Gli italiani sono diventati più educati e virtuosi in tema di salute dopo Covid-19: hanno adottato uno stile di vita più sano, hanno fatto controlli per la prevenzione e il follow-up, hanno scelto di acquistare medicinali in farmacia o parafarmacia così da avere, in caso di necessità, un consiglio autorevole. Sono alcune buone notizie emerse dall’Health Report 2021: un ampio sondaggio realizzato tra marzo e aprile 2021, dal Gruppo STADA in collaborazione con Kantar Health, che ha coinvolto oltre 30.000 persone in 15 Paesi europei – Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Russia, Serbia, Spagna, Svizzera, Ucraina, Regno Unito e Italia. Il campione di nostri connazionali, 2000 persone tra uomini e donne, di età compresa tra 18 e 99 anni, è stato interrogato sui cambiamenti apportati, osservati e riscontrati relativi al benessere, ovvero alla salute generale e psico-emotiva, ma anche allo stile di vita e alle abitudini, consolidate, perse o acquisite a partire dallo scoppio della pandemia e per tutto il periodo emergenziale.
Gli italiani, per il 77%, hanno confessato che la pandemia da Covid-19 e le limitazioni imposte hanno influito sensibilmente sul benessere fisico e mentale: un terzo (33%) ha avvertito maggiormente l’ansia associata in larga misura al timore di contrarre il Covid-19 (53%), di perdere il lavoro o di dover ridurre le ore dedicate (43%), all’impossibilità di incontrare familiari e amici (34%), alla solitudine (33%) dovuta all’isolamento nella propria casa. Insomma, nel 32% dei casi, il lockdown è ed è stato definito come un’esperienza molto stressante, fonte di irrequietezza, a cui tuttavia il 47% di italiani ha saputo reagire e resistere grazie a uno spirito di resilienza, contrastando così anche episodi di burnout, ovvero di esaurimento fisico e mentale. «Un dato quest’ultimo che tuttavia non sorprende – spiega Claudio Cricelli, Presidente SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie) – poiché la capacità di ripresa e adattamento è tipica dell’uomo. Va inoltre ricordato che l’ansia è un fattore positivo e proattivo: quando è gestibile, serve da stimolo per “normalizzare” stati e contesti di vita quotidiana e reagire alle potenziali avversità».
Dall’altro la pandemia è stata però anche l’occasione per “ascoltare” di più i propri bisogni e investire risorse per migliorare la salute in generale e il vivere quotidiano. Più in forma, attento, propositivo, almeno per il 47% di italiani che si è orientato verso un’alimentazione più sana, consumando cibi freschi e di qualità (49%), assumendo integratori alimentari (25%) a supporto soprattutto del sistema immunitario, dedicandosi alla pratica fisica attraverso corsi di fitness online (21%). «È migliorata l’attenzione allo stile di vita in generale – fa sapere Anna Lisa Mandorino, Segretario generale di Cittadinanzattiva – ma è stata compresa anche l’importanza di comportamenti corretti, come l’igienizzazione delle mani e dell’ambiente domestico. Abitudini che occorre mantenere anche nel post-Covid, compreso in luoghi di condivisione e aggregazione, come le scuole, dotandole di strumenti, ad esempio di dispenser per il lavaggio/sanificazione delle mani, fino ad ora non disponibili. Riportando quindi la salute ancora più al centro dell’opinione pubblica e dei bisogni del cittadino».
Ma salute ha significato, per gli italiani, maggiore attenzione anche alla prevenzione o all’uso di farmaci, acquisiti attraverso canali sicuri, conformi a specifici requisiti. Hanno infatti preferito farmaci di marca, dal brand noto (41%), prodotti in Europa (23%) da aziende rispettose anche dell’ambiente, ovvero medicinali e presidi confezionati con packaging ecologici e sostenibili (24%). Farmaci che sono stati acquistati di preferenza in farmacia (42%) o parafarmacia (14%), soprattutto in caso di medicinali OTC, da banco senza ricetta, come i rimedi per il raffreddore o gli antidolorifici, mentre l’online non è stato utilizzato in larga misura dagli intervistati (27%), soprattutto tra le fasce d’età più adulte. In merito alle informazioni su specifici farmaci, restano prioritari la lettura del foglietto illustrativo (54%) e la figura del medico (48%) ma cresce l’autorevolezza del farmacista, passata dal 31% dello scorso anno al 37%, consultato soprattutto dai più giovani. «Questi ultimi e la popolazione in generale hanno trovato nella farmacia uno sportello di servizio “sempre aperto”, anche e soprattutto all’ascolto delle diverse necessità – aggiunge Carolina Carosio, Presidente nazionale giovani farmacisti presso Fenagifar – integrato sul territorio, in grado di rispondere efficacemente alle esigenze del contesto attuale, accogliente. I giovani inoltre hanno apprezzato di poter essere loro stessi “strumento” di aiuto all’interno del contesto familiare, grazie alla dematerializzazione della ricetta, ad esempio, che li ha resi “traghettatori” di medicinali per i più fragili come i nonni». «Alla luce di questo nuovo contesto – precisa Marco Cossolo, Presidente di Federfarma – occorre che farmacisti e i medici di medicina generale, in sinergia, facciano uno sforzo per “educare” il cittadino all’uso e all’assunzione corretta dei farmaci, comprese le modalità di distribuzione».
La pandemia ha aiutato (forse) a comprendere maggiormente anche il valore e l’importanza di aderire a screening, prima e più efficace misura di prevenzione secondo il 41% di italiani, e di programmare visite mediche soprattutto in caso di malattie croniche. Tanto che, anche in corso di pandemia, il 48% degli italiani non ha modificato i propri comportamenti o appuntamenti clinici, contro il 30% che li ha cancellati o rimandato check-up di prevenzione. Si conferma invece il bisogno di empatia dei nostri connazionali, ovvero un rapporto diretto medico-paziente: solo il 13% ha preferito consultare il medico al telefono o online, via webcam. Anche le cure hanno mantenuto il ruolo prioritario nell’intendimento degli italiani, specie fra coloro che sono affetti da una o più malattie croniche (56%) e non hanno variato i programmi terapeutici nei mesi di emergenza sanitaria.
«È interessante osservare come la pandemia ha amplificato alcune tendenze già presenti nelle abitudini degli italiani prima del 2020 – conclude Carlo Silenzi, Managing Director Kantar Health Italy – a cominciare dall’attenzione al benessere, inteso come “cura” dell’alimentazione e dell’attività fisica che si contrappone alle preoccupazioni portate dalla pandemia, quali il timore per il lavoro, la minore capacità di spesa e risparmio, la paura di contrarre il virus. In funzione di questo nuovo approccio degli italiani alla salute, la collaborazione tra tutti gli stakeholder coinvolti, la classe medica, i farmacisti, le aziende farmaceutiche e i decisori politici, costituisce la migliore opportunità per un cambio di marcia, significativamente supportato dalla quota del PNRR allocato alla sanità».
Cos’altro ha insegnato Covid? Certamente ha evidenziato e fatto comprendere le tante difficoltà nell’effettuare le vaccinazioni, a causa dell’impossibilità di rispettare gli appuntamenti fissati dal calendario vaccinale dell’età evolutiva, alla necessità di dover ridurre al minimo l’accumulo di persone suscettibili e allo stesso tempo di doverle attuare per contrastare il rischio di epidemie di malattie prevenibili con la vaccinazione, utile da un lato a contenere il numero di decessi, ma dall’altro richiedendo più risorse sanitarie in un sistema già provato dalla risposta all’epidemia di Covid-19. In buona sostanza, è indispensabile mantenere la continuità dei servizi vaccinali che devono essere condotti in sicurezza ricorrendo anche a nuovi modelli organizzativi: tema su cui si è incentrato il Congresso “Vaccinarsi. Ieri, oggi, domani. Cosa ci ha insegnato la pandemia Covid-19”, promosso dalla Società Italiana di Igiene (sezione Triveneto) tenutosi a Trento (10 settembre 2021).
di Francesca Morelli