Beatrice Mancini, specialista in fotografia di reportage, si è unita a “Il Filo di Juta”, una Onlus che da anni si occupa di educazione scolastica nel sud del Bangladesh e che nel 2014 ha realizzato un progetto sanitario pilota per ampliare il proprio intervento anche in ambito medico. Il Bangladesh è una zona dove terra e acqua determinano lo stile di vita degli uomini e delle donne che la abitano, che sprofonda nell’acqua per il 30% della sua estensione e dove le condizioni sanitarie sono tragiche, a causa della paradossale scarsità di acqua potabile. In questa situazione, già così disperata, la condizione delle donne è assai più difficile di quella degli uomini. Il fatto che i medici del progetto fossero tutte donne ha favorito l’avvicinamento della parte femminile della popolazione, spesso lasciata ai margini dalla società: donne fuori casta, musulmane in particolare. Gli scatti di Beatrice Mancini raccontano le storie emerse durante le visite a queste donne, ritraggono un’armonia di luce e fango come rappresentazione di vite spese a servire prima il padre e poi il marito, in uno stato di perenne sottomissione. “Alcune accettano passivamente il loro destino, altre invece prendono coscienza della loro condizione e scelgono la libertà uccidendosi in modo atroce, spesso con il veleno per topi. Gesti di disperazione in un mondo in cui perfino il minimo cambiamento sembra impossibile”, racconta la fotografa. “Donne costrette a sposarsi a 13-14 anni, spesso con uomini assai più vecchi di loro o magari deformi”. Ecco perché è necessario alzare la voce per riuscire a cambiare il destino di queste donne. Queste principesse dagli abiti sgargianti e dagli sguardi antichi, hanno un lungo cammino da percorrere: devono prendere coscienza che questo mondo di terra e di acqua può essere migliore anche per loro”.