Uomo e donna sono differenti anche nella manifestazione del disagio psichico. Ad esempio, nella popolazione femminile sono prevalenti stati d’ansia e di depressione, soprattutto tra le ragazze/adolescenti, nelle quali si registra anche il 95% di disturbi alimentari (il restante è appannaggio dei maschi) e problematiche derivanti da contesti sociali come traumi, abusi, stagionalità che possono influenzare ad esempio l’insorgenza di stati depressivi fino alle fobie sociali. La buona notizia è che le donne sono più propense alla cura: recenti studi condotti nel 2016 dai Sistemi Informativi della Salute Mentale attesterebbero infatti che fanno ricorso in percentuale maggiore ai servizi psichiatrici, soprattutto nella fascia di età tra 45-54 anni e oltre i 75 anni.
Le cause della maggior presenza e della diversità di problematiche mentali che interessano le donne potrebbero associarsi a fattori funzionali e strutturali, i quali spiegherebbero anche la differente prognosi, decorso e risposta al trattamento. «È noto – spiega la dottoressa Laura Orsolini, psichiatra presso Villa Jolanda in provincia di Ancona – che esistono delle differenze di genere nella maturazione cerebrale: ad esempio alcune aree vengono sviluppate nella donna più precocemente rispetto all’uomo. Un fenomeno che potrebbe spiegare la maggiore incidenza dei disturbi mentali nella popolazione femminile. Mentre le differenze biochimiche e quelle a carico del sistema della serotonina, dopaminergico, colinergico sembrano poter influenzare sia la tipologia di malattia, sia la risposta alla terapia». Su questi elementi strutturali pesano anche aspetti tipicamente femminili: le fluttuazioni ormonali o la componente enzimatica, ad esempio, come l’età in cui insorgono, l’adolescenza, il periodo mestruale, la gravidanza, il post-partum e la fase perimenopausale. «Tutti questi fattori – aggiunge la dottoressa – devono essere valutati e considerati per costruire un percorso terapeutico personalizzato nella donna che tenga conto non solo della diagnosi, ma anche del genere femminile». Un aspetto quello del trattamento farmacologico che potrebbe presentare della criticità, associate al fatto che le donne sono sotto-rappresentate negli studi clinici. «Si evidenziano particolari interessi anche alle differenze farmacocinetiche delle terapie, per le quali vengono consigliati specifici dosaggi per la donna, rispetto dell’uomo, che tengono conto delle diversità di assorbimento, distribuzione e eliminazione del farmaco stesso. Inoltre si sta cercando di identificare farmaci nei confronti dei quali la donna risponde più facilmente». L’orientamento è dunque sempre più verso una psichiatria di genere, ancora meglio verso una psichiatria personalizzata.
Francesca Morelli