L’Organizzazione Mondiale della Sanità promuove per il 4 settembre la Giornata mondiale del benessere sessuale. Un’indagine condotta dal sito Dottori.it su mille utenti, per approfondire il rapporto degli italiani con la propria sfera sessuale, riporta che la metà del campione intervistato è cresciuto in una famiglia in cui il sesso era un argomento tabù di cui non si parlava. Un tabù che fa fatica ad essere superato, tanto che un intervistato su tre prova ancora imbarazzo quando deve parlare di problemi di natura sessuale, perfino con un medico. In fatto di prevenzione il gap tra donne e uomini è ancora molto evidente: il 68% del campione femminile dichiara di essere stato almeno una volta dal ginecologo per una visita a scopo preventivo. Inoltre, più della metà (53%) delle utenti si sottopone annualmente a un controllo. Al contrario, tra gli uomini il tema non è ancora così sentito: oltre la metà (51%) ha ammesso di non essere mai stato da un andrologo per una visita di prevenzione e sette uomini su dieci hanno dichiarato di rivolgersi a uno specialista solo in caso di disturbi.
Maggiore è l’età dei pazienti e maggiore è l’attenzione alla prevenzione: se tra i 18 e i 25 anni solo 1 intervistato su 4 dichiara di effettuare almeno una visita di controllo annuale per le patologie legate alla sfera sessuale, tra i 26 e i 35 anni la percentuale sale al 43%. In generale è emerso che il 41% degli intervistati si sottopone ad una visita medica solo in caso di necessità, percentuale seguita da quelli (35%) che sostengono di effettuare almeno una visita di controllo all’anno e da coloro che si fanno visitare ogni due anni (19%).
La consapevolezza e l’educazione sessuale iniziano dalla giovane età e in Italia i numeri dimostrano che si sta lavorando in questa direzione: il 52% degli utenti tra i 18 e i 25 anni ha dichiarato infatti di aver seguito lezioni di educazione sessuale. Tra i 36 e i 45 anni la percentuale scende al 32% e tra coloro che hanno tra i 46 e i 60 addirittura al 18%. Nonostante ciò, gli italiani si reputano consapevoli, soprattutto in tema di malattie sessualmente trasmissibili: il 61% dei rispondenti all’indagine infatti sostiene di conoscere quelle più comuni. La fonte di informazioni per oltre la metà del campione (54%) rimane il web, preferito al medico almeno per una prima diagnosi di problemi di natura sessuale.
In tempo di Covid, in cui ci si aspetterebbe un atteggiamento più prudente in tema di rapporti fisici con gli altri, il 69% dei rispondenti ha dichiarato di non aver modificato le proprie abitudini sessuali. Lo stress causato dall’epidemia ha contribuito in alcuni casi al calo del desiderio: questo è vero in particolare per i giovanissimi (5%) e per gli utenti tra i 46 e 60 anni (4%).
Paola Trombetta