Per il 75% dei giovani, under 35, la salute è una priorità: due su 5 fanno prevenzione e si informano sul tema. Le malattie che temono di più sono i tumori (73%); vengono poi le malattie neurodegenerative (36%) e i disturbi psichici (35%). Sono i dati emersi dall’indagine “Giovani e prevenzione” realizzata da Fondazione Onda, condotta da Elma Research in collaborazione con Aon, su un campione di 892 soggetti tra i 18 e i 35 anni per valutare la propensione di questa fascia di popolazione alla cura della propria salute. La prevenzione nei giovani è stata al centro del terzoCongresso nazionale di Onda, che si è appena concluso a Milano. «La ricerca che abbiamo condotto per valutare la prevenzione della salute nella fascia più giovane della popolazione, tra i 18 e i 35 anni, ci restituisce un quadro piuttosto positivo», puntualizza Francesca Merzagora, presidente di Onda. «Due intervistati su 5 fanno prevenzione e la percezione generale è di essere in buona salute. Gli uomini si reputano in uno stato di salute migliore rispetto alle donne (54% contro il 48%), ma si rivolgono al medico solo quando i sintomi diventano seri e interferiscono con la vita di tutti i giorni».
Dove si informano i giovani? Il 54% sui siti internet, poi dai canali medici, tra cui i medici di medicina generale e gli specialisti, e da familiari e conoscenti, rispettivamente nel 53 e 39% dei casi. Tra le malattie più temute, i tumori la fanno da padrone (73%), seguiti dalle malattie neurodegenerative (36%) e i disturbi psichici (35%). «Questi dati evidenziano come i giovani temono soprattutto malattie tipiche di un’età più avanzata, quali i tumori. Ciò che preoccupa viene dunque letto in una prospettiva futura, mentre le malattie sessualmente trasmissibili, che sono un reale pericolo in questa fascia d’età, compaiano solo al sesto posto», commenta Merzagora. «E gli uomini le temono maggiormente (27%) rispetto alle donne (20%). Questo si riflette, ad esempio, nel maggiore ricorso a visite infettivologiche di controllo da parte loro (19% rispetto al 10% delle donne).
«Le malattie a trasmissione sessuale sono un tema più sentito dagli uomini perché la cultura della protezione, grazie all’uso del condom, è più nelle mani maschili, mentre le donne hanno la percezione di non prendere infezioni perché fanno visite ginecologiche, ed eventualmente Pap Test», fa notare Rossella Nappi, professore ordinario di Ostetricia e Ginecologia all’Università degli Studi di Pavia, Policlinico San Matteo. «Le giovani si preoccupano semmai di fare una contraccezione sicura di tipo ormonale e non di barriera, oppure naturale e poco sicura con le app. La donna, a causa dell’impatto che le fasi del ciclo mestruale esercitano sul senso di benessere psico-fisico, si percepisce meno in salute dell’uomo. Dolori mestruali, mal di testa, tensione al seno, senso di gonfiore, alterazioni dell’umore rendono le donne più attive nel cercare l’aiuto del medico e meno portate a svolgere attività fisica, che invece sarebbe un toccasana e aumenterebbe la percezione di benessere».
Per monitorare la propria salute, sei giovani su 10 utilizzano App. Vi ricorrono soprattutto le donne (68% contro il 40% degli uomini) per monitorare il ciclo mestruale (una donna su 2). Rimanendo sempre in ambito tecnologico, i dispositivi elettronici indossabili, o wearable device, invece, sono utilizzati solo dal 15%. «I giovani sono abituati a usare lo smartphone per molte attività che li riguardano», commenta Eugenio Santoro, responsabile del Laboratorio di Informatica Medica – Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri – IRCCS. «È perciò naturale che usino le App per monitorare la propria salute. Mancano ancora studi clinici che dimostrino l’efficacia di questi strumenti, soprattutto in un’ottica di prevenzione. Solo in presenza di questi risultati, App e dispositivi indossabili potrebbero smettere di essere considerati gadget ed essere usati in modo più utile dai giovani, per fare prevenzione e controllare la salute».
Da considerare poi le dipendenze dei giovani che danneggiano invece la salute: il fumo risulta il più diffuso (54%), seguito dalla dipendenza da social network (19%), che supera quella da alcool (10%). Questi comportamenti possono radicarsi fin dall’adolescenza. «Abbiamo condotto di recente una ricerca su studenti delle scuole superiori milanesi (14-18 anni), con l’obiettivo di comprenderne le abitudini e le dipendenze da sostanze, in relazione alla salute mentale», puntualizza Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, Direttore Dipartimento di Neuroscienze e Salute Mentale, Fatebenefratelli-Sacco, «E’ emerso che la totalità del campione ha uno smartphone e il 56% lo usa anche di notte, il 37% ha usato almeno una volta sostanze illecite e la percentuale di chi si è ubriacato almeno una volta negli ultimi 6 mesi tocca il 40%. Tutti i ragazzi del campione, con problemi di salute mentale, avevano un ritmo sonno-veglia alterato, evidenziando come il sonno sia il nodo cruciale fra comportamenti disfunzionali e dimensioni psicopatologiche dei ragazzi. La cosiddetta “sleep deprivation”, la privazione di sonno, si registra anche nella fascia d’età giovanissima (12-15 anni): il 71% dei giovanissimi usa il cellulare la sera e il 92% di questi lo usa addirittura dopo mezzanotte. Questi sistemi elettronici sono in grado di interferire sulle risposte neuronali, interessando quelle zone della corteccia cerebrale che presiedono il desiderio e l’aggressività: si prova piacere a chattare o messaggiare con lo smartphone, ma al tempo stesso si diventa dipendenti e spesso anche aggressivi. Ecco perché questo genere di dipendenza dovrebbe essere analizzato alla pari di quella da droghe e alcol».
di Paola Trombetta