Secondo il Centro Nazionale Dipendenze e Doping, si inizia a fumare mediamente a diciotto anni e si smette a 42, con una dipendenza di durata ventennale alle spalle e ripetuti tentativi di smettere. Un fumatore si pone almeno una volta la domanda fatidica: “ E se smettessi? Si, ma come?” Molti libri hanno affrontato l’argomento dal pulpito di medici, psicologi e altri specialisti. Sino ad oggi nessuno si era preso la briga di ascoltare i diretti interessati, le loro richieste, le motivazioni e i bisogni. Lo hanno fatto per la prima volta un medico, il dottor Fabio Beatrice, del Reparto di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino e la giornalista scientifica Johann Rossi Mason, da anni impegnati nella divulgazione dei temi del tabagismo, con il libro “Senti chi fuma” . E lo hanno fatto utilizzando le più moderne tecniche di “storytelling” una branca della medicina narrativa, con interviste a oltre 20 persone che hanno affrontato un percorso per smettere di fumare. I fumatori possono essere autori del percorso di cessazione, ma per ottenere risultati significativi, occorre che siano seguiti e sostenuti da una classe di medici in grado di formulare proposte individuali che possano essere messe in pratica. <Ridurre il danno non vuol dire solo smettere di fumare, ma assecondare l’uso di prodotti del tabacco in qualche modo meno nocivi in quelle persone che non vogliono o non possono superare la dipendenza>, spiega il professor Fabio Beatrice, Direttore della S.C. di Otorinolaringoiatria e Direttore del Centro Antifumo dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino e co-autore del volume. <Una volta si suggeriva ai fumatori incalliti di provare a fumare la pipa al posto delle sigarette. In altri casi si assecondava una riduzione delle sigarette fumate o il minor contenuto di nicotina (una politica in discussione negli Stati Uniti dove si potrebbe arrivare alla produzione di prodotti con contenuti di nicotina che non provochino dipendenza). Ad oggi il 67,8% dei fumatori ha provato la sigaretta elettronica, l’1,4% ha sperimentato il fumo ‘freddo’ e 1,3 milioni alternerebbero le varie fonti>. Perché un fumatore, pur sapendo dei danni procurati dalle sigarette, continua a fumare e spesso lo fa anche dopo un cancro o un infarto? Su questi aspetti si pone una questione di fondo che è argomento di studi scientifici nell’ambito delle scienze comportamentali. <Molte ricerche si sono focalizzate sui meccanismi delle scelte razionali>, commenta Johann Rossi Mason. <Si è però visto che sono i nostri impulsi profondi, le nostre emozioni a dare forma alle decisioni. Si potrebbe allora dare una sorta di “spintarella” nella direzione della scelta che si vuole ottenere. Incentivare il fumo elettronico, come sta avvenendo in Gran Bretagna, vuol dunque dire dare un incentivo ai fumatori nella direzione del cambiamento, verso un consumo meno nocivo, per la salute delle singole persone e dell’intera comunità>.
<Oggi sappiamo che sottolineare i benefici del non fumare aiuta più che parlare dei danni>, aggiunge Stefania Polvani, presidente della Società Italiana di Medicina Narrativa, che ha firmato la prefazione del libro. <Non ascoltare i fumatori significa perdere un’opportunità di combattere una dipendenza che miete vittime ogni giorno. Con un nuovo approccio di rischio, potremmo invece diminuire quelle 80 mila morti evitabili da fumo che pesano come un macigno>.
Paola Trombetta