Ci sono almeno quattro buone novità che riguardano il tumore al seno. Tre sono terapeutiche e arrivano d’oltreoceano, dall’ASCO, dall’American Society of Clinical Oncology, uno fra i più importanti congressi internazionali che ha riunito a Chicago i maggiori esperti e portato alla ribalta le più importanti innovazioni in campo oncologico. Quelle relative al seno sono rilevanti perché possono rivoluzionare, nel presente e nel futuro, l’approccio post chirurgico, insomma la scelta delle terapie in differenti fasce d’età.
La prima riguarda la chemioterapia: molte pazienti, all’incirca il 70%, potranno evitare questo trattamento, spesso temuto dalla donna per gli effetti collaterali e le implicazioni a cui spesso si associa. «Grazie all’utilizzo di tecniche e metodi particolari, soprattutto di caratterizzazione genetica, su 21 geni espressi dal tumore al seno, oggi abbiamo la sicurezza non solo di fare un identikit, un profilo perfetto della natura del tumore, ma anche di identificare le donne che dopo l’intervento non necessitano di cicli di chemioterapia, ma solo di un trattamento di ormonoterapia, evitando così cure inutili, da cui non si trarrebbe un reale beneficio», ha precisato il dottor Paolo Pronzato, direttore del Dipartimento di Oncologia2 all’Ospedale San Martino di Genova, in occasione della presentazione del Progetto Periplo (vedi box), una rete oncologica sul territorio di cui è Presidente del Comitato Scientifico e responsabile per la Liguria. Il profilo genico non è il solo strumento per escludere le pazienti dalla chemioterapia: altre opportunità sono a disposizione della scienza, essendo sempre più sulla via di una medicina di precisione e personalizzata.
Seconda buona notizia: le donne operate al seno, che necessitano di ormonoterapia, devono essere sottoposte al migliore trattamento possibile. «Sarebbe meglio dire – aggiunge l’oncologo – alla migliore terapia anti-ormonale, perché gli ormoni femminili sono come il fertilizzante per il tumore della mammella, ne stimolano la crescita».
Il terzo successo riguarda invece le donne in pre-menopausa, nelle quali è stato dimostrato che un doppio blocco ormonale, senza ricorrere a chemioterapia, è comunque in grado di guarire la malattia nella maggior parte dei casi.
«Infine – precisa Pronzato – seppure siano la minoranza, per il 10-20% di donne che sviluppano metastasi o recidive da tumore della mammella, si stanno moltiplicando i farmaci intelligenti a bersaglio molecolare. Alcuni di questi, innovativi e in grado di far regredire efficacemente la malattia e controllarla per lungo tempo, sono già disponibili anche in Italia». I farmaci a bersaglio molecolare potranno essere presto utilizzati anche in due altre sottocategorie di tumore al seno: quelli con recettori ormonali positivi e i triplo negativi. È presto per parlare di miglioramenti in termine di sopravvivenza, associati a queste ultime terapie, poiché sebbene si tratti di donne affette da metastasi, vivono comunque più a lungo e ci sono risultati promettenti sull’efficacia: «I dati iniziali – aggiunge l’esperto – sono molto positivi: per alcune di queste pazienti c’è la possibilità di avviare sperimentazioni per capire meglio il ruolo e l’azione dei farmaci a bersaglio molecolare». Come prossima opportunità di cura si potrà aggiungere l’immunoterapia, una particolare terapia che punta a rafforzare le difese immunitarie contro il tumore: in fase ancora preliminare per il tumore al seno, ha dato buoni risultati nel tumore al polmone.
E per finire, ecco la quarta buona novità. Riguarda l’opportunità di poter accedere a farmaci innovativi, e dunque anche a una migliore qualità delle cure, ovvero di evitare le migrazioni tra Regioni, grazie all’attivazione di reti oncologiche. In alcune Regioni italiane – Lombardia, Piemonte, Valle D’Aosta, Veneto, Toscana, Umbria, Liguria, provincia autonoma di Trento – sono già esistenti; in altre la rete è invece in partenza, come Campania e Puglia; in altre sono per ora presenti solo sulla carta, come Sicilia, Lazio, Calabria, Sardegna, Basilicata. Mentre per altre Regioni – Emilia Romagna, Marche, Provincia Autonoma di Bolzano, Molise e Friuli Venezia Giulia – siamo ancora al niente di fatto. Portare la rete a livello nazionale è l’obiettivo del progetto Periplo, la “rete di tutte le reti”. «Con questa iniziativa – precisa Pierfranco Conte, presidente di Periplo, direttore della Rete Oncologica Veneta e della Divisione di Oncologia medica 2 all’Istituto Oncologico Veneto – vogliamo rendere il percorso del paziente con tumore di migliore qualità, omogeneo sul territorio nazionale, attraverso il confronto dei percorsi assistenziali tra le reti esistenti. I protocolli di cura potranno così essere applicati direttamente nelle reti che si creeranno, considerando che tutte le Regioni dovranno provvedere alla loro costituzione nel più breve tempo possibile». Un obiettivo non solo organizzativo, ma di salute, perché le evidenze sono chiare: laddove esistono e funzionano le reti, i pazienti colpiti da cancro guariscono di più rispetto al resto d’Italia. «Le Reti – conclude Pronzato – sono fondamentali anche per fare ricerca, puntando soprattutto su popolazioni selezionate, affette da forme oncologiche più complesse o da malattie rare. Con le Reti possiamo avere qualcosa di più rispetto alle ricerche tradizionali». Così da offrire migliori e più ampie opportunità di cura ai pazienti.
“Periplo”: il progetto di reti oncologiche
Il Progetto Periplo per il tumore del seno è stato bene avviato: è stato tra le prime tappe del percorso di rete in funzione dell’impatto epidemiologico e sociale della malattia, il grado di consapevolezza delle pazienti e il ruolo attivo del volontariato (Europa Donna, Komen, Salute Donna), il modello rappresentativo delle Breast Unit, le opportunità che questo big killer offre in termini di diagnostica molecolare, oncogenetica, screening, multidisciplinarietà e personalizzazione dei trattamenti. L’unità di Senologia, cioè la Breast Unit, è concepita come un modello di assistenza specializzato nella diagnosi – dallo screening alla diagnostica clinico strumentale – nella cura e riabilitazione psicofisica delle donne affette da tumore del seno, nelle quali la gestione e i programmi di cura della paziente sono affidati a un gruppo multidisciplinare di professionisti dedicati, con esperienza specifica in ambito senologico.
La Rete delle Breast Unit è il sistema di relazione tra i singoli centri, capace di intercettare integralmente la domanda, promuovere la continuità di cura e favorire le sinergie. La rete, dunque Periplo, dovrà essere organizzata secondo il modello Hub e Spoke: gli hub sono i centri di senologia all’avanguardia, che presentano tutti i requisiti essenziali per trattare la patologia del seno, mentre gli spoke sono i centri di secondo livello, collegati agli hub. Qui si effettuano screening ed esami diagnostici. Insomma nelle Breast Unit la donna può essere presa in carico nella sua interezza, in tutte le fasi del programma di cura, ricevendo anche il giusto supporto per affrontare e accettare la malattia da punto di vista psico-emotivo.
di Francesca Morelli