Cadere banalmente mentre si scendono le scale o quando ci si alza dalla sedia. Può succedere, soprattutto alle persone “over-anta”. E la conseguenza, anche di una caduta insignificante, potrebbe essere una frattura, in molti casi asintomatica, soprattutto se a livello vertebrale. Dopo i 50 anni una donna su 3 e un uomo su 5 sono destinati a subire fratture a causa della fragilità ossea. Le fratture da osteoporosi, che in Italia sono più numerose rispetto ad altri Paesi europei, sono destinate ad aumentare del 22,4% entro il 2030, così pure i costi annuali per la gestione delle ospedalizzazioni da fratture. Sono alcuni dati, presentati a Roma, a Palazzo Giustiniani (Senato della Repubblica) in occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, che si celebra ogni anno il 20 ottobre, e contenuti nel Report europeo “Ossa spezzate, vite spezzate: un piano d’azione per superare l’emergenza delle fratture da fragilità in Italia”, elaborato dalla International Osteoporosis Foundation (IOF) e sostenuto dalla Fondazione Italiana per la Ricerca sulle Malattie dell’Osso (FIRMO), dalla Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) e dalla Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT).
La presentazione del Report è stata l’occasione per fare il punto sulla situazione nel nostro Paese e mettere a fuoco le prospettive di cura di una condizione che troppi ritengono erroneamente una condanna della terza età, ma che ha invece soluzioni mediche praticabili. In particolare, il Report ha rilevato il peso gravoso delle fratture da fragilità in Italia. Si è evidenziato che nel 2017 le spese sanitarie per queste fratture abbiano gravato sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per più di 9 miliardi di euro.
«Attualmente in Italia la percentuale di persone con più di 65 anni è intorno al 23%, ma tale cifra è destinata ad aumentare con l’incremento dell’età della popolazione italiana», puntualizza la professoressa Maria Luisa Brandi, Presidente FIRMO e Ordinario di Endocrinologia presso l’Università di Firenze. «Di conseguenza anche l’incidenza di condizioni croniche, come l’osteoporosi, è destinata a crescere, portando a un aumento esponenziale delle fratture da fragilità. In Italia nel 2017 sono state registrate 560 mila nuove fratture: rappresentano indubbiamente un grave ostacolo all’invecchiamento in buona salute, con ripercussioni sull’indipendenza e la qualità della vita di chi convive con l’osteoporosi. Questo numero dovrebbe aumentare di un ulteriore 22,6% entro il 2030, comportando un incremento dei costi correlati che potrebbero raggiungere gli 11,9 miliardi di euro. L’incidenza delle fratture da fragilità in Italia supera quella della broncopneumopatia cronica ostruttiva [BPCO] e dell’ictus ischemico e, se andiamo a vedere l’incidenza del costo delle fratture da fragilità sull’intera spesa del Sistema Sanitario Nazionale, scopriamo che in Italia questa percentuale è la più alta rispetto a tutti gli altri Paesi dell’UE6 considerati nel Report.
Oltre ai costi, non dobbiamo dimenticare le conseguenze fisiche e personali, come ha spiegato il professor Serge Ferrari dell’International Osteoporosis Foundation (IOF). «In Italia 4 milioni di persone sono affette da osteoporosi. In tutto il mondo, le fratture da fragilità colpiscono una donna su 3 e un uomo su 5 di età pari o superiore a 50 anni. Le conseguenze delle fratture possono causare disabilità significative, rendendo spesso difficili le attività quotidiane, come mangiare, vestirsi, lavarsi o fare la spesa. Per chi subisce una frattura all’anca, c’è una probabilità del 40% di non poter più camminare in modo indipendente. L’impatto fisico e psicologico è dunque enorme».
Il Report dimostra inoltre che il 75% dei pazienti anziani viene dimesso dagli ospedali italiani a seguito di una frattura dell’anca senza alcun trattamento farmacologico per l’osteoporosi.
«Dopo una frattura da fragilità, i pazienti hanno una probabilità cinque volte maggiore di subire una seconda frattura entro i due anni successivi, ma la maggior parte dei pazienti non riceve un trattamento che potrebbe impedirla», commenta il professor Stefano Gonnelli, Presidente SIOMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi, Metabolismo minerale e Malattie dello scheletro). «Non solo, anche nelle donne che devono assumere la terapia antiestrogenica dopo un tumore, non vengono prescritti farmaci per prevenire il rischio di osteoporosi e di fratture che in questi casi è particolarmente elevato». Oltre a fornire lo stato attuale della cura per le fratture da fragilità, il Report rappresenta un piano d’azione per il futuro, indicando raccomandazioni per la classe politica che possono aiutare i responsabili decisionali a offrire la migliore assistenza possibile ai cittadini, al fine di ridurre il numero di fratture e il loro impatto su pazienti e sistema sanitario. «Questo Report invita i responsabili politici a dare priorità alle decisioni che possono fare la differenza per i pazienti con fratture da fragilità, concentrandosi in particolare sul miglioramento del servizio locale, sul rafforzamento della politica nazionale e sulla sensibilizzazione nei confronti del cambiamento dello stile di vita», aggiunge il professor Giuseppe Sessa di SIOT (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia).
«Ci auguriamo che questo Report possa aiutare le parti interessate a intraprendere le azioni necessarie per ridurre i costi della malattia e “impedire alle ossa spezzate di spezzare anche le vita”», auspica il professor Cyrus Cooper, presidente IOF. «Il carico economico delle fratture da fragilità si fa sempre più pesante nei sistemi sanitari, ed è quindi giunto il momento di agire e rispondere con forza. Per questo chiediamo alle autorità sanitarie di intervenire, dando la priorità agli standard di cura e ai finanziamenti per gestire al meglio le fratture da fragilità, evitando così l’escalation dei costi correlati».
di Paola Trombetta