«Ho girato “a vuoto” fra mille specialisti e ambulatori. Nessuno capiva il problema di mia figlia e non si arrivava a una diagnosi. Intanto la sua pelle peggiorava, si copriva di bolle piene di un liquido strano e diventava sempre più fragile, quali intoccabile come “le ali di una farfalla”. Bastava un piccolo tocco perché subisse un trauma, una lesione. La vita per me e la mia bambina cominciava a essere sempre più difficile, quasi invivibile, perché al problema cutaneo se ne aggiungevano molti altri, clinici e non solo. Poi finalmente siano approdati in un centro specializzato e quella sintomatologia così particolare ha avuto un nome: epidermolisi bollosa, una malattia rara della pelle. E così la mia bambina almeno non è più “orfana” di attenzione». È il racconto di Anna, mamma della piccola Flavia, affetta da una malattia rara della pelle, una delle 600 che possono interessare quest’organo e non ancora del tutto note. E’ causata da un difetto genetico e comporta un progressivo scollamento dell’epidermide, lo strato superficiale della pelle, e del derma, che è lo strato sottostante, accompagnato spesso dalla formazione di bolle.
«Nel caso della epidermolisi bollosa, di cui esistono diverse specie (semplici, giunzionali e distrofiche) e di diversa gravità fino a coinvolgere anche le mucose della lingua, degli occhi e dell’esofago – spiega la dottoressa May El Hachem, responsabile di Dermatologia del Bambino Gesù di Roma – il difetto riguarda i geni codificanti per quelle proteine che hanno il compito di tenere “incollate” le cellule e il loro microambiente, tra queste il collagene, la laminina, le cheratine, le integrine. Alcune forme di epidermolisi bollosa sono ereditarie, vale a dire che un genitore con un gene mutato (dunque malato) ha il 50% di probabilità di trasmettere la malattia a ciascuno dei figli. Altre invece sono ereditate per modalità autosomica recessiva: ciò significa che i genitori sono portatori sani di un gene associato alla malattia con una probabilità del 25% di passarlo ai nascituri a ogni gravidanza».
La rarità di queste malattie porta con sé diverse implicazioni: la complessità dal punto di vista della conoscenza, perché c’è ancora molto da chiarire sui meccanismi di sviluppo; la difficoltà della presa in carico, perché pochi sono i centri e gli specialisti con esperienza per la cura; l’opportunità terapeutica perché le cure di rado sono risolutive e per lo più sperimentali; la difficile convivenza perché l’impatto sulla qualità della vita dei bambini e della famiglia sono pesanti. Tutti aspetti che, per essere adeguatamente affrontati, richiedono diagnosi e cura da parte di centri altamente specializzati come quelli della rete ERN-SKIN, che linka 56 strutture europee, tra ospedali e università, dislocate in 18 diversi Paesi. Aver istituito una rete comporta tante funzioni, a vantaggio del paziente: fare formazione continua significa specializzare e aumentare la competenza dei medici nella conoscenza e nel trattamento delle varie patologie rare della pelle; promuove la ricerca scientifica per la scoperta e creazione di nuove cure; tutela la qualità, sicurezza e l’accesso a un’assistenza specializzata per bambini e adulti affetti da queste malattie.
Il progetto ERN – European Reference Network (Reti di Riferimento Europee), avviato nel 2011 ha ottenuto, da parte del Consiglio degli Stati Membri, l’approvazione di 24 reti. Tra queste figura anche l’Ospedale Bambino Gesù di Roma, Centro di riferimento per 15 reti ERN dedicate a 14 gruppi di malattie rare, con il valore aggiunto che l’ospedale della Santa Sede è quello che partecipa al maggior numero di reti. «La gestione delle patologie rare, compresa l’epidermolisi bollosa, richiede interventi di alta complessità e un approccio multispecialistico. Ovvero l’interessamento di un pool di specialisti che, secondo la malattia, l’età del paziente e le possibile complicanze, può coinvolgere dermatologo, neonatologo, fisioterapista, oculista, genetista nutrizionista, dietista, oncologo, pediatra, dentista e diversi altri. In alcuni casi può essere necessario anche un supporto psicologico ai pazienti e alle loro famiglie, offerto su richiesta dal nostro Centro».
Efficacia nell’assistenza e nella cura significa anche predisporre percorsi privilegiati per questi pazienti affinché abbiamo accesso il più rapidamente possibile ai necessari servizi: «I bambini affetti da epidermolisi bollosa, come da altre malattie rare della pelle – aggiunge la specialista – possono contattare direttamente la nostra unità di Dermatologia: si inizia con una sorta di intervista per capire ciò di cui hanno bisogno e a volte riusciamo anche a organizzare il percorso di cura specifico. Nel caso si renda necessario un ricovero, abbiamo allestito stanze appositamente attrezzate per garantire assistenza in ogni sua forma, accoglienza adeguata e sicura per i cosiddetti “bambini farfalla”. Cerchiamo in questo modo di far sentire ai piccoli pazienti e alla famiglia, che non sono soli in questo percorso di cura, ma che sono accompagnati da personale esperto che comprende e ascolta le loro necessità che sono moltissime. Il percorso comprende una prima diagnosi basata sull’osservazione clinica, a cui seguono l’analisi istologica per la definizione del tipo di malattia, tramite una biopsia cutanea e test genetici molecolari. Nelle coppie portatrici del gene mutato è raccomandata una diagnosi prenatale, dunque già nel corso della gravidanza, sebbene attualmente non esistono cure risolutive». La prima attenzione per i bambini farfalla riguarda la prevenzione delle infezioni, medicando quotidianamente le lesioni della cute: nuove aspettative di cura sono comunque attese dalla terapia genica e da innovazioni che verranno messe in luce da progetti di ricerca sulle malattie rare.
La collaborazione di tutti è fondamentale, anche delle Associazioni pazienti: «Il loro apporto – conclude la dottoressa El Hachem – ci permette di capire meglio le problematiche dei pazienti e di intercettare i loro bisogni, così da migliorare la qualità dell’assistenza. Inoltre le Associazioni aiutano i pazienti a risolvere le difficoltà che riscontrano talvolta sul territorio, in particolare per le esenzioni di alcuni prodotti come creme idratanti, emollienti, bende, garze, cerotti che spetterebbero a chi soffre di queste malattie rare, ma che alcune Regioni non riconoscono. Il rapporto medico-territorio-famiglia-associazioni è di mutuo aiuto: fornisce al clinico gli strumenti per migliorare il proprio lavoro e alle famiglie offre un supporto “vitale”». Come a dire che l’attenzione verso queste malattie non deve essere “rara e orfana”: deve essere invece un impegno capillare e di squadra per trovare risposta ai tanti bisogni ancora insoddisfatti.
di Francesca Morelli