La recente scommessa della ricerca in oncoematologia va nella direzione delle terapie avanzate. In occasione della Giornata nazionale per la Lotta contro Leucemie, Linfomi e Mieloma, promossa il 21 giugno da AIL (Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma), gli esperti hanno fatto il punto sulle nuove opzioni terapeutiche per la cura di queste malattie, che colpiscono in Italia circa 33 mila persone ogni anno. Se un tempo si parlava genericamente di Tumori del sangue, oggi abbiamo una classe ben più vasta, con un centinaio di patologie differenti, come leucemie croniche e acute, linfoblastiche, linfomi di Hodgkin e non Hodgkin, mielomi e tante altre ancora. La tendenza odierna è dunque la terapia personalizzata o addirittura “individualizzata”, su misura per ciascun paziente. Immunoterapia e tecnologia CAR-T negli ultimi anni hanno rivoluzionato l’ematologia, con soluzioni terapeutiche in grado di fare la differenza, anche per quanto riguarda la qualità di vita delle persone. La tecnologia CAR-T si basa sull’idea di sfruttare la capacità del sistema immunitario di riconoscere le cellule cancerogene. Alcuni linfociti T del paziente vengono infatti “ingegnerizzati” in laboratorio e reinfusi, dopo l’inserimento di un gene in grado di colpire solo le cellule del tumore. Un grande passo avanti rispetto a qualche anno fa, quando per molti tumori ematologici, l’unica cura era la chemioterapia.
«La nuova prospettiva rappresentata dalle CAR–T ha dimostrato di modificare la prognosi di linfomi aggressivi per i quali non erano disponibili alternative», puntualizza Sergio Amadori, Presidente Nazionale AIL. «Oggi questi pazienti hanno una chance in più di poter controllare la malattia e anche la possibilità di guarire. Ma è importante dire che non tutti i pazienti possono beneficiare di questa terapia ed è perciò necessario che la ricerca prosegua».
Negli ultimi mesi la vita di tutti è stata stravolta dall’emergenza Covid-19 ed è stato necessario riorganizzare e ripensare anche l’assistenza e le attività di supporto ai pazienti; anche ora, nella fase 3, è necessario continuare a garantire la sicurezza delle cure e degli ambiti di cura.
«Per questo AIL si è molto impegnata nel sostenere il proseguimento delle terapie salvavita per tutti i pazienti onco-ematologici e fare in modo che non le interrompano per timore di contrarre l’infezione da Covid-19. E la paura di andare in ospedale potrebbe causare grossi danni», conferma Amadori . «Inoltre, AIL promuove tutte le norme previste per ridurre il rischio di infezioni. Per questo è necessario che i percorsi onco-ematologici siano protetti in tutti gli ospedali italiani, così che i pazienti si possano rivolgere senza alcun timore ai loro centri di riferimento».
Terapia CAR-T e anticorpi monoclonali: salvavita per alcuni tumori del sangue
Ad oggi in Italia sono 12 i centri autorizzati per la terapia CAR-T, di cui 3 pediatrici; alcuni sono già attivi e altri lo saranno a breve, non appena conclusa la fase di qualificazione prevista dalle autorità regolatorie. «In Italia la terapia CAR-T è approvata per il trattamento del Linfoma diffuso a grandi cellule B e per il Linfoma mantellare, per il quale gli esiti sono particolarmente promettenti; è ancora in fase di sperimentazione contro il Linfoma follicolare», conferma Paolo Corradini, Direttore della Divisione di Ematologia e Trapianto della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Presidente SIE (Società Italiana di Ematologia). «I risultati italiani sono sovrapponibili a quelli degli studi registrativi e in linea con quelli di altri paesi europei, come Germania, Francia, UK e Spagna che hanno iniziato l’utilizzo circa un anno prima. È una terapia salvavita, nuova e potente, ed è fondamentale conoscerla molto bene per utilizzarla al meglio». Incoraggianti i risultati presentati al recente Congresso americano di Chicago ASCO sul trattamento del mieloma multiplo. Lo studio CARTITUDE-1 su pazienti trattati con terapia sperimentale a base di cellule T, che esprimono un recettore per l’antigene CAR-T, hanno dimostrato che dopo nove mesi di trattamento l’86% dei pazienti era libero da malattia. Per gli specialisti e i Centri autorizzati è comunque necessario migliorare l’esperienza e la conoscenza in modo da poter individuare i pazienti che ne possono beneficiare al meglio. Anche i linfomi rappresentano uno degli esempi di neoplasia in cui la moderna onco-ematologia ha ottenuto i migliori risultati terapeutici: si dividono in due grandi categorie, linfoma non Hodgkin (LNH) e il linfoma di Hodgkin (LH). «Nei linfomi non Hodgkin, con l’attuale associazione di immunoterapia con rituximab (anticorpo monoclonale) e chemioterapia è possibile ottenere delle risposte complete che variano tra il 60-80% dei casi, in relazione all’età del paziente e al tipo istologico, che a distanza di anni possono essere considerate delle guarigioni», spiega Maurizio Martelli, Professore ordinario e Direttore UOC Ematologia dell’Azienda Policlinico Umberto I – Università Sapienza di Roma. «Per il linfoma di Hodgkin l’associazione di chemioterapia e radioterapia rappresenta ancora il trattamento standard con una possibilità di guarigione in quasi il 90% dei casi. L’immunoterapia con un altro anticorpo monoclonale (brentuximab) rappresenta la terapia del paziente refrattario al trattamento standard».
Buoni risultati si sono ottenuti anche nella leucemia linfatica cronica, con l’associazione dell’anticorpo monoclonale rituximab più venetoclax: questa combinazione di farmaci è in grado di riattivare la morte programmata delle cellule tumorali, senza l’aggiunta di chemioterapia. L’87% dei pazienti trattati è libero dalla malattia dopo due anni dal trattamento. È quanto è emerso dallo studio clinico MURANO, presentato al meeting dell’ASH (American Society of Hematology) di Orlando: ha confermato l’efficacia di questa associazione che recentemente ha ottenuto in Italia la rimborsabilità dall’AIFA.
Allo stato attuale esistono ancora aree terapeutiche che rappresentano un problema non risolto e che si potranno giovare nei prossimi anni di nuovi farmaci biologici e di altri approcci immunoterapici. Negli ultimi anni, inoltre, la ricerca è stata sempre più attenta alla qualità della vita dei pazienti, sia per quanto riguarda il trattamento, sia la somministrazione. «I progressi fatti nell’ematologia negli ultimi 20 anni sono stati fondamentali», puntualizza Fabio Efficace, Responsabile Studi di Qualità di Vita della Fondazione GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche). «Oggi è importante poter scegliere quelle terapie che, pur garantendo ottimi risultati clinici, permettono anche di avere una buona qualità di vita e pochi sintomi. Valutare la qualità di vita significa mettere il paziente al centro del percorso terapeutico perché, spesso, la percezione del medico non corrisponde a quella del paziente».
di Paola Trombetta