Il picco influenzale quest’anno è arrivato prima, complici i repentini sbalzi climatici e le elevate concentrazioni di virus e polveri sottili presenti nell’aria. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nell’ultima settimana del 2018, oltre un milione e mezzo di italiani hanno passato le vacanze di Natale a letto, di cui più di undici casi su 1000 sono stati i bambini, più esposti alle complicanze dell’influenza, a causa del sistema immunitario non ancora maturo. Tra queste molto diffusa è la bronchiolite.
«E’ una problematica di origine virale che colpisce i piccoli soprattutto nei primi sei mesi di vita e comunque con maggiore frequenza sotto i due anni– spiega il dottor Renato Cutrera, responsabile della Broncopneumologia all’Ospedale Bambino Gesù di Roma –Poi l’incidenza può subire un calo poiché dopo i 3 anni quasi tutti i bambini sono positivi agli anticorpi contro il virus respiratorio sinciziale. Virus che nel 75% dei casi scatena la problematica ed è particolarmente attivo in tutto l’emisfero nord, quindi anche in Italia, nel periodo invernale con un picco che può variare tra dicembre e febbraio. A questo virus si possono aggiungere altri microrganismi virali, come i metapneumovirus, coronavirus, rhinovirus, adenovirus, virus influenzali e parainfluenzali».
La manifestazione iniziale della bronchiolite è subdola poiché comincia con una febbricola e rinite, l’infiammazione nasale a cui possono seguire tosse insistente, che si aggrava gradualmente, difficoltà respiratoria più o meno accentuata, caratterizzata da un aumento della frequenza respiratoria. «Sono le manifestazioni classiche della bronchiolite – precisa il pediatra – che caratterizzano l’infiammazione dei bronchi e bronchioli, ostruiti dalla produzione eccessiva di muco che rende difficoltosa la respirazione». Tutti i bimbi, molto piccoli, sono di facile contagio (con un tempo di incubazione che dura tra i 6 e i 10 giorni), ma ulteriori elementi di fragilità sono rappresentati da prematurità, un’età inferiore alle 12 settimane, dalla presenza di alcune malattie quali cardiopatie congenite, displasia broncopolmonare, fibrosi cistica, anomalie congenite delle vie aeree e immunodeficienze. Tutti fattori che possono aggravare o peggiorare la sintomatologia.
«Soprattutto questa classe di potenziali piccoli pazienti – raccomanda Cutrera – vanno tenuti lontano da adulti o fratellini più grandi raffreddati, così come sarebbe utile attivare alcune norme pratiche preventive che richiedono di lavarsi le mani ogni volta che si prende in braccio un neonato o un lattante, ma anche prima e dopo aver accudito il bambino, di non fumare in casa, anche in ambienti diversi da quelli maggiormente frequentati dal piccolo perché il fumo passivo è tra i fattori più importanti di aggravamento della bronchiolite, di prolungare l’allattamento al seno poiché contiene alcuni “elementi protettivi” contro la bronchiolite. Inoltre è bene aumentare l’apporto di liquidi perché nei bambini, soprattutto molto piccoli, oltre a un calo dei livelli di saturimetria, cioè di ossigeno nel sangue, può presentarsi anche uno stato di disidratazione causata dalla difficoltà di alimentazione e dell’aumentata perdita idrica determinata dal lavoro respiratorio».
La raccomandazione degli esperti è chiara: in presenza dei sintomi da raffreddamento, quali tosse, difficoltà respiratorie, niente-fai-da-te con diagnosi o somministrazione di farmaci, ma un consulto pediatrico che orienterà verso la terapia giusta. E che può prevedere diverse opzioni nella maggior parte dei casi attuabili a casa. «Di norma il primo approccio terapeutico – precisa Cutrera – prevede frequenti lavaggi nasali che liberano le vie respiratorie, con l’aggiunta di una terapia aerosolica con soluzione ipertonica al 3% che aiuta invece a mobilizzare e aspirare le secrezioni di muco, difficili da espellere per i piccoli. È possibile anche utilizzare, dietro prescrizione medica, dei broncodilatori cioè dei farmaci che dilatano i muscoli dei bronchi e quindi migliorano la respirazione, assunti per via inalatoria 3-4 volte al giorno, sospendendo la terapia in mancanza di evidente efficacia e miglioramento dei sintomi. L’uso di antibiotici invece non è raccomandato, fatta eccezione in bambini immunocompromessi o in caso di sospetto di una infezione batterica concomitante».
Durante le fasi più acute della bronchiolite, in cui il bambino ha maggiori difficoltà a respirare e alimentarsi, è bene frazionare i pasti, aumentandone la frequenza e diminuendo le quantità. Solo in alcuni casi è necessario il ricovero, che potrebbe riguardare i bambini maggiormente a rischio, quelli cioè prematuri, con anomalie genetiche o patologie congenite. «E’ opportuno rivolgersi direttamente al pronto soccorso – conclude l’esperto – solo nel caso in cui il bambino presenti una difficoltà respiratoria molto grave o qualora dovesse assumere un colorito cianotico delle dita delle mani o intorno alle labbra. Questi sono indicatori di un rischio di apnea, cioè di una pausa respiratoria prolungata, che richiede il controllo e il monitoraggio dei parametri cardio-respiratori. Se necessario, durante il ricovero, si potrà attuare anche un’adeguata ossigenazione del sangue attraverso la somministrazione di ossigeno umidificato e riscaldato e un’opportuna idratazione, qualora l’alimentazione risultasse difficoltosa, attraverso la somministrazione di soluzioni glucosaline per via endovenosa». Ma la buona notizia è che, generalmente, la bronchiolite si risolve spontaneamente in circa 12 giorni.
di Francesca Morelli
Nebulizzazione: una soluzione nel trattamento delle malattie respiratorie
È indicata a ogni età, è di facile uso e può essere adattata su misura in dosi terapeutiche in base alle diverse problematiche dell’apparato respiratorio, è efficace nel trattamento della malattie in fase cronica e acuta, è indolore per i piccoli e rassicurante per i genitori per via del vapore emanato, può essere usata ovunque, rispetta l’ambiente perché non contiene propellenti; può essere usata in combinazione ad altri trattamenti come i lavaggi nasali. Sono alcuni dei vantaggi dell’aerosolterapia e di terapie affini che sprigionano particelle attraverso device come spray predosati, inalatori a polvere secca e nebulizzatori. Questi ultimi sono una sorta di versione più moderna del tradizionale aerosol, particolarmente adatti nella cura dei bambini ed efficaci nel rispondere alle diverse necessità terapeutiche. «La nebulizzazione, che eroga soluzioni fisiologiche o farmacologiche in particelle di differenti dimensioni, arriva più velocemente nelle alte, medie e basse vie respiratorie – spiega il professor Fabrizio Pregliasco, Virologo e ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi dell’Università di Milano e Direttore Sanitario dell’IRCCS Galeazzi di Milano – permettendo di trattare, anche in bambini molto piccoli, problematiche spesso sottovalutate perché ritenute banali. Come i raffreddori e i sintomi influenzali, evitando così possibili complicanze: scioglie muco e catarro, impedisce la diffusione del virus e l’evoluzione in sinusiti, otiti e laringotracheobronchiti».
La nebulizzazione può trattare anche forme parainfluenzali che colpiscono naso, orecchie e gola, possibile fattore di riacutizzazione della rinosinusite e il loro perdurare nel tempo. «L’erogazione di molecole di dimensioni adeguate – commenta il professor Gian Luigi Marseglia, Presidente della Conferenza Permanente delle Scuole di Pediatria, della SIAIP (Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica) e Direttore della Clinica Pediatrica Università di Pavia-Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” di Pavia – aiuta a tornare a respirare bene in tempi ancora più rapidi se usata in combinazione a lavaggi nasali con soluzioni fisiologiche che disinfiammano la mucosa».
La nebulizzazione è “terapeutica” anche per le orecchie dei piccoli, più esposte a otiti a causa della struttura della tromba di Eustachio, più corta e orizzontale, che facilita il passaggio di batteri, virus, funghi. «è importante porre attenzione ai primi sintomi:– aggiunge il dottor Alberto Macchi, Dirigente Primo Livello-ASST Sette Laghi Varese Clinica di Otorinolaringoiatria, Università degli Studi dell’Insubria e Presidente IAR (Accademia Italiana di Rinologia) – dolore e suppurazione dell’orecchio, riduzione dell’udito, febbre e, soprattutto nel bambino, pianto, malessere generale, stanchezza e affaticamento, in modo da evitare i rischi di un’otite media acuta che, se trascurata, può portare anche alla trombosi dei seni cavernosi endocranici».
Non si deve, infine, dimenticare nei bambini fino a 5 anni di età, il rischio di broncospasmo e le riacutizzazioni di asma e BPCO (broncopneumopatia cronico ostruttiva) più diffuse nell’adulto: in queste affezioni respiratorie, la nebulizzazione (il cui uso è raccomandato anche dalla Linee Guida internazionali) è in grado di “tagliare” il farmaco in dosi e particelle di dimensioni adeguate a raggiungere l’organo bersaglio dove svolge un’azione curativa con uno sforzo collaborativo minimo da parte del paziente che deve solo respirare. Il corretto uso e le indicazioni alla nebulizzazione sono sensibilizzate nella campagna (in corso) “Un respiro di salute”, promossa da FederAsma e Allergie Onlus e realizzata con il contributo non condizionato di Chiesi Italia: per maggiori informazioni è possibile scaricare il “Vademecum sull’aerosolterapia – I benefici per il paziente” dal sito www.federasmaeallergie.org F. M.