A marzo, (pre)occupati della salute del colon-retto

Marzo è il mese dedicato a sensibilizzare per la prevenzione del cancro colo-rettale e l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT) lancia il Progetto Globale Retto, finalizzato all’aumento delle guarigioni e al miglioramento della qualità di vita dei pazienti che ne sono affetti. Il cancro del colon-retto rappresenta il terzo tumore più diffuso negli uomini e il secondo tra le donne con circa 43.700 nuove diagnosi per il 2020, secondo i dati diffusi da AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori). Tra i fattori di rischio, l’eccessivo consumo di carni rosse e insaccati, farine e zuccheri raffinati, bevande alcoliche, fumo, sovrappeso e sedentarietà che favoriscono anche lo sviluppo di morbo di Crohn e/o di rettocolite ulcerosa. L’introduzione degli screening per il cancro al colon retto dopo i 50 anni, con la ricerca del sangue occulto nelle feci e in caso di risultato positivo, la colonscopia, utili a identificare e asportare i polipi prima che degenerino in lesioni precancerose e/o in tumore, ha aumentato le diagnosi precoci e i trattamenti chirurgici più conservativi, tanto che oggi circa il 75% dei pazienti viene sottoposto a chirurgia laparoscopica conservativa, ma l’obiettivo è di arrivare al 90%. E gli strumenti diagnostico-terapeutici ci sono: tra questi la radiomica, un progetto innovativo di diagnostica per immagini che consente di ottenere informazioni predittive sull’evoluzione della malattia, nato dalla collaborazione tra INT e il Politecnico di Milano.

«Oggi sappiamo che alcune forme tumorali, comprese quelle del retto –spiega Maurizio Cosimelli, Direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Colon-Retto di INT – hanno un corredo di alterazioni molecolari. Grazie alla radiomica e all’ intelligenza artificiale, le immagini della Risonanza magnetica del paziente vengono frammentate e trasformate in numeri poi incrociati coi dati di biologia molecolare, così da identificare il profilo di rischio del tumore e formulare un trattamento personalizzato, ottimizzando dove possibile il rispetto del corpo e della psiche del paziente, ovvero intensificando i trattamenti solo nel caso di un profilo prognostico più sfavorevole, al fine di aumentare le chances di guarigione». La chirurgia, preceduta da chemio-radioterapia preoperatoria, resta la via preferenziale per il trattamento del tumore del colon-retto che nel 75% dei casi può prevedere l’asportazione di retto e mesoretto e la necessità di una stomia (una apertura nell’addome per consentire l’uscita di feci e urine) temporanea, e nel restante 25% la possibile asportazione per via anale solo della lesione tumorale residua, riducendo il rischio di una stomia permanente e soprattutto mantenendo intatta la funzione d’organo. «Il nostro obiettivo è studiare strategie – conclude Cosimelli – per diminuire sempre più la percentuale di pazienti da sottoporre a interventi demolitivi, valutando anche la funzione sfinteriale. Da qualche mese, infatti, sottoponiamo i pazienti a un esame per valutare la funzionalità dei muscoli dell’ano (manometria anorettale) e scegliere l’intervento chirurgico più adatto». In caso di intervento conservativo, il paziente è tenuto sotto stretta sorveglianza, ma guadagna in qualità di vita: un risultato che rende “più accettabile” la necessità di sottoporsi a visite ravvicinate nel follow-up.

Francesca Morelli

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