Utilizzando il profilo del calore del sangue, ossia il termogramma del plasma, si potrà identificare l’eventuale presenza di un tumore della cervice uterina (collo dell’utero) e lo stadio in cui si trova la malattia. Pare essere la prossima frontiera per la diagnosi mininvasiva di questa neoplasia femminile che in Italia ancora colpisce ogni anno 3.500 donne, circa 1 su 10 mila. Il test, ideato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Louisville, nello stato del Kentucky (Stati Uniti), non richiede biopsie o indagini invasive, ma un semplice prelievo di sangue. Per ottenere il termogramma, il campione viene sottoposto a un particolare processo di ‘fusione’ il quale produce un marchio unico che è indicatore dello stato di salute della persona e che contiene informazioni sulle principali proteine presenti nel plasma sanguigno, misurate in calorimetria differenziale a scansione. I ricercatori ritengono, infatti, che i marcatori correlati alla presenza di un tumore della cervice possano modificare il termogramma. «La chiave di lettura del test – spiega Nichola Garbett, alla guida del team – non è la temperatura di fusione, ma la forma del profilo termico». È da quest’ultimo che, secondo i dati presentati sulla rivista scientifica Plos One, si arriverebbe a stabilire lo stato di malattia. Oltre alla sua definizione, il termogramma dovrebbe essere anche in grado di monitorare più facilmente ed efficacemente l’esito di un trattamento: questo significa che un’eventuale terapia che non funziona potrebbe essere corretta o sostituita a beneficio di un migliore approccio terapeutico e una riduzione per i costi sanitari di screening, follow-up e trattamento. «Il confronto fra i campioni di sangue – continua ancora Garbett – dovrebbe favorire un più attento monitoraggio del paziente, fornendo anche un aiuto al clinico per adattare alle necessità cliniche trattamenti e cure». Il futuro? Con un ulteriore studio si vorrebbe arrivare a stabilire se il termogramma del plasma possa essere utilizzato come test complementare, rispetto al pap-test, esame più invasivo e dispendioso per la donna. Ma i ricercatori vanno ben oltre e sperano di potere utilizzare questa tecnica anche per la diagnosi e il monitoraggio di altri tumori e malattie: ad oggi è già stato applicato per identificare melanomi, tumori polmonari, dell’ovaio e dell’endometrio ma anche il lupus, l’artrite reumatoide, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la malattia di Lyme. (Francesca Morelli)