E’ approdata a Milano la seconda delle tre giornate di formazione sulla qualità di cura nel tumore al seno, organizzata nell’ambito della Campagna “Diritti al centro: la qualità della cura dà più tempo alla vita” promossa da Europa Donna con il contributo di Roche. Sono sempre più numerose le donne che vengono colpite dal tumore al seno: in Lombardia, una tra le Regioni italiane con la maggiore incidenza, si registrano circa 10.000 nuovi casi l’anno. Un tumore che fa registrare un aumento di casi tra le giovani donne con meno di 45 anni. Ecco perché è fondamentale continuare ad informare e ribadire all’intera popolazione femminile il proprio diritto alla qualità di cura (dalla diagnosi ai trattamenti e fino al follow-up) in caso di tumore al seno. Rivolgersi a una Brest Unit (BU) significa ‘essere presa per mano’ e avere maggiori chance di essere curata al meglio: si stima che nelle BU certificate il tasso di sopravvivenza delle pazienti è maggiore del 18%. «L’approccio multidisciplinare e gli elevati standard di assistenza e cura delle Breast Unit non solo garantiscono maggiori probabilità di sopravvivenza alle pazienti, ma anche una migliore qualità di vita lungo tutto il percorso della malattia, con il supporto specifico delle Associazioni di volontariato», dichiara Myriam Pesenti (Presidente dell’Associazione Cuore di Donna – Europa Donna). «Una delle peculiarità dei Centri di Senologia specializzati è quella di riunire tutte le figure professionali coinvolte nella diagnosi e cura: non solo l’oncologo e il chirurgo senologo, ma anche il radiologo, il chirurgo plastico, il radioterapista, lo psico-oncologo, il fisiatra, il medico nucleare, l’anatomopatologo, l’infermiera di senologia».
In questo contesto è fondamentale il ruolo del chirurgo senologo, come illustra il dottor Corrado Tinterri, Direttore della Breast Unit all’Humanitas Cancer Center di Rozzano: «Oggi siamo chiamati ad esercitare una chirurgia ‘gentile’, non più invasiva, ma sempre impegnativa e mai banale. Non dimentichiamo che il 30-35% dei tumori della mammella non sono palpabili, quindi necessitano di una chirurgia conservativa che, però, non deve andare a discapito delle necessità oncologiche di rimuovere correttamente il tumore. Ecco allora che la chirurgia radioguidata e la medicina nucleare, grazie alla precisa localizzazione e ad accessi chirurgici più adatti, garantiscono risultati eccellenti anche nella rimozione dei carcinomi più piccoli. Inoltre, il chirurgo senologo non deve più essere soltanto lo specialista che interviene in sala operatoria, ma anche un clinico e un ricercatore»
Di concerto con il chirurgo senologo interviene l’oncologo medico, responsabile di individuare il trattamento personalizzato per ogni singola paziente. «Si tratta di una figura essenziale del Breast Team chiamata a garantire trattamenti ottimali e alta qualità di cure, ma anche impegno costante nella ricerca clinica. Oggi, proprio grazie alla ricerca clinica, la scelta terapeutica a nostra disposizione si è arricchita di diversi farmaci innovativi in grado di colpire uno specifico bersaglio, riducendo in questo modo gli effetti collaterali ed aumentando i potenziali benefici a favore di una migliore qualità di vita», spiega il professor Giuseppe Curigliano, Direttore della Divisione nuovi farmaci dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. «Nei sottotipi di tumore mammario più aggressivi, come la malattia HER2 positiva, la combinazione di due anticorpi (pertuzumab e trastuzumab) e la chemioterapia ha dato un significativo impatto sulla sopravvivenza dei pazienti. Proprio per le forme HER2 positive, una recente innovazione riguarda l’evoluzione della via di somministrazione. Le nuove formulazioni sottocute riducono i tempi di somministrazione limitando il periodo di permanenza delle pazienti nei day hospital». Molto promettenti sono anche gli studi con l’approccio immunoterapico con una nuova classe di farmaci che riattiva il meccanismo di difesa del nostro organismo.
Negli ultimi 30 anni la ricerca ha fatto grandi passi in avanti tant’è che la sopravvivenza continua a crescere: grazie alla prevenzione e al corretto iter diagnostico-terapeutico, oggi in Italia 9 pazienti su 10 sopravvivono a cinque anni dalla diagnosi e la grande sfida per il futuro è rendere la patologia sempre più guaribile. (P.T.)