TUMORI DELLA PELLE: PUBBLICATI I RISULTATI DI UNO SCREENING SU 70 PARLAMENTARI

Sono stati pubblicati in questi giorni sull’ International Journal of Dermatology i risultati di un’indagine su una settantina di Parlamentari italiani, avviata nell’aprile 2012 in occasione della campagna di screening dei tumori della pelle Euromelanoma, a cui hanno partecipato oltre 30 Paesi europei.

I risultati evidenziano come i comportamenti della classe politica non si discostino da quelli dei cittadini: stesse abitudini, con almeno due settimane l’anno di esposizione al sole durante le vacanze, e analoghi fattori di rischio con sospetto di lesioni cancerose in fase precoce, rendono sovrapponibili i dati tra i Parlamentari e la popolazione generale. La presenza di tumori della pelle è stata riscontrata nel 14,5% dei casi e di questi il 6,5% sono risultate lesioni da cheratosi attinica, un tumore della pelle non-melanoma in fase precoce. Da qui la necessità di maggiore attenzione per questa patologia che, proprio per la sua incidenza, deve essere diagnosticata in tempo con appositi screening così da poter essere trattata prima della sua progressione verso una forma invasiva. Le strategie per contrastare i tumori cutanei sono state discusse a Roma, alla Camera dei Deputati, nel corso di un incontro tra rappresentanti delle Istituzioni e specialisti.

«L’obiettivo dello screening sui parlamentari è stato quello di sensibilizzare i politici e richiamare la loro attenzione sull’importanza di promuovere campagne di prevenzione», afferma Ketty Peris, Direttore della Clinica Dermatologica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Presidente di Euromelanoma Italia. «Al termine dello screening abbiamo rilevato una percentuale di lesioni sospette comparabile a quelle riscontrate nella popolazione generale. Anche questa iniziativa dimostra che è forte l’esigenza d’informazione e prevenzione: prevenire le lesioni e i tumori della pelle è più facile e meno costoso rispetto ad altre patologie ed è opportuno che le Istituzioni identifichino strategie mirate per trovare risorse in questo settore».

In poco meno di un ventennio sono quasi triplicati i nuovi casi di melanoma, il cancro cutaneo più conosciuto e terza diagnosi di carcinoma più frequente sopra i 45 anni di età. Meno aggressivi e conosciuti, ma molto più diffusi, sono i tumori non-melanoma della pelle, che rappresentano il 19,9% di tutti i tipi di tumore. I nuovi casi stimati per il 2014 sono ben 42.600 tra gli uomini e 30.300 tra le donne nel 2014. Si tratta in particolare delle cosidette cheratosi attiniche, che possono precedere il carcinoma squamocellulare, in costante aumento in Italia: colpiscono circa l’1,4% della popolazione sopra i 45 anni, vale a dire oltre le 360.000 persone, e il 3% dopo i 74 anni, ovvero oltre 180.000 persone. La principale causa è la radiazione UVB dei raggi solari che induce una mutazione specifica del DNA cellulare e chi ne è affetto ha una probabilità 10 volte maggiore di un carcinoma squamocellulare nei 12 mesi successivi.

Per questo è fondamentale trattare la cheratosi attinica come una lesione che può evolvere in un tumore cutaneo invasivo non-melanoma. La diagnosi precoce dei tumori della pelle è fondamentale per ottenere una prognosi favorevole e aumenta le chance di successo delle nuove terapie per il trattamento delle patologie tumorali e pretumorali. «Il valore aggiunto delle nuove opzioni terapeutiche, come per esempio l’ingenolo mebutato per il trattamento della cheratosi attinica, è che non si limitano a curare le lesioni e le zone circostanti, ma agiscono anche in chiave di prevenzione e sono in grado anche di trattare lesioni che non si vedono a occhio nudo»,sottolinea Giovanni Pellacani, Professore ordinario di Dermatologia e Direttore della Clinica Dermatologica dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. «La brevità del ciclo terapeutico favorisce una maggiore aderenza al trattamento con un beneficio in termini di efficacia. Sappiamo, infatti, che in dermatologia quanto più le terapie si prolungano nel tempo tanto meno il paziente aderisce ed è più propenso ad abbandonare le cure». (P.T.)