Ictus: più a rischio le donne, ma la prevenzione sta anche nello stile di vita

Una donna su 5 nell’arco della vita corre il rischio di incappare in un ictus cerebrale, noto anche come stroke. Una problematica grave, impattante sulla qualità della vita che si verifica d’improvviso quando il normale afflusso di sangue al cervello si interrompe a causa della rottura (ictus emorragico) o della chiusura (ictus ischemico) di un’arteria cerebrale. “Io sono giovane, a me non capita”: falso, nessuna donna può o deve sentirsi al riparo da questo evento, che non fa differenza di età. Colpisce infatti più di frequente giovani donne, fra 20 e 35 anni, specie se fumatrici, ipertese e che fanno uso di estrogeni (contraccettivi) a elevato dosaggio, in età peri-menopausale tra 45 e 55 anni e le over 85, fino a casi di comparsa in gravidanza e nel puerperio per ipercoagulabilità. Eppure nell’80% dei casi l’ictus può essere evitato o prevenuto modificando il proprio stile di vita: rinunciando a fumo, alcool, droghe, facendo attività fisica moderata e regolare, come camminare, fare le scale, ballare, andare in bicicletta o in piscina, seguendo una dieta sana ed equilibrata, di tipo mediterraneo, a basso contenuto di sale e grassi di origine animale come i derivati del latte, carni grasse, salumi a favore anche del controllo del peso e dei fattori correlati, quali pressione, colesterolo, glicemia. Fattori, questi ultimi, preludio potenziale delle malattie cardiache, soprattutto fibrillazione atriale, responsabile del 20% degli ictus. Prendersi cura dello stile di vita, dunque fa la differenza: è il messaggio che A.L.I.Ce. Italia Odv (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale) ha lanciato in occasione della Giornata Mondiale contro l’Ictus Cerebrale, (29 ottobre), unendosi all’impegno della World Stroke Organization, attraverso l’hashtag #DontBeTheOne: “1 persona su 4 verrà colpita da ictus nel corso della propria vita: non essere tu quella persona”.

Non solo prevenzione: è importante riconoscere anche i campanelli d’allarme di un possibile ictus che, nella donna, può annunciarsi con i TIA, cioè attacchi ischemici cerebrali transitori caratterizzati dalla perdita temporanea e breve di una funzione del corpo, poi recuperata in pochi secondi o minuti. Insomma occorre essere “FAST”, rapidi e tempestivi, nel riconoscere i presunti sintomi dell’ictus, come sottolinea l’acronimo americano, creato per richiamare l’attenzione sulle possibili manifestazioni, la loro localizzazione e durata. Ovvero:

  • F come Faccia: attenzione a paresi facciale, improvvisa e asimmetria di una parte del volto, a una palpebra che cade, un angolo della bocca che si distorce, ma anche all’incapacità di vedere bene metà o una parte degli oggetti o alla comparsa di un violento e molto localizzato mal di testa, diverso dal solito.
  • A come Braccia (in inglese Arm): non è da sottovalutare un braccio o una gamba improvvisamente deboli, insensibili, che non rispondono ai nostri comandi o la perdita di coordinamento dei movimenti o di equilibrio.
  • S come Linguaggio (in inglese Speech): ci si riferisce all’articolazione di parole e frasi improvvisamente incomprensibili, a sillabe che farfugliano e, più in generale, alla parola che si blocca, fino alla comparsa della bocca storta.
  • T come Tempo: è il fattore più importante che richiama alla tempestività.

Alla comparsa improvvisa anche di uno solo di questi sintomi occorre agire, senza perdere tempo prezioso, digitando due numeri “vitali”: il 112, nelle regioni dove è attivo il Numero Unico di Emergenza, o il 118.  In caso di sospetto ictus, riconoscibile dal personale del centralino e da quello dell’ambulanza, verrà attivato  un particolare protocollo che indirizza velocemente la persona all’ospedale più adeguato. Ovvero una struttura che disponga di Unità Neurovascolari (Centri Ictus o Stroke Unit), reparti altamente specializzati per l’inquadramento clinico-diagnostico-terapeutico e la miglior gestione della malattia, dalla fase acuta alla riabilitazione neuromotoria e cognitiva precoce, fino alla prevenzione delle possibili complicanze, con il trattamento dei fattori di rischio modificabili.

E per chi ha già avuto un ictus? La prevenzione di una “ricaduta” è altrettanto importante; pertanto non vanno  trascurati gli appuntamenti chiave: almeno due visite di controllo all’anno dal neurologo e da altri specialisti, come ad esempio il cardiologo, per il monitoraggio di problematiche in atto che possono associarsi o aumentare il rischio di esposizione all’ictus, approfondire l’indagine, quando consigliato dal neurologo con esami specifici di controllo, tra cui l’Ecocolordoppler delle carotidi, il Doppler Transcranico e l’Ecocardiogramma.

Insomma A.L.I.Ce. Italia Odv fa proprio il messaggio mondiale e ribadisce la necessità di operare con tutti i mezzi e gli strumenti possibili per prevenire una malattia che, per la sua elevata incidenza, costituisce un problema assistenziale, riabilitativo e sociale di enormi dimensioni. Basti pensare che l’ictus cerebrale, in Italia, rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, con 150 mila eventi ogni anno, di cui la metà lascia disabilità permanenti di varia entità. Un fenomeno, quello dell’ictus, stimato in crescita in funzione dell’allungamento della vita media, specie femminile, ma che, se prevenuto, contribuirebbe per circa l’80% dei casi a una massiccia riduzione della problematica stessa e al contenimento di altre patologie associate, quali le malattie cardiovascolari, il cancro, il diabete, e diverse altre cause di invalidità e morte.

di Francesca Morelli

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