Tromboembolia da Covid-19: si previene con farmaci appropriati

La notizia è confermata dai molti referti di anatomia patologica eseguiti sulle persone decedute, dopo aver contratto l’infezione da Covid-19: in gran parte dei casi si è riscontrata la presenza di tromboembolia polmonare, ovvero diffusione di trombi nelle arterie polmonari. In occasione della Giornata per la Lotta contro le Trombosi (15 aprile), abbiamo cercato di approfondire questo aspetto, molto importante, perché oggi è possibile curare questi pazienti, prima che l’infezione si aggravi in modo irreversibile. «È un dato certo che Covid-19 causa un alto grado di infiammazione, che si può propagare ai vari organi, non solo ai polmoni», conferma Alessandro Capucci, già professore ordinario di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università di Piacenza e all’Università Politecnica delle Marche. «Si è visto inoltre che il virus attacca i fosfolipidi, implicati nei processi di coagulazione del sangue, aumentando così il rischio di trombosi, oltre che a livello polmonare, anche cerebrale e di altri organi come gli arti inferiori. Per questo si sta valutando di utilizzare, tra le possibili opzioni terapeutiche, anche l’eparina, un potente anticoagulante. Diverse sperimentazioni sono in corso al Policlinico San Matteo di Pavia e al Sant’Orsola di Bologna. In più, per combattere l’infezione sul nascere, stiamo valutando una promettente associazione farmacologica: idrossiclorochina (plaquenil) già usata come antimalarico e nei casi di lupus eritematoso sistemico e azitromicina, un antibiotico che ha anche effetto antivirale. L’importante è somministrare questi farmaci precocemente, ai primi segnali di infezione (tosse e febbre) ed evitare di lasciare passare troppi giorni con il solo trattamento a base di paracetamolo (tachipirina), che non interferisce minimamente con la replicazione del virus. Con terapie appropriate, si potrebbero curare i pazienti a domicilio e ridurre il rischio di diffusione del contagio negli ospedali e il peggioramento del quadro clinico dei pazienti stessi».

In questi mesi purtroppo, in particolare nella Regione Lombardia, abbiamo preso atto della carenza di un sistema di gestione del paziente Covid a domicilio, con la conseguenza dell’intasamento delle Terapie intensive degli Ospedali che, forse, si sarebbe potuto evitare con l’utilizzo precoce di terapie appropriate. Il continuo afflusso di pazienti Covid nelle strutture ospedaliere ha reso questi luoghi una delle principali fonti di contagio, sia per i medici e gli operatori sanitari che per i pazienti. Con il rischio anche di dover trascurare tutte le altre malattie. Tra queste, soprattutto le problematiche cardiovascolari, in particolare l’infarto. In questi due mesi si è registrato un calo del 50% dei ricoveri per infarto negli ospedali italiani. La paura dell’infezione ha indotto molte persone, pur in presenza di problematiche cardiovascolari, a restare a casa, con il rischio di morire senza alcun accesso alle cure. E questi malati, forse più di altri, hanno anche una prognosi peggiore all’infezione da Covid-19, per le complicanze cliniche che la malattia cardiovascolare comporta e per i molti farmaci che devono assumere, alcuni dei quali sono stati nell’occhio del ciclone.
«Le terapie per le malattie cardiovascolari (beta-bloccanti, ace-inibitori, sartani, cardioaspirina) non interferiscono con il rischio di contrarre l’infezione da Covid-19 e non peggiorano la prognosi», conferma il professor Capucci. «Piuttosto è la clinica della malattia a rendere i pazienti cardiopatici più vulnerabili all’infezione, soprattutto se associata a diabete e obesità. Si è visto che i pazienti in sovrappeso sono quelli che devono ricorrere più di frequente ai supporti respiratori con ossigeno. Se però esistono trombi nei circoli sanguigni, soprattutto a livello polmonare, l’ossigeno non potrà mai arrivare, nonostante la ventilazione assistita. Un motivo in più per preferire una terapia anticoagulante, più appropriata, prima di procedere con l’intervento di ossigenazione forzata».

Dalle casistiche di questi mesi appare evidente una maggioranza netta di uomini (70%) colpiti da Covid-19 rispetto alle donne (30%). Anche le malattie cardiovascolari e trombotiche sono più frequenti negli uomini. Potrebbe allora esserci una correlazione che spieghi questa differenza di genere anche nell’infezione da Coronavirus?

«Certamente le donne soffrono meno degli uomini di problematiche cardiovascolari e trombotiche e questo potrebbe giocare a loro favore, proteggendole da quelle comorbidità che peggiorano la prognosi da Covid-19. In più le donne hanno una massa corporea inferiore rispetto agli uomini e seguono un’alimentazione più sana, meno ricca di carboidrati. Si è dimostrato che l’eccesso di zuccheri nel sangue, presente soprattutto nelle persone con diabete e obese, riduce drasticamente la capacità immunologica dell’organismo che reagisce meno all’attacco dei virus».

di Paola Trombetta

Nasce il portale “COVID-19 e Cuore”

“COVID-19 e Cuore” è un portale riservato ai medici, attivo per sei mesi, allo scopo di uniformare e aggiornare i protocolli di cura per i pazienti cardiopatici con infezione da Covid-19. Nel portale è presente anche una sezione webinar, con funzioni avanzate per la condivisione in tempo reale, uno spazio per presentare le proprie esperienze cliniche e una sezione “domande e risposte” per la gestione del paziente con malattia cardiovascolare e rischio Covid, con tutti gli aspetti diagnostici e farmacologici inerenti. L’iniziativa promossa da IRCCS Multimedica di Milano, è realizzata con il contributo non condizionato di Daiichi Sankyo Italia. «Le esigenze ospedaliere nella gestione di pazienti con Covid-19 stanno richiedendo, per gli operatori sanitari in cardiologia, l’acquisizione di competenze da altre discipline, nonché la modulazione dei protocolli organizzativi e di gestione delle patologie e degli interventi cardiologici», spiega Gian Franco Gensini, Direttore Scientifico IRCCS MultiMedica di Milano e coordinatore del Comitato scientifico del progetto COVID-19 e Cuore. «Questo strumento di condivisione nasce con l’obiettivo di mettere a fuoco gli elementi utili a comprendere il rapporto tra Coronavirus e problematiche cardiovascolari connesse, contribuendo così a costituire una guida per assicurare la gestione più efficace e sicura per i pazienti e per il personale sanitario durante questa pandemia».   P.T.

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