“GUARISCE” UNA RAGAZZA SIEROPOSITIVA

E’ nata sieropositiva, perché l’infezione della mamma non era ben controllata: oggi ha 18 anni, non assume più farmaci da 12 anni e il virus dell’HIV sembra essere debellato. I medici fin dai primi giorni di vita le avevano somministrato un farmaco a scopo di profilassi, l’Azt (sigla che sta per zidovudina). Sei settimane di trattamento, però, non impediscono che l’infezione si manifesti. Quando la piccola ha poco più di tre mesi cominciano il trattamento con un mix antiretrovirali che prosegue fino a sei anni, quando la famiglia decide di interrompere la cura. L’anno seguente, al consueto check-up, i medici si accorgono che la carica virale, vale a dire la quantità di virus nel sangue, non è rilevabile. Quindi optano per aspettare e vedere cosa succede, senza somministrare alcun trattamento. Oggi la bambina ha 18 anni e il virus Hiv non ha più rialzato la testa. 

«Questa bambina non ha fattori genetici associati con un controllo naturale dell’infezione», ha spiegato Asier Sáez-Cirion dell’Unité Hiv, inflammation et persistance dell’Istituto Pasteur di Parigi. «Con ogni probabilità  è l’aver ricevuto una combinazione di antiretrovirali molto presto dopo il contagio a permettere una remissione virologica così persistente». Non è il primo caso in cui si verifica un fenomeno simile. Quasi due anni fa fece il giro del mondo la storia di una bambina americana (passata alle cronache con l’appellativo di “Mississippi baby”) che sembrava aver sconfitto il virus dell’Hiv. Nata sieropositiva, fu sottoposta subito dopo la nascita a un aggressivo trattamento con antiretrovirali. A 18 mesi la madre interruppe il trattamento per cinque mesi. Salvo poi tornare dai medici. Con immensa sorpresa si scoprì che all’interruzione del trattamento non aveva coinciso una ripresa dell’infezione. Si disse che la bambina era guarita dall’Hiv. Ma non era così: esattamente un anno fa, i National Institutes of Health comunicarono che l’infezione aveva ripreso vigore. Erano passati 27 mesi dall’ultimo trattamento che aveva assunto. Nel caso della ragazza francese i mesi trascorsi sono 150. Ed è per questo che Sáez-Cirion sostiene che si dimostra per la prima volta che «il concetto che la remissione a lungo termine è, come negli adulti, possibile nei bambini». Pur precisando che per ora si tratta di casi molto rari.  (P.T.)