«Tutto è cominciato con gonfiore alle mani all’età di 14 anni. Avevo dato la colpa al fatto che già montavo a cavallo e tenevo sempre le briglie in mano. Ma poi a 16 anni arrivò la diagnosi di artrite reumatoide, una malattia infiammatoria delle articolazioni, difficile da accettare. Il supporto della famiglia e la passione per i cavalli mi hanno dato la forza di reagire anche alla malattia». Antonella Canevaro, stella azzurra del paradressage, ha assecondato la sua passione, superando gli ostacoli della malattia e arrivando la traguardo: le Olimpiadi di Tokyo 2021. La stessa tenacia dimostrata da Massimiliano Rosolino, campione olimpico a Sidney che, nonostante la pandemia e il rinvio delle Olimpiadi, ha mantenuto accesa la passione sportiva attraverso regolari allenamenti, correzioni degli errori, continua tensione a migliorarsi. Anche Vanessa Ferrari, la “farfalla cannibale”, ginnasta di classe internazionale, ha coltivato la sua passione e ha superato non pochi infortuni gravi, dai quali si è sempre ripresa, dando prova di una formidabile resilienza.
Dove trovare la determinazione per alimentare ogni giorno questa passione, che non si deve mai spegnere, se si vuole arrivare al traguardo? E dove recuperare quella che serve per reagire a una condizione non voluta, ma con la quale bisogna convivere? Sono domande rivolte a questi campioni dello sport, ma anche a pazienti con malattie infiammatorie croniche come la psoriasi, l’artrite psoriasica e l’artrite reumatoide che ogni giorno sfidano i loro limiti fisici. Da queste analogie tra la tensione al risultato tipica degli sportivi e l’aspirazione alla “normalità” dei pazienti, nasce nel nuovo anno la Campagna “Passione Accesa” che vuole raccontare il percorso affrontato ogni giorno dalle persone con patologie infiammatorie. Sono malattie croniche, spesso invalidanti, che possono limitare i gesti più semplici e hanno ripercussioni anche a livello psicologico. In Italia ne soffrono in molti: 2 milioni e 500.000 quelli affetti da psoriasi, il 30% dei quali con artrite psoriasica e 350 mila i pazienti con artrite reumatoide.
La campagna è incentrata sulle storie di questi pazienti, la determinazione con cui affrontano ogni giorno il proprio cammino, in una sorta di gemellaggio con gli atleti olimpionici. L’intreccio di queste storie proseguirà fino ad agosto 2021, attraverso il canale Instagram @AmgenPassioneepersone, il sito www.passioneaccesa.it e i canali Instagram degli atleti. La Campagna, promossa da Amgen, è sostenuta dai rappresentanti delle realtà direttamente impegnate in quest’area: Apmarr, (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare), Anmar (Associazione Nazionale Malati Reumatici), Apiafco (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza Onlus), Adoi (Associazione Dermatologi Venereologi Ospedalieri Italiani) e Crei (Collegio Reumatologi Italiani).
«La testimonianza di questi atleti ha un valore speciale perché sprona a superare le difficoltà per raggiungere il traguardo. Le persone affette da malattie come l’artrite psoriasica o l’artrite reumatoide faticano a svolgere le normali attività di vita quotidiana, perché il dolore fisico e la rigidità delle articolazioni sono a volte disabilitanti, soprattutto se non si è avuta la possibilità di accedere a una diagnosi precoce e ai possibili trattamenti», fa notare Antonella Celano, Presidente di Apmarr, Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare. «È proprio la resilienza la qualità di cui devono dare prova le persone affette da una malattia infiammatoria, allenate a cadere e rialzarsi con grande forza di volontà, per tenere sotto controllo una malattia che è cronica», aggiunge Silvia Tonolo, Presidente ANMAR, Associazione Nazionale Malati Reumatici. Fa eco Valeria Corazza, Presidente APIAFCO. «Anche per chi soffre di psoriasi è importante confrontarsi con altri pazienti ed essere molto resilienti: una delle sfide che i pazienti affrontano quotidianamente è combattere il senso di disagio che questa patologia può generare».
La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica, che colpisce la cute ed è caratterizzata principalmente dalla comparsa di aree arrossate diffuse, ricoperte da squame biancastre. «La recente pandemia Covid ha messo ulteriormente alla prova i pazienti affetti da psoriasi: la prima fase ha aperto molti quesiti sull’opportunità di proseguire i trattamenti già in atto in uno scenario senza precedenti, incertezza accresciuta dalla difficoltà di contatto con le strutture specialistiche di riferimento, vuoi per la sospensione delle attività assistenziali specifiche, vuoi per la ricollocazione delle figure professionali di riferimento ad altre mansioni», afferma Francesco Cusano Presidente ADOI, Associazione Dermatologi Venereologi Ospedalieri Italiani. «Le persone affette da patologie artritiche, come l’artrite psoriasica e l’artrite reumatoide, hanno certamente subito il periodo Covid per una serie di motivi che vanno dalla difficoltà di reperire farmaci per il mancato rinnovo dei piani terapeutici, al problema di non riuscire a condividere con il reumatologo l’aggravarsi della sintomatologia o addirittura l’esordio della patologia articolare stessa, con evidenti risvolti sfavorevoli. Il tutto per la difficoltà delle strutture ospedaliere e territoriali di intercettare le richieste di assistenza, per la sospensione delle attività assistenziali specialistiche nella fase acuta di Covid», conclude Angelo De Cata, Presidente CREI, Collegio Reumatologi Italiani.
di Paola Trombetta
“Parla più forte della tua Artrite Reumatoide”
È partita in questi primi giorni dell’anno un’altra Campagna, tutta dedicata all’artrite reumatoide: “Parla più forte della tua AR” è promossa da AbbVie, con il patrocinio di ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus) e SIR (Società Italiana di Reumatologia). Principale strumento della campagna è il sito http://www.missioneremissione.it in cui i pazienti possono trovare informazioni su cosa sia possibile ottenere quando si “parla a voce alta” della propria condizione, oltre a strumenti pratici come una guida che li aiuterà a raccontare la propria malattia e a discuterne con il reumatologo. L’artrite reumatoide è una patologia infiammatoria cronica autoimmune che attacca i tessuti articolari di una persona il cui sistema immunitario, invece di proteggere l’organismo dagli agenti esterni come virus e batteri, si attiva in maniera anomala contro di esso. Sin dagli esordi, la malattia si manifesta in maniera subdola, variabile, graduale o acuta, presentando dolore e tumefazione inizialmente alle articolazioni di mani e piedi, associati a rigidità al risveglio. Con il tempo, l’infiammazione può coinvolgere potenzialmente ogni distretto dell’organismo (come polmoni, reni, cuore, sistema nervoso, vasi sanguigni, occhi) divenendo sistemica. In Italia, l’artrite reumatoide colpisce circa 300 mila persone e, ogni anno, si registrano 5.000 nuovi casi. La malattia può manifestarsi a qualsiasi età, più comunemente tra i 40 e i 70 anni, sebbene il picco di comparsa dei primi sintomi avvenga tra i 35 e i 45 anni. Pur non essendo ancora curabile, l’artrite reumatoide è oggi potenzialmente gestibile, anche se la diagnosi viene spesso sottovalutata, fino alla comparsa delle lesioni più gravi. Una diagnosi tempestiva è invece fondamentale per contrastare la progressione e la remissione clinica. «Si tratta di una patologia che può essere curata e tenuta sotto controllo, e ora persino fermata, prima che porti alla perdita di funzioni fondamentali che comportano, negli anni, l’invalidità dei pazienti», spiega il Professor Luigi Sinigaglia, Past President della Società Italiana di Reumatologia (SIR). «Noi specialisti reumatologi abbiamo a disposizione cure efficaci, messe a punto negli ultimi 15-20 anni, che possono consentire, in un’elevata percentuale di casi, la remissione completa dell’artrite reumatoide: questo significa permettere al paziente di fare una vita normale. Il problema resta la diagnosi precoce che, nel nostro Paese, può avvenire anche uno o due anni dopo la comparsa dei sintomi.
Oggi riusciamo a raggiungere la remissione nel 50-60% dei pazienti, se la malattia viene diagnosticata tempestivamente, ovvero entro un anno dalla comparsa dei sintomi. Nei pazienti che non vengono trattati entro i primi 2 anni, i tassi di remissione si riducono tra il 10% e il 33%. Oltre all’inizio precoce del trattamento, è necessario uno stretto monitoraggio del paziente, con frequenti visite specialistiche, per “misurare” il grado di risposta alla terapia. A fronte dell’emergenza Sars Covid-19, molti pazienti hanno visto rinviare esami di controllo e visite con gli specialisti. L’artrite reumatoide non si ferma a causa del Coronavirus e ci sono prestazioni e terapie che non possono essere differibili, con l’inevitabile effetto di un peggioramento del quadro clinico che provoca anche un incremento dei costi sanitari e sociali». P.T.