorte del proprio figlio. Hanno fatto di tutto i genitori del piccolo Alfie, Kate James e Tom Evans, entrambi di religione cristiana (cattolico lui, anglicana lei) per opporsi alla decisione dei giudici di sospendere la ventilazione artificiale che teneva in vita il piccolo. Ma i giudici, in due distinti gradi di giudizio, hanno deciso la sorte di Alfie. Lunedì scorso è stato staccato il ventilatore che consentiva al piccolo di respirare. Ma, quasi per miracolo, Alfie è sopravvissuto per qualche giorno, respirando autonomamente, dimostrando che forse avrebbe potuto continuare a vivere se il respiratore non fosse stato staccato. Certamente la sua malattia non avrebbe lasciato scampo.
Alfie era affetto da una grave forma neurodegenerativa (epilessia mioclonica progressiva) e forse sarebbe morto comunque. Ma perché allora non consentire ai genitori di dare affetto al loro piccolo fino al suo ultimo respiro? Perché lasciare ai giudici la decisione di far vivere o morire una persona? È scontato che i genitori si siano opposti: è difficile arrendersi alla morte del proprio figlio. E hanno fatto di tutto, per impugnare le decisione della Corte britannica. Il papà di Alfie è addirittura volato a Roma da Papa Francesco, nella speranza di poter modificare le decisioni della “giustizia” britannica. Come per il piccolo Charlie, sono stati consultati diversi specialisti, provenienti dall’Ospedale Ludwig-Maximilians di Monaco di Baviera e dal Bambino Gesù di Roma, che si era dichiarato disposto a ospitare il piccolo per continuare la ventilazione assistita. E addirittura era stata concessa la cittadinanza italiana ad Alfie per facilitare le pratiche di trasferimento. Ma il tempo non c’è stato. E con profonda commozione la presidente dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, Mariella Enoc, ha commentato oggi la notizia della morte del bimbo, mentre si trova in Siria, a inaugurare un corso per la formazione di giovani medici siriani: «Ogni bambino, in ogni parte del mondo, merita il nostro impegno, la nostra attenzione e la nostra umanità. Sono stata coinvolta personalmente nella vicenda di Alfie e provo un grande dolore per questo bimbo, che è stato tanto amato da due giovani genitori coraggiosi, che sono contenta di aver conosciuto. Dobbiamo continuare a lavorare tutti insieme e a investire nella ricerca scientifica, perché si possa dare una possibilità di vita a questi bambini e una risposta alle loro famiglie. E’ importante anche avviare una vera riflessione comune, a livello internazionale. Dobbiamo mettere insieme scienziati, clinici, pazienti, famiglie e istituzioni, perché non si ripetano più questi scontri e queste battaglie ideologiche, ma si possano trovare percorsi condivisi che sappiano integrare la dimensione scientifica con quella umana».
di Paola Trombetta