L’artrite psoriasica è una malattia complessa, spesso diagnosticata in tempi molto lunghi e di cui si parla ancora poco. Eppure può diventare molto invalidante e colpisce in Italia 300 mila persone. Coinvolge le articolazioni, la colonna vertebrale, i tendini, la cute e diversi organi e tessuti: ha una storia clinica importante che, se non trattata, porta nel tempo a gravi disabilità, col peggioramento della qualità della vita. La sua diagnosi il più delle volte è tardiva, tanto da essere considerata la Cenerentola tra le malattie reumatiche e dermatologiche, con numerosi bisogni clinici e assistenziali insoddisfatti. I pazienti hanno necessità di essere informati, di sapere a chi rivolgersi, come progettare il futuro, quali terapie sono a disposizione e come affrontare la malattia.
Questi temi sono stati al centro del Corso di Formazione Professionale: “Artrite Psoriasica, il racconto di una patologia complessa e misconosciuta: il ruolo e le responsabilità del mondo dell’informazione”, promosso dal Master “La Scienza nella Pratica Giornalistica” della Sapienza Università di Roma, con il contributo di Lilly.
«L’artrite psoriasica – dichiara Salvatore D’Angelo, Dirigente Medico Dipartimento di Reumatologia Ospedale San Carlo di Potenza – è una patologia infiammatoria cronica caratterizzata dalla presenza di infiammazione articolare (artrite) e manifestazioni cutanee (psoriasi), oltre alla possibile coesistenza di alterazioni in altri organi e tessuti. Il coinvolgimento cutaneo può precedere o seguire le manifestazioni articolari; più raramente compaiono contemporaneamente. In pazienti che non presentano manifestazioni cutanee evidenti, alcune alterazioni delle unghie delle mani e dei piedi possono essere la spia di una psoriasi più “nascosta” (onicopatia psoriasica). L’artrite psoriasica è inclusa nel gruppo delle spondiloartriti, del quale fanno parte una serie di malattie caratterizzate da aspetti comuni: il coinvolgimento delle articolazioni del bacino e della colonna vertebrale, oltre agli arti; la ricorrenza di infiammazioni a carico dei tendini (tendiniti) e dei punti di inserzione sull’osso (entesiti), la frequente associazione con manifestazioni infiammatorie anche a carico di altri organi quali intestino, occhio, cute».
Negletta per decenni, l’artrite psoriasica è stata trascurata per molto tempo, a differenza di altre malattie reumatiche, ma dall’inizio del nuovo millennio la rotta è cambiata rispetto alla meglio studiata e ben più nota “cugina”, l’artrite reumatoide. «Le due malattie sono molto diverse – spiega Roberto Gerli, Presidente Società Italiana di Reumatologia (SIR) –. Innanzitutto, sono aumentate le conoscenze patogenetiche dell’artrite psoriasica, che consentono di definire meglio il suo profilo clinico, che può essere diverso da paziente a paziente: l’interessamento articolare e cutaneo dà infatti risposte differenti a seconda del cosiddetto “dominio” colpito. È cambiato anche l’approccio terapeutico, prima basato su farmaci tradizionali come il metotrexate e che oggi si avvale invece di farmaci biologici anti-TNF alfa, fino agli innovativi biologici rivolti all’interleuchina-17 e all’interleuchina-23 e ai JAK, inibitori delle Janus chinasi, che bloccano i meccanismi infiammatori interni alla cellula: tutto questo con risultati estremamente interessanti. Un’evoluzione importante che sta portando questa malattia verso una medicina di precisione e trattamenti personalizzati».
L’artrite psoriasica costringe le persone che ne sono affette a un drammatico cambiamento della loro vita con un peggioramento della sua qualità. È una malattia che va portata allo scoperto e richiede l’impegno dei pazienti, dei clinici, delle associazioni, della ricerca, delle istituzioni e dei media. Adesso la luce in fondo al tunnel comincia a vedersi, ma c’è ancora molto da fare.
«L’impatto di questa patologia è molto forte sul piano fisico, relazionale, lavorativo e psicologico – conferma Silvia Tonolo, Presidente Associazione Nazionale Malati Reumatici (ANMAR). – Il paziente è diviso tra due fuochi, il reumatologo e il dermatologo, e spesso non si sente preso in carico adeguatamente. Esistono problemi burocratici che limitano l’accesso ai nuovi farmaci e per questo occorre sensibilizzare le istituzioni su una patologia che colpisce duramente soggetti in età produttiva, tra 30 e 50 anni, con una serie di necessità che non si possono ignorare: c’è il bisogno di ambulatori dedicati che sono presenti solo in pochi Centri di riferimento; è importante una diagnosi tempestiva e certa, per poter gestire il dolore, conoscere i sintomi e sapere dove e a chi rivolgersi per il primo consulto. Da numerose indagini si evince che spesso l’accertamento diagnostico arriva dopo anni dalle prime avvisaglie e nel frattempo il paziente vaga da un medico all’altro. I pazienti devono sapere che oggi l’artrite psoriasica può essere curata e che è possibile per loro una vita decisamente migliore».
di Paola Trombetta